Fine di Ace e Decontrobuzione Sud, sì a Industria 5.0: Il bilancio fiscale per le aziende è negativo

La riforma fiscale del governo per le imprese è caratterizzata da due misure: la cancellazione dell’Ace (Aiuto alla crescita economica), un incentivo che esiste da molti anni per favorire gli aumenti di capitale, e l’introduzione di una nuova super-deduzione a favore delle imprese che assumono. Questa nuova misura è finanziata solo per un anno, per poco più di un miliardo. Si può quindi dire che si favoriscono le imprese che assumono piuttosto delle imprese che aumentano il capitale proprio. E fin qui niente di male. 

L’Istat però stima che la cancellazione dell’Ace riguarda il 25 per cento delle imprese, che quindi utilizzano il beneficio; mentre il nuovo incentivo alle assunzioni potrebbe valere solo per il 5 per cento delle imprese, che potranno aumentare le proprie assunzioni. Il risultato delle due operazioni è un incremento del gettito per lo stato di circa 5 miliardi a regime, e un’equivalente perdita per le imprese. 
L’Ace è stata proposta a diverse riprese nel corso degli anni. In una prima fase era stata molto utile per favorire la ricapitalizzazione delle banche. La nuova versione invece è destinata per la maggior parte a imprese manifatturiere e delle utility- sono state avvantaggiate le grandi imprese, e quelle in salute finanziaria. Purtroppo non c’è una valutazione rigorosa dell’Ace, ma comunque con la sua cancellazione le imprese pagheranno 5 miliardi di imposte in più.

A questo saldo negativo bisogna aggiungere la fine della decontribuzione Sud che garantiva uno sconto sul 30 per cento dei contributi su tutti i contratti di lavoro, nuovi e vecchi, nelle regioni meridionali. La decontribuzione Sud dal 1 gennaio 2025 sarà considerata aiuto di stato e quindi sarà cancellata. Dal 2025 al 2030 si tratta di più di 18 miliardi, per il 2025  erano previsti quasi 6 miliardi di aiuti. Certamente si tratta di una misura che doveva finire perché era indiscriminata, ma resta il fatto che comunque le aziende del Sud rinunciano a 6 miliardi di sconti contributivi nel solo 2025. 

Dall’altro lato alle imprese arrivano un po’ più di 6 miliardi per Industria 5.0. Fino al 2026 verrà finanziata in gran parte dal taglio di progetti dei comuni nel Pnrr che verranno spostati su altre fonti di copertura. Ma la copertura di Industria 5.0 va trovata anche per i prossimi anni, infatti il decreto attuativo è stato approvato solo da poco e già emergono diverse criticità nell’applicazione e nei tempi: la sua durata non può essere limitata al 2026.

Se si ragiona in un’ottica di brevissimo periodo (l’anno prossimo) il governo si troverebbe con 5 miliardi dall’operazione Ace e 6 miliardi dalla decontribuzione Sud, giusto quello che gli serve per finanziare il rinnovo del taglio del cuneo fiscale per il 2025 (11 miliardi, appunto) e forse un po’ di riduzione di Irpef. Nel complesso un bilancio negativo per le imprese e uno spostamento a favore dei lavoratori (con la quota destinata al Sud che sarebbe spalmato su tutto il territorio nazionale). Anche in questo caso in principio non c’è nulla di male, è una scelta politica, ma rimane il fatto che c’è una notevole diminuzione di risorse al tessuto imprenditoriale del sud. Questo potrebbe rappresentare un problema nell’accettabilità di questa girandola di finanziamenti. 

Al di là del bilancio quantitativo di 5 miliardi in meno dovuti all’abolizione dell’Ace e di 6 miliardi di riallocazione degli aiuti per il sud, è difficile dire se il bilancio qualitativo di queste variazioni sia positivo o negativo per le imprese. Probabilmente dipende tutto da come funzionerà Industria 5.0, che certamente è una misura molto innovativa e promettente. Si tratta di un generoso credito d’imposta (fino al 45 per cento) per investimenti industriali materiali e immateriali che consentano di ottenere una riduzione dei consumi energetici.

A dicembre 2023, la legge di Bilancio per l’anno corrente non prevedeva nessuna misura a favore delle aziende, e le imprese si sono accontentate della promessa di finanziare Industria 5.0. Adesso che effettivamente hanno ottenuto lo stanziamento per la nuova misura dovranno assicurarsi che questa funzioni davvero. A differenza della precedente Industria 4.0, che richiedeva solo la certificazione che il nuovo macchinario fosse “connesso” alla trasmissione di dati, Industria 5.0 richiede la verifica di un risparmio di consumi energetici applicati al “processo produttivo”. L’incertezza di cosa si possa intendere come processo produttivo per un’impresa manifatturiera potrebbe frenare gli investimenti per il timore che poi l’Agenzia delle entrate revochi il sussidio.