energia senza retorica
Usare il nucleare per provare a decarbonizzare si può. E si deve. Il patto tra Federacciai e Edf
L'intesa è duplice: da un lato la possibilità di un coinvestimento per la realizzazione di reattori atomici di piccole dimensioni, dall'altro gli accordi di lungo termine per importare energia nucleare dalla Francia
Parafrasando la vecchia battuta, verrebbe da dire che chi vuole decarbonizzare fa, chi non vuole fissa target sempre più ambiziosi e irrealistici. Ieri, la Federacciai ha firmato un protocollo di intesa col colosso francese dell’energia elettrica Edf, la sua controllata Edison e le italiane Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare per valutare le prospettive del nucleare come strumento per la decarbonizzazione dell’industria.
L’intesa ha due gambe: una tecnologica e una di mercato. La prima riguarda la possibilità di un coinvestimento per la realizzazione di reattori atomici di piccole dimensioni (Small modular reactor) per alimentare i carichi domandati dai siderurgici. L’altra riguarda invece la possibilità di accordi di lungo termine per importare energia nucleare dalla Francia per soddisfare il fabbisogno del settore. Il presidente degli acciaieri italiani, Antonio Gozzi, ha spiegato che “l’accordo firmato oggi riveste un’importanza cruciale per l’industria siderurgica italiana e l’intera filiera produttiva. Intendiamo guidare la transizione verso un’industria siderurgica completamente sostenibile. Grazie a intese come questa, l’Italia può diventare, nel giro di pochi anni, la prima nazione al mondo a produrre acciaio completamente decarbonizzato”.
I siderurgici sanno bene che prodotti di qualità a costi competitivi non sono sufficienti. Il mercato è sempre più attento alla sostenibilità. Ma questa deve necessariamente tenere conto delle esigenze produttive. Per questo il nucleare è un elemento cruciale: diversamente dalle rinnovabili, è in grado di erogare energia continuativamente e senza aleatorietà dovuta agli elementi meteorologici. Gozzi e Confindustria hanno criticato duramente i toni di Ursula von der Leyen sul green deal e il nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni del 90 per cento entro il 2040. Questo accordo dimostra che non si tratta di mera resistenza conservatrice ma della consapevolezza che la transizione, se la vogliamo davvero, richiede pragmatismo e sangue freddo, più che idealismi che poi non reggono alla prova della realtà.