(foto Ansa)

in puglia

Con il nuovo accordo firmato dai sindacati, l'Ilva produce più cassa integrati che acciaio

Annarita Digiorgio

Da oggi per i dipendenti dell’acciaieria di Taranto conviene più stare in Cigs che lavorare all’altoforno. Cortocircuiti dele priorità sindacali

Taranto. Nel giorno dell’anniversario del sequestro degli impianti Ilva, da 12 anni in mano alla procura di Taranto, ieri notte è stato raggiunto l’accordo per l’aumento della cassa integrazione straordinaria (Cigs) a 4.050 dipendenti. A cui si aggiungono i 1.600 in Cigs dal 2018. La firma arriva alla vigilia dell’arrivo del ministro delle Imprese Urso a Taranto, che potrà vantare una pacificazione sociale conquistata a colpi di Cigs, prestiti ponte e aAfo5 chiuso per sempre, sempre, il contentino della decarbonizzazione a Michele Emiliano e un accordo di programma barattato col sindaco. E’ lontano il famoso 2 agosto di 12 anni fa, quando i segretari di Cigl, Cisl e Uil dopo il sequestro scesero in piazza contro la procura. 

 

Il motivo per cui i sindacati hanno firmato con il ministro del Lavoro Calderone una Cigs che non avevano firmato con Orlando è presto detto: la promessa di zero esuberi alla ripartenza di tre altoforni e il rientro dei 1.600 di Ilva in as. Una promessa da marinaio, visto che l’azienda entro agosto sarà messa in vendita, e il nuovo acquirente presenterà il suo piano industriale e occupazionale. E stavolta, come annunciato dal commissario di Ilva Quaranta, non sarà un affitto di ramo d’azienda, ma una vendita diretta. Motivo per cui l’amministrazione straordinaria cesserà. 

Con l’accordo firmato ieri, i sindacati hanno ottenuto un’integrazione salariale al 70 per cento, con premio, tredicesima, corsi retribuiti, e diversi altri benefit. Una trattamento privilegiato rispetto a tutti gli altri cassintegrati d’Italia, che incassano solo metà dello stipendio. Da oggi per i dipendenti dell’Ilva conviene più stare in Cigs che lavorare all’altoforno.

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