il caso

La trattativa Ragioniere-Mef, il triste epilogo del Superbonus

Luciano Capone

Mazzotta viene "punito" per il disastro del Superbonus con uno stipendio quasi triplicato (Fincantieri), Giorgetti mette alla Rgs la fidata Perrotta, i "dossier" restano nel cassetto. Tutti ci guadagnano, tranne i cittadini

La maggioranza prometteva una commissione d’inchiesta, addirittura, sul Superbonus. Perché 150 miliardi di buco di bilancio sono la peggiore catastrofe della storia della finanza pubblica. Era già partita una guerra. La responsabilità è della politica che ha approvato un bonus insensato, certamente. La colpa è dei tecnici che hanno sbagliato le previsioni di spesa, sicuramente.

Su questi presupposti era partita la guerra tra il governo e la Ragioneria dello stato, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti intenzionato a sostituire il ragioniere Biagio Mazzotta e Mazzotta pronto a difendere l’autonomia dell’istituzione. È finita nel peggiore dei modi: a tarallucci e vino.

Secondo le anticipazioni di stampa, c’è un accordo: Mazzotta si dimette dalla Ragioneria in cambio della presidenza di Fincantieri, e Giorgetti mette al suo posto Daria Perrotta, sua capo ufficio legislativo al Mef.

Per mesi, il conflitto è stato combattuto sul terreno di alti princìpi. Da un lato il governo intenzionato a dare un segnale all’ufficio che è stato responsabile dello sfascio del bilancio; dall’altro il “guardiano dei conti” che lottava strenuamente per preservare l’indipendenza della Rgs dall’occupazione meloniana. La maggioranza minacciava una commissione d’inchiesta, il Ragioniere faceva sapere attraverso la stampa di avere un “dossier” sulle responsabilità di tutti i governi che si sono succeduti.

Parevano i giusti presupposti, in una democrazia funzionante, per arrivare a un chiarimento pubblico sulle responsabilità e sugli errori sul disastro epocale dei bonus edilizi. Invece, erano solo le pistole messe sul tavolo prima di avviare la trattativa.

Il governo aveva proposto a Mazzotta di assumere la presidenza delle Ferrovie, che gli avrebbe garantito uno stipendio (238 mila euro annui) più alto di quello da Ragioniere (187 mila), ma non abbastanza per fagli rinunciare alla difesa dell’istituzione. Palazzo Chigi si è guardato attorno, cercando qualche alternativa, ma non c’erano caselle disponibili.

A sbloccare la situazione, evidentemente, è stata la tragica morte del generale Claudio Graziano, che ha lasciato libera la poltrona di presidente di Fincantieri: 500 mila euro di stipendio (400 mila fisso e 100 mia variabile). L’incarico giusto per fare un passo indietro e consentire l’avvicendamento.

Accordo fatto: Giorgetti mette alla Rgs una persona a lui vicina come Perrotta; Mazzotta prende un incarico con uno stipendio quasi triplicato; il Parlamento non fa nessuna indagine sulla voragine fiscale, figurarsi l’opposizione che il Superbonus se l’è inventato; il “dossier” del Ragioniere sui governi resta nel cassetto.

Ci guadagnano tutti i contraenti, tranne i cittadini che hanno diritto alla trasparenza e le istituzioni che perdono un altro pezzo di credibilità. D’ora in poi gli italiani guarderanno al Ragioniere dello stato sempre come al “guardiano dei conti”, ma non quelli pubblici: i suoi.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali