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a tavola

Spulciare tra i numeri di Glovo e scoprire i falsi miti sui consumi italiani

Giuseppe De Filippi

I dati del delivery raccontano le preferenze alimentari del paese e il grado di elasticità del sistema della ristorazione in Italia, in grado di rispondere a domande di consegna di preparazioni calde, con tempi da catene internazionali, a tutte le ore e in tutte le grandi città

Risalire ai consumi nei ristoranti, numerando portate di amatriciana, carbonara, pesto o ragù, sarebbe un lavoro da pazzi e si dovrebbe per forza usare qualche forma di approssimazione statistica. Con le consegne a domicilio, invece, quando c’è la volontà di condividere le informazioni, si può sapere tutto e raccontare la sua all’ultimo spaghetto tra posti tradizionali. Cominciando proprio dal fatto che a dispetto di mode varie il match vero è tutto giocato tra portate che rappresentano la parte più prevedibile del menù nazionale.

Abbiamo chiesto a Glovo i dati sulle sue consegne e ne emerge un paese di pastaroli, che si orientano con saggezza tra le possibili scelte. Certo, in testa resta la pizza, con 4 milioni di consegne e una frequenza riferita ovviamente agli orari di lavoro pari a 2,5 pizze al minuto. A volte è la mancanza di fantasia a far a scegliere, più spesso è la semplicità di consumo anche se non si è in un luogo perfettamente attrezzato con piatti e posate. Ma si cominciano ad affacciare anche altre preparazioni. La piadina dà il suo contributo con 145 mila pezzi venduti e consegnati e una crescita maggiore del 33%, a dimostrazione anche del maggiore impegno produttivo da parte di catene organizzate, che stanno portando questo prodotto anche fuori dai confini storici. Ma è nella scelta della pasta, in forte crescita, che si rovescia il presunto culto della preparazione immediata, del cotto e mangiato, per affidarsi tranquillamente alla consegna dall’esterno. È travolgente il successo della pasta al pesto. Una lettura superficiale potrebbe far pensare a un inno alla pigrizia, perché è un tipico condimento pronto, e, insomma, a casa si tratta solo di far bollire l’acqua e preparare la pasta. Ma ci deve essere dell’altro se la scelta del pesto consegnato sale di più del 400%, con una domanda esplosiva nel Lazio, dove sono arrivate direttamente a casa 35 mila porzioni. Il pesto potrebbe anche essere beneficiato dalla maggiore diffusione della scelta vegana, come piatto perfettamente aderente al canone, con un minimo di garanzia su alcune parti del condimento. La consegna, la riduzione al minimo dell’impegno personale, è il fattore vincente. Sale anche il ragù e vanno via che è un piacere anche carbonara e amatriciana, con la pasta con l’uovo nettamente in testa rispetto alla preparazione abruzzese poi romanizzata, con 143 mila carbonare arrivate a casa a fronte di 60 mila amatriciane.

Dati che ci raccontano anche quale sia il grado di elasticità del sistema della ristorazione in Italia, in grado di rispondere a domande di consegna di preparazioni calde, con tempi da catene internazionali, a tutte le ore e in tutte le grandi città. L’integrazione tra delivery efficiente e produzione diffusa di buona qualità ha creato un sistema eccellente in modo quasi involontario, affiancando cucina tradizionale a logistica moderna.

Volete sapere chi vince nei secondi? C’è nettamente in testa staccata una preparazione tipicamente italiana, risposta o pure-risposta al campione mondiale del delivery. Salgono del 64%, nelle varie versioni con o senza sugo, e raggiungono le 233 mila consegne, con i consumatori laziali a consumare un quarto della intera consegna nazionale. E qui, oltre alla evidente risposta alla carne macinata del noto colosso mondiale, c’è una profonda riappropriazione di abitudini e gusti tradizionali. E c’è anche una notevole priva di fiducia verso la ristorazione diffusa in Italia. Una volta si sconsigliava di ordinarle al ristorante, sospettando un riciclaggio, fedele magari all’economia circolare ma non consigliabile. E invece, sulla fiducia, Tonga la polpetta. Glovo racconta qualcosa di più significativo di cento iniziative del ministro Francesco Lollobrigida, con la polpetta nazionale resistente, fiera e (fidiamoci) non riciclata, a tenere il punto nei calcoli infallibili del delivery professionale contro il mito mondiale della carne nel panino.

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