La decadenza cinese e le possibili strategie di Trump e Harris per frenare la ripresa di Pechino
Come trattare la Cina? I limiti dell’America First del candidato repubblicano e quelli dei dazi di Biden. La nuova "trappola di Tucidide"
Quando gli Stati Uniti iniziarono a temere che la Cina fosse ormai diventata una “potenza revisionista”, smisero di trattarla come un normale partner commerciale. L’espressione riesuma la “trappola di Tucidide”, che, in versione moderna, vede la Cina come Atene e gli Stati Uniti come Sparta. La “trappola” si ha quando una potenza emergente, Atene, sfida quella dominante, Sparta. Il che sta avvenendo, perché il centro di gravità dell’economia mondiale è tornato verso oriente, e in particolare verso la Cina. La Cina è “risorta” dopo aver perso parte della sovranità e dopo esser finita in miseria agli inizi del Diciannovesimo secolo. Sulle ragioni della decadenza si hanno quattro ipotesi. Le prime due sono economiche. Una sostiene che un paese con una manodopera poco costosa e una amministrazione efficiente ha pochi incentivi per innovare. L’altra sostiene che è stata l’assenza di materie prime a impedirne l’industrializzazione ai tempi di quella occidentale nell’Ottocento. Le seconde due non sono economiche. La combinazione delle invasioni degli Unni e della mancanza di libertà intellettuale spiegano il divario fra Cina e occidente.
Tornando ai nostri giorni, appassiona dibattere su che cosa potrebbero fare nei confronti della Cina i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Abbiamo sia la parola d’ordine dell’America first di Trump, sia quella della “politica estera per la classe media” di Biden, che sarà ereditata da Harris. Entrambe le parole d’ordine mostrano la relazione tra politica interna e politica estera degli Stati Uniti. L’approccio America first è una risposta alle preoccupazioni degli elettori americani verso la globalizzazione e l’immigrazione. L’approccio a favore della classe media di Biden-Harris non differisce troppo da quello di Trump, perché mira a riequilibrare le politiche industriali nazionali e le regole economiche internazionali per promuovere gli interessi interni. C’è però una importante differenza nella politica internazionale, meno efficace con Trump, forse di più con Biden-Harris.
Trump, con il suo primo mandato, ha esordito con delle tariffe punitive sulle importazioni cinesi e poi ha ampliato la sua campagna per includere dei maggiori controlli e delle restrizioni sugli investimenti cinesi, poi controlli più severi sulle esportazioni di alta tecnologia, e delle azioni mirate contro le società cinesi con una grande presenza all’estero. Pure l’America first mostrava che Washington aveva meno influenza nel coordinarsi con altri paesi nelle politiche nei confronti della Cina, con il risultato che l’Amministrazione Trump non è riuscita a costruire un fronte multilaterale per contrastare la Cina. Biden ha provato a mettere in opera degli investimenti infrastrutturali e delle politiche industriali volte a rendere gli Stati Uniti più competitivi e meno dipendenti dalla Cina. Per competere nelle tecnologie avanzate, l’Amministrazione Biden ha anche cercato di imporre dei controlli severi sull’interscambio e ha tentato degli sforzi internazionali coordinati come le partnership nel settore dei semiconduttori tra America, Giappone, Corea e Taiwan.
Trump e Harris non sembrano volere un conflitto militare come massimo o un’interruzione dei rapporti economici con la Cina come minimo. Si tenga in conto che molti paesi ricevono investimenti e beni intermedi cinesi ed esportano i prodotti finiti negli Stati Uniti (per esempio, gli analisti hanno notato una correlazione fra importazioni da parte del Vietnam dalla Cina e le sue esportazioni verso gli Stati Uniti). La Cina può così continuare nelle sue relazioni globali e Washington può ricevere merci competitive. Resta aperta la delicata questione della competizione cinese sui beni ad alta tecnologia quando questi sono (e lo sono) sussidiati da Pechino. La vicenda è legata all’uso delle tariffe statunitensi ed europee volte a impedire che la Cina abbia un vantaggio competitivo improprio.
tra debito e crescita