energia
Sul nucleare la Cina comunista è meno ideologica della sinistra europea
Pechino approva la costruzione di undici nuovi reattori nucleari: sa che le rinnovabili non bastano per decarbonizzare
Nei giorni scorsi abbiamo appreso che il Consiglio di stato cinese ha approvato la costruzione di 11 nuovi reattori nucleari. Nel 2019 e 2020 ne erano stati approvati 4 all’anno; 5 nel 2021; 10 nel 2022 e 2025; nel 2024 (sinora) 11. Il Comitato centrale del partito comunista e il Consiglio di stato hanno anche pubblicato il parere sulla “trasformazione verde dello sviluppo economico”, che punta su rinnovabili e nucleare. E nei prossimi cinque anni sono programmate nuove autorizzazioni, al ritmo di almeno 10 all’anno.
Si tratta di un’accelerazione molto benvenuta. Infatti, negli ultimi otto anni la domanda elettrica cinese è cresciuta di 460 TWh all’anno, come dire che ogni anno si aggiunge la produzione elettrica tedesca del 2023. E nel 2023, i 9.500 TWh richiesti (4 volte la domanda Ue) sono stati generati per il 60 per cento a carbone con un incremento di 344 TWh sul 2022, mentre le rinnovabili sono cresciute di 232 TWh.
Quanto all’energia nucleare, in questo momento sono operativi 56 reattori, con potenza complessiva di 54,2 GW (milioni di kW). Di questi, cinque sono entrati in servizio nel 2023 e uno nel 2024. Sono inoltre in costruzione altri 27 reattori (20,5 GW in tutto). Quelli in esercizio nel 2023 hanno prodotto 435 TWh, il 4,6 per cento della domanda, con un incremento di 17 TWh rispetto al 2022. In altre parole, nel 2023 l’incremento della produzione elettrica a carbone è stato il 50 per cento superiore a quello delle rinnovabili e 20 volte superiore a quello del nucleare. Con conseguente crescita delle emissioni di gas serra.
Sostituire produzione continua e affidabile come quella a carbone, con fonti intermittenti e contemporanee come solare ed eolico è estremamente complicato ovunque, Cina inclusa. Il nucleare ha invece caratteristiche operative analoghe al carbone, senza però le emissioni di gas serra. Degli 11 reattori approvati, 10 sono ad acqua pressurizzata, di terza generazione, sviluppati in Cina sulla scorta delle esperienze maturate nella costruzione di reattori di terza generazione di progettazione francese e americana. La potenza elettrica netta è compresa tra 1.000 e 1.100 MW (migliaia di kW), a seconda del tipo. L’undicesimo è un reattore di quarta generazione, raffreddato a gas, in grado di produrre calore a elevata temperatura per usi industriali o per generazione elettrica.
L’investimento complessivo ammonta a 28 miliardi di euro, cioè 2.400 euro per kW installato; i tempi di costruzione sono di 56-60 mesi e la vita utile di 60 anni. Con questi “numeri”, quei reattori genereranno energia elettrica continua, pulitissima e sicura al costo di 40 € per MWh. Saremo mai in grado di tornare anche in Europa a simili performance?
Tutto dipende da noi, dalla nostra capacità di riguadagnare il know-how tecnologico e l’approccio regolatorio proattivo, perduti per la scelta irrazionale di sostenere nell’Unione europea, negli ultimi 20 anni, solo lo sviluppo delle rinnovabili, solare ed eolico in particolare, iniettando una quantità enorme di incentivi, esentando solo le rinnovabili dall’applicazione della disciplina degli aiuti di stato e attraendo su di esse la quasi totalità degli investimenti. Nell’illusoria speranza che solare ed eolico siano, da soli, in grado di generare tutto il fabbisogno elettrico a basse emissioni. Commettendo in definitiva il tragico errore di trascurare il nucleare, che ancora oggi è la prima fonte di generazione elettrica dell’Unione europea (24,5 per cento) ed è anche la più efficace, efficiente e sostenibile nella lotta alle emissioni di gas serra, deprimendo al contempo quella filiera industriale. Tanto che dei 105 reattori entrati in servizio nel mondo dal 2000 a oggi, solo due sono in Europa, con tempi e costi di costruzione ben superiori alla media mondiale.
Non sorprende perciò che un mese fa, alla gara bandita in Repubblica Ceca per due nuovi reattori di terza generazione, la Sud Coreana Khnp abbia battuto la francese Edf, offrendo di costruirli a 6.000 euro€/kW. I prezzi cinesi sono ancora lontanissimi, ma anche con i prezzi coreani applicati in Europa, quei reattori genereranno energia elettrica con le minori emissioni, la minore superficie occupata, la minore quantità di materiali, tra tutte le tecnologie a basse emissioni. E la genereranno in continuità, fino a 8.200 ore all’anno, senza bisogno di sistemi di accumulo, a un costo di generazione pari a 70 europer MWh, tutto (proprio tutto) compreso.
In Europa, in Cina e nel resto del mondo la decarbonizzazione richiede il gisto mix di rinnovabile e nucleare. Da definire con attente analisi di scenario e senza pregiudizi. Per fortuna loro i cinesi di pregiudizi, almeno in questo campo, non ne hanno. E sono pure comunisti. Il che ci torna utile a smontare il giochino, popolare in Italia, secondo il quale le rinnovabili sono gloriosamente di sinistra mentre il nucleare brutalmente di destra. Ravvivando al contempo l’impressione che pensare di azzerare le emissioni di un grande paese industriale puntando su solare ed eolico – rubando la battuta al grande Gaber – è da scemi più che di sinistra!
Giuseppe Zollino è responsabile Energia e ambiente di Azione