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Equilibrismo

Il governo si prepara alla Bolkestein cercando di ridurre lo scontento

Nicolò Zambelli

I partiti di maggioranza, costretti a dare una risposta a Bruxelles, preparano una riforma per mettere a gara le concessioni balneari. Ma la categoria parla di "promesse tradite" e il provvedimento è pieno di escamotage per tutelarli: dalle nuove proroghe agli indennizzi

Proroghe, indennizzi, gare e assegnazioni. Sono queste le novità della prima bozza del disegno di legge di fine estate del governo Meloni sulle concessioni balneari, pubblicato in larga parte ieri sulla testata online di settore “Mondo Balneare”. Dopo infinite polemiche, duri scontri e perfino uno sciopero, a Palazzo Chigi qualcosa sembra muoversi. Con la fine della stagione estiva restano poco più di tre mesi prima della data di scadenza delle concessioni balneari, fissata da una legge del governo Draghi al 31 dicembre 2024. Anche la Commissione europea aspetta una risposta dopo i rilievi negativi dello scorso anno. Messo alle strette e consapevole di non poter più rimandare, ora il governo tenta di tutelare per quanto possibile la categoria, che difficilmente potrà sfuggire alle gare.
 

Salvo sorprese, seppure urgente, la questione non sarà trattata nel primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, che si terrà oggi, come invece fonti di governo avevano riferito intorno ai primi di agosto. Sul tavolo resta di massima priorità la nomina di Raffaele Fitto come commissario europeo, cioè lo stesso uomo che sul dossier conduce la trattativa tra la Commissione europea e il governo. L’esecutivo è intenzionato a licenziare un provvedimento completo entro settembre, e fonti sindacali del settore sentite dal Foglio, oltre a esprimere più di qualche malumore per non essere state interpellate nella stesura del testo, parlano di un’approvazione che dovrebbe arrivare “entro due o tre settimane”. Di commentare “una bozza che potrebbe cambiare da oggi a domani” non hanno voglia, ma allo stesso tempo esprimo non poche perplessità sui punti principali del provvedimento. Vediamo perché.
 

Partiamo dal primo articolo riportato da “Mondo Balneare”, quello che descrive il concetto di “scarsità della risorsa” necessario per l’applicazione della Bolkestein, dove per “risorsa” si intendono le nostre spiagge. L’escamotage del governo è quello di introdurre criteri che riducano la necessità di ricorrere alle gare: i litorali saranno considerati “risorsa scarsa” su “base nazionale quando l’area disponibile è pari o inferiore al 49 per cento”, oppure “su base regionale quando è pari o inferiore al 39 per cento”. Un doppio standard per la messa a gara, quindi, che in un qualche modo fa emergere un primo cortocircuito.
 

L’anno scorso, il governo ha pubblicato una mappatura delle coste italiane dov’è emerso che il 67 per cento dei nostri litorali non è assegnato a nessun concessionario. Un dato che se accostato ai criteri di questo disegno di legge impedirebbe la messa a gara di un gran numero di nostre spiagge. L’unico problema è che la mappatura elaborata da Palazzo Chigi è stata rigettata e criticata dall’Unione europea per i criteri con cui è stata realizzata, ma non è chiaro se con l’entrata in vigore del ddl ne sarà elaborata una nuova. Di sicuro dovrà essere approvata dalle regioni e dal Consiglio di Stato e inserita in un “Piano per lo sviluppo delle attività insistenti sulle concessioni demaniali a uso turistico”, si legge, che avrà la durata di cinque anni. All’interno del piano c’è anche l’obbligo per ogni regione di assegnare a concessione almeno il 15 per cento delle coste libere entro il periodo di riferimento (cioè 2024-2029). Mentre, di nuovo, per le spiagge già occupate il governo vuole tentare la via di ulteriori proroghe. Ed è qui che arriviamo al secondo cortocircuito.
 

Nello specifico il governo ha voluto inserire delle proroghe a “scaglioni” sulla base della percentuale di occupazione costiera di ogni regione con un meccanismo inversamente proporzionale: più alta è la percentuale di spiaggia occupata, minore sarà il periodo di proroga della concessione. Per esempio, in una regione che ha il 49 per cento delle spiagge libere, la concessione in essere è prorogata fino al 31 dicembre 2029. Il punto però è sempre quello: in base a quanto stabilito dalla legge del governo Draghi, la scadenza di tutti i titoli delle concessioni balneari è fissata al 31 dicembre 2023. Non è possibile, dunque, attuare nuove proroghe, cosa che nei fatti questo ddl vuole fare. Motivo che spinge gli stessi balneari a giudicare questo passaggio come “illegittimo”.
 

Sul lato delle gare, poi, nella bozza si possono leggere i criteri che dovranno essere utilizzati nelle gare per la scelta del concessionario. Tra questi, uno riguarda i “soggetti che, nei 5 anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, abbiano ‘eventualmente’ utilizzato una concessione marittima” come principale forma di reddito. Se presumibilmente questo punto è stato inserito per aiutare gli stabilimenti a rafforzarsi, nei fatti finisce per favorire gli stessi imprenditori marittimi già presenti sulle spiagge, limitando l’ingresso di nuovi soggetti nel mercato. Speculare alla questione c’è poi anche la scelta del governo di non imporre un numero massimo di concessioni per lo stesso soggetto, delegando la decisione ai comuni. Un elemento singolare per una legge che, tra le altre cose, vuole evitare la creazione di “piccoli monopoli”.
 

L’ultima parte del testo è dedicata agli indennizzi, per gestire le gare che non potranno essere evitate. Il governo ha accolto le richieste delle associazioni di categoria, che muovono comunque delle critiche sulle tempistiche. L’indennizzo agli imprenditori uscenti sarà legato al “valore aziendale” dello stabilimento, valutato da una perizia di esperti. Qui emerge un altro problema, legato alla trattativa in corso con Bruxelles. Secondo la direttiva Bolkestein non è ammesso alcun vantaggio al gestore uscente, ricordano da “Mondo Balneare”. Per cui Fitto, nel portare a Bruxelles gli interessi che Lega e Fratelli d’Italia continuano a difendere dovrà riuscire a evitare che la misura venga considerata come una buonuscita per i gestori che perdono la concessione. L’Ue resta ferma nella collaborazione: “I servizi della Commissione sono in dialogo con le autorità italiane per individuare una soluzione”, ha detto ieri una portavoce del governo comunitario, commentando le interlocuzioni in corso.
 

In Italia prevale lo scontento dei balneari, che di fronte alla bozza hanno parlato di “promesse non mantenute”, puntando il dito soprattutto verso Fratelli d’Italia. Resta da vedere la versione definitiva del provvedimento per capire quanto l’esecutivo sarà in grado di fare l’equilibrista tra interessi particolari e richieste europee.
 

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