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le immatricolazioni in ue

Numeri utili sull'auto elettrica per la prossima Commissione Ue

Maria Carla Sicilia e Antonio Sileo

Bruxelles corre ma il mercato non tiene il passo (soprattutto in Germania): a luglio le vetture elettriche hanno segnato una flessione del 10,8 per cento, oltre dieci volte superiore a quella di giugno. Un problema per l’industria e per i piani di Bruxelles, tra dazi alla Cina e bando nel 2035

La corsa all’elettrificazione della mobilità europea impressa dal Green deal continua a schiantarsi contro le scelte dei consumatori. A mostrare segni di sofferenza è in particolare il primo mercato europeo dell’auto, quello della Germania. Un tonfo difficile da ignorare, sia perché da solo basta ad allontanare i target fissati da Bruxelles sia perché pone un problema politico per la Commissione che si comporrà nelle prossime settimane, a cominciare dalle scelte sui dazi alle auto cinesi che la presidente Ursula von der Leyen ha intenzione di introdurre. 

  
A luglio le autovetture elettriche targate nei paesi europei hanno segnato una flessione del 10,8 per cento, oltre dieci volte superiore a quella di giugno, che ha portato le immatricolazioni da inizio anno in territorio negativo: quasi meno 0,5 per cento, a fronte di una crescita dell’intero mercato prossima al 4 per cento. I dati sono stati pubblicati ieri da Acea, l’associazione europea dei costruttori automobilistici, e dimostrano come le cose stiano andando in direzione contraria a quella che si era prefissa la Commissione, puntando, di fatto, tutto sulle vetture elettriche per decarbonizzare i più o meno grandi e obsoleti parchi circolanti del vecchio continente.  

 
In alcuni di questi l’elettrico avanza, ma si tratta di mercati piccoli – come Belgio, Paesi Bassi, Malta e Lussemburgo – oppure di numeri modesti – come in Francia e in Italia – che non riescono a compensare la retromarcia della Germania. A luglio il crollo delle immatricolazioni di vetture elettriche a Berlino è stata del 36,8 per cento, più del doppio della media del periodo gennaio-febbraio, con una flessione media nei primi sette mesi del 2024 che si attesta a più del 20 per cento. Per spiegarla si continua a citare lo stop agli incentivi, che risale ormai a dicembre 2023, ma c’è un altro fattore da tenere in considerazione. In Germania il voto politico per le europee ha sconfessato i Verdi e premiato l’Unione Cdu-Csu, di cui fa parte anche Ursula von der Leyen, che si è formalmente impegnata a superare il divieto di commercializzazione delle vetture diesel e benzina (ma anche Gpl e metano) fissato al 2035. Un segnale che sarebbe un errore ignorare, anche per il peso dell’industria automotive nel paese. 


Per le case automobilistiche i risultati deludenti delle auto elettriche rappresentano un rompicapo. Per come sono stati congeniati i regolamenti Ue, i produttori non sono solo costretti a immettere sul mercato auto a batteria, ma devono anche riuscire a venderle per bilanciare l’immatricolazione di motori diesel e benzina e non incorrere in sanzioni. Non è un caso che nell’ultimo anno il numero di modelli elettrici offerti sia aumentato del 34 per centro, staccando significativamente quelli diesel: 137 a 112. I consumatori hanno più scelta degli anni passati eppure nell’acquisto le posizioni si invertono: le auto alimentate a gasolio vendono di più, benché in flessione. E dunque non solo si vendono molte meno auto nuove rispetto a prima della pandemia – quasi il 19 per cento in meno rispetto ai primi sette mesi del 2019 – ma le elettriche, nonostante l’incremento dei modelli offerti, la continua espansione delle infrastrutture di ricarica, gli incentivi, la pubblicità, i testimonial, i gruppi di pressione e d’interesse, stentano a guadagnare spazio e perdono quasi mezzo punto percentuale rispetto al 2023. Ad andare bene sono invece le ibride, di cui una parte minoritaria, ma non trascurabile, con motore diesel, ed è su queste che alcune case si stanno riposizionando. 

  
D’altra parte, districarsi tra gli obblighi regolatori e le richieste reali del mercato è un esercizio di equilibrismo per l’industria
. In teoria, i dazi che la Commissione sta valutando di introdurre sui veicoli elettrici cinesi dovrebbero servire a tutelare il settore dalla concorrenza di Pechino. Quando Bruxelles ha deciso di puntare tutto sull’elettrico, chiedendo all’industria del vecchio continente di riconvertirsi velocemente, ha evidentemente sottovalutato il fatto che le case automobilistiche cinesi avrebbero usato il loro vantaggio tecnologico per offrire una maggiore scelta di modelli a prezzi più competitivi. Con l’introduzione di tariffe doganali, ora la Commissione vuole offrire un ombrello temporaneo alle imprese europee affinché si rafforzino nella produzione di auto elettriche. Ma l’effetto, per paradosso, potrebbe essere quello di penalizzare i consumatori con l’aumento del prezzo delle vetture più accessibili – quelle cinesi – senza che per l’industria europea cambi nulla dal punto di vista regolatorio.

  
Vanno poi considerate le ritorsioni. Nei giorni scorsi Pechino ha minacciato di rispondere con dazi pesanti sulle importazioni in Cina di auto europee di media e alta gamma, le stesse che case automobilistiche europee come Bmw e Mercedes esportano sul mercato asiatico proprio per compensare la riduzione quello interno, condizionato dalla transizione all’elettrico. Non è un caso che la Germania si sia dimostrata più prudente di altri paesi nel dibattito sulle misure protezionistiche verso la Cina. Ora che la crisi del mercato tedesco si sta consolidando, il problema potrebbe riproporsi nelle discussioni in cima all’agenda della prossima Commissione europea, che sarà anche chiamata a discutere di un’eventuale revisione del bando al 2035 dei motori diesel e benzina.

 
Il dato di realtà da cui ogni discussione a Bruxelles dovrebbe ripartire, anche senza fare passi indietro rispetto agli obiettivi ambientali, resta l’attuale fotografia del mercato e dei parchi circolanti: ignorare i numeri che raccontano la diffidenza verso i veicoli a batteria, nonostante gli incentivi che i governi stanziano ogni anno, è da miopi.

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