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l'intervento

Idee e altri numeri sull'ambiente. L'ex ministro Clini ci scrive

Un conto è combattere il catastrofismo, sempre dannoso. Un altro è “addomesticare” i dati degli eventi estremi per negare i cambiamenti climatici

Al direttore - Ho grande stima per Chicco Testa e Jacopo Giliberto. Condivido la critica al catastrofismo, che non è mai stato un buon viatico per le politiche ambientali. Ma un conto è combattere il catastrofismo, un conto è “addomesticare” i dati degli eventi estremi per negare i cambiamenti climatici. Chicco e Jacopo fanno riferimento a un articolo pubblicato da Nature nel 2018 che rilevava la riduzione degli incendi nelle foreste nonostante il cambiamento climatico. Suggerirei una più attenta lettura di Nature, soprattutto negli ultimi due anni. 47 articoli di Nature e Communications Earth & Environment pubblicati tra il 2022 e 2024 sono dedicati alla descrizione e all’analisi degli eventi climatici estremi in Africa, in Asia, in Europa e nelle Americhe, compresi gli impatti sulle foreste, descritti con l’usuale puntualità e ricchezza di dati. Purtroppo Nature “racconta” quello che l’Agenzia governativa degli Stati Uniti per l’atmosfera e gli oceani (Noaa) e la Nasa rilevano da anni: “Record-breaking heat waves on land and in the ocean, drenching rains, severe floods, years-long droughts, extreme wildfires, and widespread flooding during hurricanes are all becoming more frequent and more intense”. I dati pubblicati dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) e dal Joint Research Center (Jrc) della Commissione europea rilevano che: nell’ultimo decennio la temperatura in Europa è cresciuta più velocemente rispetto alle altre regioni del pianeta: l’aumento è di circa 2,5°C, già un grado oltre il limite di 1,5°C indicato dalla comunità internazionale e, da ultimo, dal G7 come obiettivo non superabile per la sicurezza del clima; 
crescono i danni provocati dagli eventi climatici estremi (Copernicus Climate Change Service -C3S) in termini sia di perdite di vite umane, sia di danni rilevanti alle infrastrutture e agli insediamenti urbani, senza considerare la crisi di produttività agricola; i costi degli eventi estremi hanno già superato i 52 miliardi di euro, ben oltre i livelli previsti per metà secolo nel caso in cui l’aumento della temperatura media del pianeta fosse contenuto in 1,5 °C (nel 2050, 40 miliardi di euro l’anno secondo Jrc).  Il costo medio per abitante in Europa è di circa 120 euro con molte variazioni: in Italia si è raggiunto il valore record di 284 euro, in Spagna di 221 euro, in Ungheria di 214 euro (European House Ambrosetti). Considerando il trend attuale dell’aumento della temperatura (2-3°C) si può prevedere il raddoppio dei costi annuali entro la prossima decade. Mi permetto di osservare che un “umile riformismo ambientale” dovrebbe partire da questi dati, che non sono “fake news verdi”, per affrontare la sfida della resilienza in Europa, che richiede interventi, opere e tecnologie innovative per modificare gli usi del suolo e le infrastrutture “critiche” del secolo scorso e dei secoli precedenti che non reggono l’impatto del nuovo regime climatico: un New Deal per l’Europa. 

Corrado Clini, ex ministro per l’Ambiente


Rispondono Chicco Testa e Jacopo Giliberto. Ringraziamo Corrado Clini per l’apprezzamento. Nel nostro articolo non si nega il problema del riscaldamento globale. Infatti non ne parliamo. Abbiamo qualche dubbio sui costi dei danni per eventi climatici estremi a cui lui fa riferimento. Il valore dei danni aumenta perché in un mondo sempre più infrastrutturato, abitato e ricco aumenta il valore dei beni colpiti perché  invece di boscaglia e capanne vengono danneggiate strade, scuole, acquedotti. Ma siamo d’accordo sul fatto che in ogni caso attrezzarci per farvi fronte sia meglio che cercare di salvare il mondo.

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