La  svolta di Draghi? Una nuova idea di concorrenza. Rivoluzioni copernicane

Salvatore Rossi

Il rapporto dell'ex presidente della Bce è molto lungo e dettagliato. Si apre con la constatazione che l’Europa avrebbe tutti i numeri per essere altamente competitiva nel mondo, ma è ora in una condizione deplorevole

A metà settembre dello scorso anno la presidente della Commissione europea von der Leyen annunciò con molta enfasi di avere chiesto a Mario Draghi di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea, da difendere “wathever it takes”, aggiunse citando una di lui famosa frase. A metà aprile di quest’anno Draghi, in un discorso pubblico in Belgio, svelò il disegno complessivo e la filosofia del rapporto in via di allestimento. Circolò la voce che il rapporto sarebbe stato rilasciato molto presto, ma le aspettative andarono deluse. È stato alla fine diffuso ieri, un anno dopo l’incarico ricevuto da Draghi. Questi nella conferenza stampa di presentazione del rapporto ha ironicamente lamentato il ritardo, ma non lo ha spiegato. Affaccio l’ipotesi che il rapporto, irto di prese di posizione controverse, sia stato rallentato nel suo percorso dalla esigenza di far coagulare un qualche consenso politico, data anche la scadenza elettorale europea di giugno. Comunque, il discorso di aprile era servito ad anticipare i più importanti lineamenti del rapporto.

 

Il rapporto Draghi è molto lungo e dettagliato. Si apre con la constatazione che l’Europa avrebbe tutti i numeri per essere altamente competitiva nel mondo, ma è ora in una condizione deplorevole quanto a crescita economica e produttività nel confronto con gli altri giganti del pianeta. Deve affrontare da subito tre profonde trasformazioni: cavalcare l’innovazione, buttare giù prezzi dell’energia intollerabilmente più alti che in altre aree del mondo, difendersi in un contesto di politica internazionale globale che va diventando aggressivo e pericoloso.  Il rapporto è estremamente propositivo, concreto. Elenca circa 170 azioni da svolgere, molte delle quali sono articolate in sub-proposte, per prendere di petto quelle trasformazioni. Passa in rassegna molti mercati e settori. Le proposte non sono da libro dei sogni, sono tutte fattibili se c’è sufficiente volontà politica sia negli Stati membri sia nell’Unione nel suo complesso. Non le discuto qui. Mi limito ad alcune considerazioni generali. Un pilastro fondamentale di molte delle proposte elencate nel rapporto è che politica industriale e politica della concorrenza si sostengano l’un l’altra. Sarebbe una vera rivoluzione copernicana nelle istituzioni europee, che hanno finora creduto nel primato assoluto della tutela della concorrenza sia in ciascun mercato nazionale sia in quello più ampio dell’Unione.

 

Ma – dice Draghi – non si può più guardare solo a quello che accade all’interno del cortile europeo, come se l’Europa coincidesse col mondo e non fosse invece un’economia neanche tanto grande e comunque molto aperta, vulnerabile a quello che fanno gli altri. Se gli altri non giocano più con le buone e sante regole del libero mercato concorrenziale e del multilateralismo, chi invece si ostina ad applicarle pedissequamente al proprio interno si mette da solo in condizione d’inferiorità nel gioco competitivo globale. Proprio perché il rapporto vuol essere realistico non poteva non porsi due problemi: occorrono urgentemente molti investimenti pubblici, come li si finanzia? L’urgenza impone alle istituzioni politiche comunitarie decisioni rapide, è possibile superare il tabù dell’unanimità, principale ostacolo a un processo decisionale efficiente? Alla prima domanda il rapporto è adamantino nel rispondere: li si finanzia con risorse comuni. I problemi sono comuni, anche il denaro occorrente per avviarli a soluzione deve essere comune. Il common funding non è un’opzione, è una necessità di fatto. Alla seconda e decisiva domanda il rapporto risponde che sì, è possibile superare l’unanimità, anche senza modificare il Trattato istitutivo dell’Unione. In aprile Draghi aveva detto: l’Europa non può permettersi il lusso di attendere la prossima modifica del Trattato. Stavolta entra nello specifico e nel rapporto suggerisce vari accorgimenti istituzionali per dar vita al principio: “vada avanti prima chi può e vuole”. Un’altra rivoluzione copernicana. Il rapporto dedica molto spazio a lodare il modello sociale europeo e a tranquillizzare tutti sul fatto che le azioni proposte, ad esempio per colmare il divario nell’innovazione con gli Stati Uniti, per accrescere la produttività, per “decarbonizzare” l’economia, contengono una forte dose d’inclusione sociale. E’ evidente la preoccupazione politica di non allarmare inutilmente circoli e ambienti sensibili a questi temi. E’ un documento freddo e analitico, che mette sul tavolo i modi per sventare quel destino di “lenta agonia” che pare ineluttabile per l’Europa. I reggitori politici dell’Unione e dei suoi paesi membri possono decidere di buttarlo metaforicamente nel cestino, o di annacquarlo in mille regolamenti. Se così faranno quel destino si avvererà inesorabilmente.
    

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