Foto Ansa

politica europea

Perché il metodo Draghi aggredisce il modello Vestager (vedi le Tlc)

Mariarosaria Marchesano

L'ex premier, nel rapporto presentato a Ursula von der Leyen, afferma che bisogna dare il via libera a fusioni e acquisizioni tra gli operatori delle telecomunicazioni all'interno dell'Ue. Appunti

“Presumere semplicemente che esista un mercato europeo delle tlc non si accorda con il lavoro che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni e anche prima”. Così la vice presidente della Commissione europea con delega alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha risposto a Mario Draghi che nel suo rapporto sulla competitività ha chiesto una legge europea sulle telecomunicazioni allo scopo di definire una nuova posizione strategica per il settore. “L’Ue ha dozzine di operatori di telecomunicazioni che servono 450 milioni di consumatori rispetto a una manciata di società che operano in Cina e negli Stati Uniti”, si legge nel rapporto dell’ex presidente della Bce, il quale ha invocato l’adozione di un “Eu Telecoms Act” per sviluppare servizi e reti digitali all’avanguardia per cittadini e imprese, finanziate da capitale privato e con una forte autonomia nelle catene di approvvigionamento.

Un obiettivo che presuppone la radicale rivisitazione delle normative in modo da favorire e non ostacolare, come avvenuto fino ad oggi, il consolidamento del settore. Per Draghi, insomma, è arrivato il momento di aprire la strada a fusioni e acquisizioni tra operatori tlc di paesi diversi all’interno dell’Unione. Una visione che, evidentemente, non coincide con quella della Vestager, da sempre sostenitrice della concorrenza come garanzia del contenimento delle tariffe. Non a caso, nella sua replica a Draghi, pur concordando genericamente sull’idea che occorra un mercato europeo delle tlc ha ribadito quanto sia importante “tutelare la scelta dei consumatori”. E sulla necessità che occorra un assetto del settore in grado di promuovere nuovi investimenti ha detto: “Finora non abbiamo avuto prova che imprese più grandi investano di più a meno che non vengano spinte dalla concorrenza a farlo”. E per Vestager queste sono considerazioni “basate sui fatti”.

Insomma, la rivoluzione delle tlc non è esattamente dietro l’angolo sia per questioni normative e burocratiche sia perché in Europa il tema della concentrazione non è mai stato visto di buon occhio. Eppure, da tempo viene auspicato un cambio di passo e il rinnovo del Parlamento di Strasburgo con l’insediamento della nuova Commissione sono sempre stati visti come il momento giusto per allentare la presa dell’Antitrust sul settore. Secondo alcuni osservatori, l’iniziativa di Draghi sta effettivamente contribuendo a modificare la posizione dell’Ue avversa alla scalabilità e al consolidamento delle società di tlc per realizzare un vero mercato unico senza sacrificare il benessere dei consumatori e la qualità dei servizi. Ma dalla reazione a caldo avuta dal commissario Vestager si comprende che ci vorrà tempo e che in seno alla Commissione, alla cui guida è stata confermata Ursula Von der Leyen, resiste una certa idea di mercato molto diversa da quella che ha in mente Draghi, più orientata a rafforzare la competitività nei confronti degli attori extra Ue. Una spinta al cambiamento potrebbe arrivare grazie al fatto che negli ultimi tempi è cresciuta la consapevolezza che il calo della redditività nel settore delle telecomunicazioni può rappresentare un rischio per gli operatori europei, in una fase in cui avrebbero bisogno di risorse da investire in infrastrutture all’avanguardia per digitalizzare le catene di produzione, fornitura e distribuzione.

Per questo, sostiene il rapporto di Draghi, occorrerebbe maggiore apertura da parte delle istituzioni Ue ad operazioni transfrontaliere e anche solo ad accordi tecnologici e commerciali tra società di paesi diversi: una maggiore armonizzazione è necessaria per creare, infatti, “vantaggi di scala” e incentivare il consolidamento delle reti digitali continentali. Il rapporto suggerisce che proprio l’eccessiva frammentazione delle telecomunicazioni nell’Unione europea ha portato a significativi divari infrastrutturali in tutto il continente, citando dati secondo cui solo il 56 per cento delle famiglie ha accesso a fibra ottica e la copertura della popolazione 5G è in ritardo rispetto a Cina e Stati Uniti. Il rapporto, infine, mette in guardia anche dalle sfide nel settore delle apparecchiature e dei software per le telecomunicazioni, sostenendo che c’è una forte concorrenza da parte delle aziende cinesi e una preoccupante mancanza di attori europei nel settore dei software per dispositivi, un mercato dominato dalla tecnologia statunitense. La Commissione europea è avvisata.

Di più su questi argomenti: