Sbaglia la Germania se alza barricate a Unicredit. Parla Angeloni
"Il conservatorismo tedesco alla fine è meno influente di quanto sembri. Rallenta i processi necessari ma non li blocca", ci dice l'economista. "Il loro sistema politico e sociale è tutto sommato statico e ha mostrato grandi difficoltà a riavviare il mercato del lavoro post pandemia"
L’acquisto del 9 per cento di Commerzbank da parte di Unicredit e la possibilità di una fusione tra i due istituti, rappresenta più di un’operazione finanziaria. E’ una sfida alla Germania, al suo europeismo e alla sua convinzione nel sostenere l’unione bancaria e la creazione di un mercato dei capitali comune. Per quanto non fosse questo il proposito dell’ad di Unicredit, Andrea Orcel, il quale ieri ha precisato avere solo colto l’opportunità offerta dallo stato tedesco che ha venduto una tranche di Commerzbank, la sua mossa ha provocato in Germania una reazione che va ben al di là di un affare privato tra banche. Basta leggere i giornali tedeschi per verificare quanto sia diffuso nell’opinione pubblica il rammarico per la possibile fine di un’icona dell’economia nazionale. E poi ci sono i sindacati che hanno promesso barricate per fermare l’eventuale opa che consentirebbe a Unicredit di impadronirsi del secondo istituto del paese. “In effetti, in Germania si colgono due reazioni – dice al Foglio Ignazio Angeloni, economista già membro del supervisory board della Bce – Una favorevole o comunque di apertura, da parte di esperti indipendenti. Una decisamente contraria, tradizionale, dei sindacati. Ritengo che quest’ultima alla fine sarà meno influente di quanto possa sembrare all’inizio”.
Angeloni è autore della proposta di integrazione bancaria europea adottata dal Parlamento di Strasburgo e che è stata ripresa da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività nel capitolo in cui indica la frammentazione del sistema bancario come uno dei punti deboli dell’Europa. Posizione che in Germania trova seguaci tra gli economisti, i quali concordano sul fatto che l’operazione di Unicredit si inserisce in un quadro di consolidamento europeo che potrebbe anche migliorare le condizioni di accesso al credito delle imprese. In questo contesto non si capisce quale sia la posizione del governo di Olaf Scholz dal quale, tra l’altro, sono trapelata lamentele per non essere stato “avvisato” prima da Unicredit, che, invece, avrebbe informato per tempo il governo Meloni.
Se alla fine la Germania dovesse arroccarsi, non rischierebbe di apparire in qualche modo ostile all’Europa unita anche sotto il profilo finanziario o del mercato dei capitali? ”Non solo rischia di apparire, già appare così a tutti – replica Angeloni – E’ la grande debolezza di quel paese, che diventa anche debolezza dell’Europa che da quel paese dipende. Ma ripeto, quel conservatorismo tedesco alla fine è meno influente di quanto sembri. Rallenta i processi necessari ma non li blocca”.
La Germania sta anche attraversando una crisi economica, con la produzione industriale in netto calo e la prospettiva di una recessione se la politica monetaria della Bce continuerà ad essere tutto sommato restrittiva. Riuscirà a superare questo momento difficile? “Sì, ma non in tempi brevi. I problemi strutturali non si risolvono con la moneta facile. O restano come sono o si aggravano. Mi riferisco a un sistema politico e sociale che, come quello tedesco, è tutto sommato statico e ha mostrato grandi difficoltà a riavviare il mercato del lavoro post pandemia. La gente non torna al lavoro, aspetta solo di ricevere i sussidi”. Ad ogni modo sarebbe un paradosso che fosse proprio la Germania a rallentare il percorso verso l’unione bancaria che, come evidenzia Angeloni in un nuovo paper (Ginevra 2024) svolto con un gruppo di studiosi dal think tank Cepr e pubblicato in questi giorni, è l’unico modo per proteggere l’Eurozona da choc finanziari come quelli che lo scorso anno hanno visto protagoniste le banche californiane e Credit Suisse. Ma tornando a Unicredit, è il paso giusto per la banca di Gae Aulenti? “E’ un piccolo passo che va nella giusta direzione”. Piccolo? “Dico così perché Il resto del pacchetto di Commerzbank sarà messo in vendita tra mesi se tutto va bene e poi perché Commerzbank e Unicredit hanno un profilo largamente simile. Se Unicredit si fondesse, per esempio, con una grande realtà assicurativa e di allocazione del risparmio, di dimensione globale, sarebbe diverso. Ma se avvenisse, la fusione tra Unicredit e Commerzbank, sarebbe comunque un’operazione importante”. Dal canto suo, l’ad Orcel sembra non far caso al polverone “politico” sollevato con la sua strategia di espansione, che definisce “flessibile”, che vuol dire che la fusione è un’opzione ma che bisogna capire “se tutti si vogliono impegnare a creare qualcosa di più del valore che può essere generato da Commerzbank da sola”. La palla passa ora in campo tedesco.