Le auto della Cina
Al primo test della “politica estera economica” Berlino e Madrid spezzano l'unità europea sui dazi
Francia da un lato, Spagna e Germania da un altro. L'Unione europea si divide sui dazi per i veicoli elettrici di Pechino
Nel rapporto sul futuro della competitività europea, Mario Draghi chiede una “politica estera economica” per l’Ue. Gli strumenti di difesa commerciale sono essenziali per proteggersi in un’epoca di disaccoppiamenti e corsa ai sussidi. La Cina rappresenta un pericolo. “La concorrenza cinese sponsorizzata dallo stato rappresenta un minaccia per le nostre industrie di tecnologie pulite e automobilistiche”, scrive Draghi. Emmanuel Macron ha articolato una visione simile con i concetti di “sovranità europea” e “autonomia strategica”, ormai presenti in molti discorsi dei leader dell’Ue. Ma al primo momento di verità, quello dei dazi sui veicoli elettrici sussidiati da Pechino, Olaf Scholz e Pedro Sánchez inviano il messaggio opposto: l’Europa debole, divisa ed esitante, con alcuni leader concentrati sugli interessi di corto periodo, pronti a cedere al ricatto della Cina.
Il momento della verità dell’Ue sui dazi per i veicoli elettrici cinesi arriverà entro le prossime tre settimane. Entro inizio ottobre, gli stati membri devono votare sulla proposta della Commissione europea di imporre dazi aggiuntivi sulle auto elettriche importate dalla Cina. All’aliquota attuale del 10 per cento dovrebbe aggiungersi un dazio compensativo che va dal 17 per cento (per Byd) al 36,3 per cento (per i produttori che non hanno cooperato con l’inchiesta della Commissione). L’indagine realizzata dai funzionari comunitari è senza appello: il governo cinese fornisce aiuti pubblici di ogni tipo (dalle garanzie bancarie all’affitto a basso costo dei terreni, oltre ai sussidi diretti) a tutta la catena del valore dei veicoli elettrici (dall’estrazione del litio per le batterie ai porti europei dove arrivano i veicoli elettrici). Queste sovvenzioni sleali della Cina costituiscono “una minaccia di pregiudizio economico per i produttori europei di veicoli elettrici a batteria”, ha constatato la Commissione. Tutta l’industria dell’auto e il suo indotto sono a rischio, nel momento in cui stanno già attraversando un periodo di crisi.
Pechino è in allarme. Le pressioni e le minacce degli ultimi mesi non hanno funzionato. La prossima settimana, il 19 settembre, il ministro del Commercio cinese, Wang Wentao, sarà a Bruxelles per incontrare il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, che continua a essere aperto al dialogo. Ma per una volta la Commissione sembra fare sul serio, nonostante gli interessi della Germania di Ursula von der Leyen per un compromesso con Pechino. Questa settimana l’esecutivo comunitario ha rifiutato un’offerta avanzata dai produttori cinesi di mantenere i prezzi a livelli più alti nel mercato dell’Ue per compensare i sussidi. “Diversi esportatori cinesi di veicoli elettrici a batteria hanno presentato offerte per impegni sui prezzi”, ha detto un portavoce. Gli effetti dannosi delle sovvenzioni possono essere eliminati? Gli impegni possono essere monitorati e attuati? “La Commissione ha concluso che nessuna delle offerte soddisfaceva questi requisiti”, ha spiegato il portavoce.
La Cina ha usato il bastone e la carota sia a livello nazionale sia a livello di Ue per bloccare la Commissione. Attraverso canali diplomatici e con dichiarazioni pubbliche Pechino ha attaccato Bruxelles e corteggiato le capitali dell’Ue perché facessero pressioni sulla Commissione. Con comunicati della Camera di commercio presso l’Ue e l’avvio di indagini antidumping a Pechino, la Cina ha preannunciato rappresaglie commerciali. Cognac, aeroplani, automobili e prodotti agricoli: il regime di Xi Jinping ha una mappa molto chiara di quali prodotti colpire per far male economicamente e politicamente. Con la Germania, che è il principale partner commerciale europeo della Cina, Xi non ha avuto grandi difficoltà. Con la Spagna ci è voluto più tempo, ma la minaccia di bloccare le importazioni di carne di maiale (560 mila tonnellate nel 2023 per un valore di 1,2 miliardi di euro) ha funzionato. “Non abbiamo bisogno di un’altra guerra, in questo caso una guerra commerciale”, ha detto lo spagnolo Pedro Sánchez in una visita in Cina questa settimana: “Devo essere schietto e franco... Penso che dovremmo riconsiderare, tutti noi, non solo gli stati membri, ma anche la Commissione, la nostra posizione”. La Germania, che teme per le sue esportazioni di auto di grossa cilindrata e di macchinari, ha immediatamente applaudito Sánchez. “La direzione di viaggio è quella che condividiamo”, ha spiegato il portavoce di Olaf Scholz.
Madrid e Berlino, alleati con le capitali nordiche e alcuni paesi dell’est, potrebbero trovare la maggioranza qualificata necessaria a bocciare la proposta di dazi, screditando le capacità di difesa anche quando ci sono sussidi dannosi per l’Ue. Eppure il caso dei veicoli elettrici mostra quanto la Cina abbia paura di un’Ue più assertiva nel difendere i suoi interessi. “Il rapporto Draghi riflette un pensiero a somma zero. Se l’Ue vede la Cina come un concorrente e persino un rivale, troverà sempre delle sfide”, ha scritto su X Wang Lutong, direttore per gli Affari europei del ministero degli Esteri cinese. Le prese di posizione di Sánchez e Scholz indeboliscono il braccio della Commissione e dell’Ue nel rapporto di forza con la Cina.