il discorso

Contro l'ecoansia. Lezioni dal governatore di Bankitalia

Fabio Panetta

Niente catastrofismo, governare il climate change si può: con l’innovazione. L'intervento di Fabio Panetta al G7-IEA

Pubblichiamo l'estratto di un intervento pronunciato oggi dal governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, in occasione della conferenza tenuta ieri al “G7-IEA”


  
(…) Stanno emergendo segnali di malcontento nei confronti della transizione energetica. Gli afflussi di risparmio verso i fondi impegnati nel finanziamento di investimenti sostenibili mostrano minore slancio e in diversi paesi si sono registrati deflussi riconducibili a un cambio di sensibilità politica nei confronti di iniziative a favore del clima; alcune grandi società di gestione patrimoniale stanno riducendo i propri investimenti nelle iniziative internazionali in questo campo; le imprese che operano nel settore delle energie rinnovabili affrontano crescenti difficoltà finanziarie e le restrizioni all’esportazione di minerali essenziali sono in costante aumento, in un contesto geopolitico difficile, caratterizzato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, dai gravissimi eventi in Medio Oriente e dalla crescente frammentazione economica e commerciale.

Insieme a tali andamenti preoccupanti, si ravvisano segnali incoraggianti. Attualmente gli investimenti in energia pulita a livello mondiale sono il doppio di quelli in combustibili fossili. La recente riunione della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28) ha rilevato progressi significativi, fra cui gli impegni a eliminare gradualmente i combustibili fossili, ad ampliare la produzione di energie rinnovabili, a migliorare l’efficienza energetica e a ridurre le emissioni di metano. Inoltre, i paesi che producono i più elevati volumi di emissioni a livello mondiale, tra cui la Cina, stanno compiendo progressi straordinari sul fronte delle energie rinnovabili, conseguendo gli obiettivi di produzione di energia eolica e solare con largo anticipo rispetto ai tempi previsti.

 

Nonostante le numerose difficoltà, la transizione è inevitabile. Tale convinzione non riflette soltanto preferenze personali. Nella comunità scientifica vi è ampio consenso nel ritenere che i danni economici di lungo periodo derivati dai cambiamenti climatici e da una transizione energetica disordinata supererebbero di gran lunga i costi di attuazione dell’Accordo di Parigi. (…) Gli investimenti in energia verde, che si avviano a superare i 3.000 miliardi di dollari a livello globale nel 2024, sono ancora lontani dai 4.500 miliardi l’anno da raggiungere entro l’inizio del prossimo decennio per poter azzerare le emissioni nette entro la metà del secolo. Lo scostamento a livello globale tra il finanziamento necessario e quello effettivo nasconde inoltre differenze notevoli tra le economie avanzate e quelle emergenti e in via di sviluppo. Pur rappresentando un terzo del PIL e due terzi della popolazione mondiale, ai paesi EMDE ((merging market and developing economies, esclusa la Cina) è riconducibile solo il 15 per cento degli investimenti in energia pulita a livello globale. Questo basso ammontare di investimenti è in parte dovuto alla difficoltà di reperire capitali: nei paesi EMDE il costo dei finanziamenti per i progetti connessi con la transizione può raggiungere livelli anche doppi di quelli che si rilevano nelle economie avanzate. Nonostante gli ostacoli determinati dalle attuali tensioni geopolitiche a livello mondiale, la cooperazione rimane fondamentale per combattere i cambiamenti climatici.

  

Una soluzione equa ed efficace consisterebbe nell’istituire un sistema internazionale di incentivi, come il Global Carbon Reduction Incentive (GCRI), attraverso cui creare meccanismi di compensazione fra i paesi con emissioni pro capite più elevate e quelli con emissioni relativamente basse. Un’efficace cooperazione internazionale inoltre è fondamentale anche per promuovere l’innovazione tecnologica legata alla transizione. A tal fine, vanno rimossi gli ostacoli alla diffusione globale delle tecnologie verdi e a bassa impronta carbonica; ciò rappresenterebbe una linea di azione meno esposta a opposizioni politiche rispetto alla regolamentazione e alla definizione dei prezzi.

  

La sicurezza energetica, improvvisamente portata alla ribalta dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è ora un problema fondamentale e prioritario nell’agenda politica. La transizione verso fonti energetiche a basse emissioni di carbonio è parte integrante della soluzione: l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili aiuterà ad affrancarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili. Vi è però il rischio di sostituire la dipendenza dai combustibili fossili con nuove dipendenze. La produzione dei minerali critici necessari per la transizione (litio, rame, nichel e cobalto, tra gli altri) è fortemente concentrata: i primi tre paesi produttori forniscono tra il 50 e l’85 per cento della produzione globale. La Cina è leader mondiale nell’estrazione di terre rare: controlla il 70 per cento della produzione mondiale e una quota ancora maggiore dell’attività di raffinazione; è inoltre all’avanguardia nella produzione e nella diffusione di energia eolica, impianti fotovoltaici, batterie e veicoli elettrici, ed è in prima linea nei progressi che si registrano in tali settori. L’Europa dipende dall’importazione di minerali critici a causa della carenza di risorse naturali e dei ritardi accumulati nei settori industriali legati alla transizione. La cooperazione a livello europeo è essenziale per affrontare questo problema, ad esempio attraverso l’integrazione delle reti del gas e dell’elettricità, fondamentali per la sicurezza energetica del continente. Politiche di questo tipo, oltre ad aumentare l’efficienza degli investimenti necessari per la transizione, eviterebbero il moltiplicarsi di iniziative incoerenti tra loro nei diversi paesi.

 

Un altro elemento fondamentale è la diversificazione dei partenariati internazionali e la costruzione di relazioni reciprocamente vantaggiose con i paesi ricchi di materie prime essenziali. Il rafforzamento delle catene di approvvigionamento di minerali critici è al centro di iniziative quali il progetto Resilient and Inclusive Supply-chain Enhancement (RISE), volto ad aiutare i paesi a basso e medio reddito a integrarsi maggiormente nelle catene di approvvigionamento dei prodotti fondamentali per la transizione energetica. Infine, vanno prese in considerazione tutte le opzioni tecnologiche – nessuna esclusa – per promuovere la diversificazione della produzione di energia a basso impatto ambientale. Nel lungo termine la transizione verso un sistema energetico a emissioni nulle porterà molteplici vantaggi: diminuirà la nostra dipendenza dai combustibili fossili, conterrà i rischi climatici e ridurrà l’inquinamento a livello locale. Tale processo implica però costi ingenti, in particolare per le imprese ad alta intensità energetica e per le famiglie meno abbienti.

    

La maggior parte delle politiche di mitigazione del cambiamento climatico, come il carbon pricing, rischia infatti di aumentare le bollette energetiche di famiglie e imprese. Le famiglie meno abbienti sono caratterizzate da un paniere di consumi fortemente sbilanciato verso i beni energetici. Esse saranno pertanto colpite in misura proporzionalmente più elevata dal graduale aumento dei costi dell’energia insito nella transizione. Analogamente, le imprese operanti nei settori in cui è arduo ridurre i consumi di energia dovranno modificare le tecnologie e i modelli imprenditoriali, a rischio della loro stessa sopravvivenza. Questi aspetti vanno affrontati con politiche adeguate. Nonostante i loro scopi lodevoli, politiche di transizione volte a raggiungere obiettivi climatici ambiziosi mediante approcci estremi o eccessivamente rigidi rischiano di creare scontento tra i cittadini e di ridurre il consenso politico nei confronti delle iniziative per il clima, di fatto rivelandosi controproducenti.

  

Una transizione energetica ordinata solleva rilevanti sfide tecnologiche e sociali, soprattutto nell’attuale fase di forti tensioni geopolitiche. In un tale contesto è cruciale agire insieme per contrastare i cambiamenti climatici. I governi delle principali economie mondiali hanno il compito di guidare tale processo, promovendo investimenti con basse emissioni carboniche; riducendo gli oneri amministrativi e normativi in grado di ostacolare la transizione; evitando politiche discontinue, in grado di creare incertezze e di disincentivare gli investimenti da parte del settore privato. Sono questi i presupposti da tenere a mente nel disegnare un processo di transizione ordinato. Comprendere a fondo le implicazioni macroeconomiche della transizione è fondamentale per adottare decisioni migliori. È in quest’ottica che si inserisce la discussione odierna, che rappresenta la prima parte di una conferenza articolata su due giorni volta a stimolare uno scambio di idee e conoscenze tra autorità ed esperti del settore privato. La conferenza proseguirà domani con un incontro tra esperti di modellizzazione dei paesi del G7, durante il quale saranno analizzati gli impatti macroeconomici dei cambiamenti climatici e della transizione verso un’economia a bassa impronta carbonica.