un approccio pragmatico
Così i migranti risolvono i problemi delle imprese. Una proposta
"Il tema dell'immigrazione va affrontato con la collaborazione tra pubblico e privato", dice Paolo Pizzarotti, imprenditore nel settore delle costruzioni. "Manca manodopera. Vogliamo trasformare il Residence degli aranci, quello che un tempo era il Cara di Mineo, in un centro in cui formare i migranti. E poi assumerli. Abbiamo scritto al governo"
“E’ inevitabile, la questione dei migranti va affrontata”. Come? “Attraverso una collaborazione tra pubblico e privato, che trasformi l’immigrazione da problema in risorsa, per risolvere almeno in parte i problemi del mondo del lavoro. Noi abbiamo una proposta concreta: trasformare il Residence degli aranci, quello che un tempo era il Cara di Mineo, in un centro in cui accogliere e formare i migranti”. Paolo Pizzarotti è il presidente dell’omonima società di costruzioni, lavora in Italia e nel mondo. L’imprenditore di Parma parla con cognizione di causa. “Ormai da tempo riscontriamo una carenza di manodopera, per varie figure. Non è una novità, ma oggi i problemi stanno aumentando. Tanto più con il Pnrr che ha scadenza 2026, con importanti progetti che rischiano di non essere realizzati. Le stesse necessità – aggiunge – sono stata sollevate anche dal governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta”.
Il Residence degli aranci era stato costruito dall’azienda di Pizzarotti nel 2001, ci abitava il personale della marina militare americana, di stanza nella base di Sigonella. Successivamente è stato impiegato come centro d’accoglienza per famiglie. “Fu Silvio Berlusconi a volerlo, dopo aver visitato il residence”. I problemi sono sorti in seguito, quando si è deciso di aumentare la capienza dell’hub. “Fino a 5 mila persone, una situazione insostenibile anche a fronte di una cospicua presenza di forze dell’ordine, circa 500 agenti”, ricorda Pizzarotti. Salvini, ministro degli Interni nel 2019, decise quindi di chiudere il centro di Mineo distribuendo i migranti in centri più piccoli.
Da allora quello spazio non è stato più utilizzato. “Noi vogliamo riaprirlo, ci mettiamo a disposizione delle istituzioni con una progettualità, in cui sono indicati spese e tempi”, spiega l’imprenditore. La proposta è stata inviata al governo e a vari ministeri. “L’abbiamo mandata la prima volta nel novembre 2023, l’ultima pochi giorni fa”. Ma una risposta non è ancora arrivata. “Ci impegniamo inoltre – assicura l’imprenditore – ad assumere gli immigrati che saranno formati in vari ambiti”. Il progetto – denominato Campus del Mediterraneo – punta a ospitare almeno 3000 migranti ogni anno, tra rifugiati, minori non accompagnati, stranieri arrivati attraverso i corridoi umanitari o provenienti da percorsi d’accoglienza già in essere.
In questo contesto, dice ancora Pizzzarotti, “abbiamo pensato a un serie di percorsi di formazione e specializzazione, che si rivolgono non solo agli ospiti del centro, ma anche al personale che opera nel settore dell’accoglienza”. Quanto ai migranti, si tratta di corsi nel settore dell’artigianato (1000 posti) e dell’industria (750), nell’ambito dell’agricoltura (500) e dei servizi (250), per un totale di 10 mila ore di formazione all’anno. E i costi? “Anche di questo ci siamo occupati, offrendo alle istituzioni una indicazione delle cifre”. L’impresa Pizzarotti ha stimato, per cinque anni, un costo complessivo di 115 milioni di euro. Comprende la ristrutturazione, la manutenzione e l’affitto delle strutture, oltre alla spesa per il cibo. “I respingimenti non bastano, l’abbiamo visto, le persone continuano ad arrivare. Il nostro progetto comunque non si pone in contrasto con altre iniziative del governo, ma risponde ad altre finalità”. E’ piuttosto un altro modo di pensare all’accoglienza, sicuramente più pragmatico. “Occorre trovare un soluzione, in fretta”.