L'analisi

Giù le imposte sui redditi elevati, su quelle sulle successioni

Marco Leonardi e Leonzio Rizzo

Il governo sta considerando tagli fiscali sui redditi alti, ma il problema è che solo una piccola percentuale di italiani guadagna più di 50 mila euro, rendendo inefficace l'attuale sistema Irpef. Le risorse per sostenere tali misure sono difficili da reperire, e le proposte non hanno avuto successo in passato. Qualche idea

Solo due anni fa sono state tolte le detrazioni per i figli a carico, sostituite con il più generoso Assegno unico. Se vuole il governo può usare l’Assegno per favorire le famiglie con figli, perché cambiare ogni anno il sistema fiscale è esattamente il contrario di quel che serve per incentivare la natalità.
 

Se invece il governo vuole ridurre le imposte sui redditi alti mantenendo la struttura dell'irpef, diciamo subito che siamo d’accordo. Se non altro perché in Italia consideriamo “ricchi” i redditi da lavoro dipendente sopra i 50 mila euro lordi, il che è semplicemente ridicolo se confrontato con i vicini paesi europei. Il nostro problema è che solo il 5 per cento dei lavoratori dipendenti guadagna più di 50 mila euro  e paga buona parte del totale dell’Irpef. Infatti anche le imposte sono parte del problema: lo scaglione di redditi da cui si applica l’aliquota più alta Irpef del 43 per cento parte da 50mila euro. Negli altri paesi l’aliquota più alta parte da redditi molto superiori.
 

Il taglio delle tasse, se ci sarà, dovrà essere permanente, perché se fosse temporaneo meglio non farlo del tutto. L’anno scorso il governo ha fatto il gioco delle tre carte. La manovra del 2024 aveva diviso i contribuenti su tre categorie: fino a 28 mila euro con aliquota al 23 per cento, fra 28  e 50 mila al 35 per cento e oltre questa soglia con al 43 per cento. La rimodulazione del 2024 ha portato nelle tasche degli italiani un risparmio che poteva arrivare fino a 260 euro annui per  chi guadagna fino a 50 mila euro. Oltre questa soglia il vantaggio veniva “neutralizzato” attraverso un taglio delle detrazioni fiscali esattamente per l’ammontare di 260 euro, il gioco delle tre carte appunto.
 

L’idea del governo sembrerebbe essere quella di tagliare di due punti l’aliquota intermedia per portarla al 33 per cento ed estendere il limite dello scaglione a cui si applica attualmente il 35 per cento, da 50 a 60mila euro. In entrambi i casi i vantaggi potrebbero essere tangibili. Solo per confermare l’attuale sistema servono più di quattro miliardi di euro. Per le ulteriori due modifiche di cui beneficerebbero i redditi medio-alti, sarebbero necessari altri quattro miliardi circa. Risorse che, al momento, appaiono assai difficili da individuare. I giornali scrivono che il taglio dell’Ace per le imprese (5 miliardi) finanzierebbe lo sgravio fiscale e contributivo per i redditi bassi, mentre il gettito ricavato con il concordato preventivo servirebbe per finanziare lo sgravio ai redditi elevati. Proprio quello che non bisogna fare. Il gettito del concordato è temporaneo se ci sarà (Tremonti nel 2003 ha ottenuto meno di 100 mila euro, ben lontani dai 4 miliardi che servirebbero) e inoltre la  flat tax incrementale  prevista dal concordato biennale non può essere permanente per definizione.
 

Una possibilità di gettito permanente viene dal taglio delle  tax expenditures, le detrazioni che riguardanola sanità, i mutui e la prima casa e tanto altro. Ma in passato analoghi tentativi non hanno avuto alcun esito. Un’altra strada potrebbe essere   aumentare l’imposta di successione. È giusto premiare i redditi e non le eredità, mentre noi abbiamo fatto sempre il contrario. In Italia si paga oggi nel caso di trasferimenti di ricchezza in linea di parentela diretta (coniuge e figli) al massimo il 4 per cento, contro il 40 per cento del Regno Unito e degli Stati Uniti e il 45 per cento della Francia. Inoltre, in queste nazioni la quota esente è di gran lunga inferiore a quella prevista in Italia, attualmente di un milione di euro per ogni parente diretto (il che esenta la stragrande maggioranza delle eredità). Il gettito è meno di 1 miliardo all’anno contro i 174 miliardi di Irpef pagati in gran parte da chi guadagna più di 35 mila euro. Non sarebbe meglio far pagare un po’ meno tasse ai redditi medio-alti e un po’ di più ai pochi fortunati che ereditano? La tassazione delle successioni è più efficiente di quella sul reddito, poiché meno disincentivante e inoltre meno distorsiva sull’offerta di lavoro.
 

Se in Italia si utilizzassero le aliquote  in vigore in Francia, lasciando invariati i livelli di esenzioni attualmente vigenti (1 milione di euro per trasferimenti a coniuge e figli e 100 mila euro per quelli riguardanti fratelli, oltre i vari casi di ricchezza attualmente esenti), si potrebbero ottenere dall’imposta di successione più di sei miliardi di euro. Poiché ereditare una casa in Francia può diventare un problema, sarebbe meglio in Italia una riforma molto più soft che combini una riduzione della franchigia con un’ulteriore riduzione di aliquote. Infine, un’alternativa più equa potrebbe essere, nel caso degli immobili, tassare anche alle aliquote e franchigie di assoluto favore di oggi. Ma il valore di mercato delle proprietà e non il valore catastale, come si fa negli altri paesi.

Di più su questi argomenti: