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Banche

Unicredit-Commerz, la freddezza di Berlino e il dilemma di Orcel

Mariarosaria Marchesano

Il cancelliere Olaf Scholz non ha gradito la mossa dell'ad di Unicredit, mentre le associazioni imprenditoriali tedesche dicono che l'operazione sarà vantaggiosa per le piccole e medie imprese locali

La decisione sarà presa a stretto giro. Ai piani alti del grattacielo milanese di Piazza Gae Aulenti, dove si trova il quartier generale di Unicredit, si susseguono ore riunioni febbrili per decidere se proseguire con l’avanzata in terra tedesca oppure rinunciare, avendo capito che il tentativo aggregare Commerzbank non è stato gradito a Berlino.

Altro che fusioni bancarie cross border come auspicato dalla Bce. Ieri l’Handesblatt, quotidiano finanziario tedesco, parlava addirittura di “rabbia” per definire gli umori all’interno del governo di Olaf Scholz. Ma sarà così o è tutto un gioco delle parti? E le indiscrezioni su una mossa difensiva della prima banca del paese, Deutsche Bank, sono da prendere sul serio considerando le difficoltà e i costi dell’operazione? Dall’esito di queste valutazioni dipende se decidere di chiedere alla Bce l’autorizzazione per salire fino al 30 per cento del capitale di Commerzbank, raggiungendo la soglia per lanciare l’opa, oppure attendere ancora un po’.

L’intenzione di arrivare in fondo c’è tutta, assicurano fonti bene informate, ma nessun passo concreto è stato fatto fino a ieri sera. Orcel si trova davanti a un dilemma che, però, vive in modo coerente con la sua inclinazione di banchiere d’affari: ha visto un’opportunità, offerta dalla vendita della partecipazione del 4,5 per cento da parte del governo tedesco e ci si è buttato facendo saltare il banco, perché ha offerto il prezzo più alto di tutti in un’asta competitiva. Ma intanto la scorsa estate aveva rastrellato alla Borsa di Francoforte altre azioni di Commerzbank a buon mercato e così, facendo qualche calcolo, la sua “avance” non gli è costata più di quanto avrebbe dovuto o potuto spendere. In questo modo si è creato una “way out” se le cose si fossero messe male, cioè se la reazione nel paese fosse stata troppo ostile: rivendere al miglior offerente tutto il pacchetto acquistato (il 9 per cento) portando a casa una ricca plusvalenza.

Ma per ottenere questa uscita di scena onorevole, Orcel dovrebbe vendere ai prezzi di Borsa attuali di Commerzbank, il cui titolo ha guadagnato il 20 per cento dopo il blitz di Unicredit sollevandosi da un periodo a dir poco piatto. Insomma, il piano B è a portata di mano, ma per l’ad di Unicredit attendere troppo significa rischiare che le quotazioni della banca “preda” si sgonfino man mano che aumentano i malumori tedeschi. Ma è una decisione non facile e Orcel è in qualche modo solo in una partita che vede l’ambizioso banchiere sfidare un sistema come quello tedesco, che in questi giorni è apparso propenso a “proteggere” le sue banche, contraddicendo l’orientamento favorevole della vigilanza europea alle aggregazioni.

Ma le posizioni nel paese non sono omogenee. Se da parte dei sindacati è arrivato un “niet”, motivato con il timore di tagli di posti di lavoro che si potrebbero rendere necessari con una fusione, e se le lamentele del governo federale per non essere stato “avvisato” delle intenzioni di Unicredit (circostanza già smentita dai vertici della banca italiana) rivelano un certo imbarazzo e malcontento, anche se magari non da parte di tutti i componenti, tutt’altro discorso vale per gli ambienti economici e produttivi.

Ieri è arrivata la netta posizione delle associazioni imprenditoriali tedesche a favore di un’unione tra Unicredit e Commerzbank, dopo che anche la maggior parte degli economisti si è espressa in modo positivo. È urgente avviare la trasformazione di Commerzbank per renderla di nuovo competitiva a vantaggio delle aziende”, ha detto a Reuters Mark Tenbieg, capo dell’associazione delle piccole e medie imprese tedesche, al quale ha fatto eco Hans-Jurgen Volz, direttore economista dell’Associazione federale del settore, la potente Bvmw. Per Volz lo stato non dovrebbe adottare misure protezionistiche contro l’acquisizione di Commerzbank da parte di Unicredit poiché una banca più forte alla fine andrebbe a vantaggio delle pmi tedesche.

Con queste dichiarazioni, si spacca l’opinione pubblica tedesca: da un lato le ragioni della politica e delle parti sociali, dall’altra quelle della finanza e dell’economia. In mezzo c’è Orcel, che con la sua “scalata” ha suscitato un vero caso politico seguito a distanza anche da Palazzo Chigi.

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