Raffaele Fitto - foto Ansa

L'analisi

L'eredità di Fitto: il Pnrr marcia, mentre il Piano complementare va a rilento

Giorgio Santilli

L'81 per cento delle opere infrastrutturali strategiche contenute nel Pnrr ha già i cantieri in corso, mentre per il Pnc il 39 per cento degli interventi dorme ancora al primo stadio della progettazione. I dati del rapporto sullo stato di attuazione realizzato insieme a Cresme

L’81 per cento delle opere infrastrutturali strategiche contenute nel Pnrr ha già i cantieri in corso e questa quota arriva al 98 per cento se si ricomprendono lavori in gara, aggiudicati o prossimi all’avvio. È un chiaro segnale di notevole progresso quello che arriva dal rapporto sulla “stato di attuazione delle infrastrutture prioritarie della programmazione Pnrr-Pnc”. Il documento è stato realizzato dal Servizio studi della Camera dei deputati in collaborazione con il Cresme e prende in considerazione un gruppo di opere che totalizzano un finanziamento Pnrr aggiornato a 82,8 miliardi.
 

Dal rapporto emergono considerazioni meno immediate sullo stato di attuazione della grande partita infrastrutturale italiana (che in totale può contare su 220 miliardi di appalti aggiudicati negli ultimi due anni). Se il Pnrr marcia, il suo fratello più piccolo, il Piano nazionale complementare (Pnc), va a rilento visto che il 39 per cento degli interventi dorme ancora al primo stadio della progettazione e solo il 19 per cento è in cantiere.
 

Poco male, si dirà, visto che il Pnc non ha i vincoli temporali imposti dall’Unione europea. Vero, ma l’ultimo decreto legge Pnrr del ministro per gli Affari europeo Raffaele Fitto, appena designato vicepresidente esecutivo della nuova Commissione Von der Leyen,  metteva vere e proprie tagliole per gli interventi del Pnc, con la minaccia di escluderli se a ottobre non fossero ancora stati appaltati. Per il ministro, prossimo Commissario Ue per la Coesione e le Riforme, era intollerabile il grande ritardo del Pnc e questi dati confermano che è così (in attesa dell’aggiornamento della relazione della Ragioneria generale).
 

La seconda considerazione viene dagli importi totali delle opere messe sotto osservazione: 82,8 miliardi si è detto, e questi stessi progetti ammontavano a 73,8 miliardi nella precedente relazione al 31 agosto 2023. Un aumento di costi a parità di interventi che va attribuito probabilmente all’aumento dei prezzi dei materiali rispetto all’inizio, o anche agli approfondimenti dati dai progetti esecutivi e dalle lavorazioni.
 

Il rapporto, però, rivela anche un’altra verità confrontando questa cifra con “un perimetro di interventi dal costo di 132,726 miliardi al 31 agosto”. Qui pesa la riprogrammazione del Pnrr avvenuta l’8 dicembre 2023, in prima battuta. In seconda battuta gli spostamenti di opere dentro e fuori del perimetro Pnrr, avvenuti non solo con la riprogrammazione ma anche con tanti piccoli e grandi aggiustamenti, dalla prima lista a quelle successive via via che i progetti si sono radicati, completati e aggiornati. Fatto sta che 50 miliardi di opere prioritarie sono uscite dal perimetro Pnrr oppure sono state parzialmente definanziate, in gran parte per trovare altri finanziamenti con risorse nazionali. L’esempio più noto è quello della circonvallazione ferroviaria di Trento. Niente di questo si è fermato (parliamo di “opere strategiche”) ma ha continuato su un’altra rotta, rimpiazzato, a sua volta, nel Pnrr da opere diverse (per una consistente quota con opere che non sono “infrastrutture prioritarie”).
 

Questo è forse il dato più interessante del Rapporto perché, dietro i numeri che potrebbero allarmare, dice in realtà che la grande tela di Penelope che è stato fino a oggi il Pnrr – e altre riprogrammazioni sono in arrivo – ha prodotto un risultato in termini di fattibilità concreta degli interventi. Le risorse sono state spostate “in funzione della capacità realizzativa” e concentrate maggiormente su infrastrutture fattibili. E la capacità realizzativa non è solo spostamento tattico di fondi da un’opera all’altra ma anche velocizzazione vera: i tempi di aggiudicazione sono passati dai 14,3 mesi del 2020 al mese e mezzo di oggi.
 

La considerazione non legittima nessun ottimismo sulla capacità del sistema di rispettare i tempi di conclusione dei lavori. Basta ricordare che una consistente quota di questi lavori in corso lo erano già prima del Pnrr, i cosiddetti progetti in essere, a partire dall’Alta velocità Brescia-Verona e Napoli-Bari. L’ultima considerazione riguarda i ritardi del Sud. La somma degli interventi Pnrr e Pnc porta a una quota di progetti in corso di cantiere che al centronord è dell’88 per cento mentre  al sud è solo del 69 per cento.