Nessuna copertura
L'Italia è fragile, ma continua a sottovalutare i rischi alluvionali senza assicurarsi
La percentuale di imprese con una polizza contro le catastrofi naturali è irrisoria: solo il 5 per cento secondo l'Associazione nazionale delle imprese assicuratrici. Ora il ministro Musumeci pensa di estendere l’obbligo anche alle famiglie. Ma servono paletti e vincoli
Non c’è ancora una conta dei danni precisa di quanto sta succedendo in Emilia-Romagna nelle ultime ore. Gli unici numeri che risuonano sono quelli delle risorse del Pnrr che maggioranza e opposizione si stanno rinfacciando di non aver speso o di aver speso male. Un triste scaricabarile funzionale solo (forse) alla campagna temporale, sulla testa di mille evacuati e due cittadini ancora dispersi sotto i 350 millimetri di pioggia caduti in appena 48 ore. Dimenticando come gran parte dei disagi abbiano origine da una frammentazione normativa che spezzetta il potere in capo a mille teste, "dal ministero dell’Ambiente agli addetti alla difesa del suolo, programmazione e pianificazione, autorità di bacino distrettuale che guida il Piano gestione rischio alluvioni, che va finanziato in modo tale che l’ente regione diventi ente attuatore": una matassa da Azzeccagarbugli che l'allora vicepresidente della regione Emilia Romagna Irene Priolo spiegava con non poca frustrazione alle telecamere di Report l’anno scorso, poco dopo che le alluvioni di maggio avevano causato 17 vittime e danni stimati in 8,5 miliardi di euro. In questo incubo burocratico, spendere soldi per infrastrutture strategiche e salvavita è un rimbalzo di responsabilità e pareri, lentissimo e nefasto.
Di fronte a tutto ciò, tocca ancora una volta al cittadino attrezzarsi per prevenire, o quantomeno attutire, i colpi dei disastri ambientali. Per la serenità del portafogli, e di riflesso anche della propria vita. Dopo le recenti esondazioni in Emilia-Romagna, riaffiora l’idea di estendere (e quindi completare) lo stimolo a una copertura assicurativa anche per tutte le altre categorie non soggette all’obbligo stabilito nell'ultima finanziaria. È così che Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare in occasione dell’High-Level Insurance Conference, organizzata da Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), annuncia un avvio graduale "all'obbligo per le famiglie di sottoscrivere una polizza assicurativa sulla casa contro le catastrofi naturali". Aggiunge poi l’esigenza di un cambio culturale: “La prevenzione non può essere un obbligo solo a carico delle istituzioni: ogni cittadino deve essere consapevole di vivere su un territorio a rischio e deve adottare ogni iniziativa per evitare”.
Un appello a cui ha risposto prontamente Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori. "Suggeriamo ai consumatori, specie se abitano in zone a rischio di calamità naturali, di assicurarsi, ma un obbligo imposto solo ai consumatori rischierebbe di essere l'ennesimo regalo alle compagnie assicurative”. Se di polizza obbligatoria si vuole parlare, dovrebbe essere corredata "da precisi vincoli a carico anche delle compagnie, a tutela dei consumatori, come avviene per l'Rc auto” come ad esempio indicazioni sull'entità della copertura che dovrebbe essere obbligatoriamente offerta e sui tempi di liquidazione. "Serve, quindi, anche più concorrenza nel settore prima di procedere a stabilire un obbligo assicurativo” conclude Dona, "altrimenti si trasformerebbe in una stangata a carico delle famiglie”.
Pur trovandosi fra i paesi maggiormente esposti, l’Italia presenta una delle più elevate differenze tra il livello di rischiosità e quello di copertura assicurativa. A dirlo sono i più recenti dati raccolti da Ania, che nell’edizione 2024 del suo report “allontAniamo i rischi rimAniamo protetti”, sottolinea come a fronte di un 80 per cento di abitazioni civili complessivamente esposte a un livello di rischio medio-alto per rischio sismico o dissesto idrogeologico e quasi il 95 per cento dei comuni italiani a rischio frane, alluvioni e/o erosione costiera, solo il 6 per cento delle unità abitative e il 5 per cento delle aziende ha sottoscritto una copertura assicurativa. Fra le imprese attive, secondo i dati Istat del 2021 oltre 4,5 milioni, vanno peggio le micro imprese (quelle con un massimo di 9 addetti) in cui solo il 4 per cento è assicurato contro le catastrofi. Seguono poi il 19 per cento di quelle piccole, il 72 per cento delle medie e il 97 per cento delle grandi, le più assicurate in assoluto.
Tutto ciò si scontra con la legge di Bilancio 2024, che ha introdotto un obbligo di copertura assicurativa contro le calamità naturali per il settore produttivo, imponendo alle imprese con sede legale in Italia o estere ma con una stabile organizzazione nel nostro paese, di stipulare contratti assicurativi entro il 31 dicembre 2024. Un modo per fornire la copertura di terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali, e garantire una più efficiente e rapida liquidazione dei danni, senza appesantire i bilanci pubblici.
Anche se molte esenzioni ne affievoliscono l'efficacia, fino ad azzopparlo in partenza: dall’obbligo sono escluse le imprese con beni immobili gravati da abuso edilizio o costruiti in assenza delle autorizzazioni previste, così come gli imprenditori agricoli. Questi ultimi, paradossalmente, sono una delle categorie più colpite dalle alluvioni. Basti ricordare i danni in ambito agricolo stimati in un miliardo di euro nel post alluvione dell’Emilia-Romagna dell’anno scorso, o dei quasi 39 milioni calcolati per le imprese agricole tra Pistoia, Prato e tutte le altre province toscane interessate dall’alluvione del novembre 2023.