Ecco cosa vuole fare Musk in Italia

Claudio Cerasa

Su cosa misurare la capacità di Meloni di trasformare in investimenti l’asse con Musk? Tre fronti: gigafactory sulle batterie, collaborazione via Pnrr con Starlink, accordo per andare sulla Luna con SpaceX. Indagine, con notizie

Chiacchiere e distintivo o fatti e attrattività? Si è detto, e lo abbiamo scritto anche qui, che lo scambio di sguardi affettuoso tra Giorgia Meloni ed Elon Musk, catturato dai fotografi a inizio settimana a New York, potrebbe avere un significato extrapolitico, non inerente cioè alla mera e cupa adesione alla piattaforma del trumpismo, in un caso specifico, facilmente monitorabile e facilmente inquadrabile in fondo attraverso una semplice domanda: riuscirà o no il presidente del Consiglio a trasformare quegli sguardi e quell’iniezione di fiducia da parte di uno degli imprenditori più potenti e ricchi del mondo in investimenti sonanti nel nostro paese? Ci siamo posti questa domanda, abbiamo fatto numerose ricerche, abbiamo fatto diverse telefonate e dopo molti tentativi siamo riusciti ad avere alcune risposte.

 

Punto numero uno: ma Elon Musk ha davvero intenzione di investire in Italia? Risposta: sì. Punto numero due: ma è possibile capire quali investimenti Elon Musk vorrebbe fare in Italia? La risposta anche qui è sì, assolutamente sì. Nel caso specifico, gli ambiti su cui misurare la capacità di Giorgia Meloni nel trasformare l’opportunità in un’occasione d’oro per il nostro paese sono tre e sono stati comunicati alla premier a New York, quattro giorni fa. Vale la pena metterli in fila.

 

L’ambito numero uno riguarda Starlink. Starlink, per chi non lo sapesse, è un sistema di satelliti costruito da SpaceX, di proprietà sempre di Musk, che offre la possibilità di accedere a internet, a banda larga, attraverso una connessione satellitare. Quello che si sa è che lo scorso giugno, Telespazio, la joint venture tra Leonardo (67 per cento) e Thales (33 per cento) ha annunciato di aver firmato un accordo per la commercializzazione dei servizi Starlink (oggi i contratti privati sottoscritti con Starlink in Italia sono circa 50 mila, nel resto d’Europa dove opera Starlink sono quattro volte di più).

 

Quello che non si sa è che Starlink, e dunque Musk, ha proposto al governo Meloni di valutare una ridefinizione di alcuni capitoli del Pnrr per assegnare a Starlink il compito di andare a coprire le così dette aree grigie, le zone dell’Italia dove la copertura a banda larga o tramite fibra ottica è parziale o limitata. Il Pnrr ha affidato lavori pari a 3,4 miliardi di euro a Tim e a Open Fiber (scadenza dei lavori il 2026). I vertici di Starlink hanno proposto al governo di usare una parte di quella cifra per far arrivare la connessione ad alta velocità nelle aree grigie nel giro di pochi mesi, senza dover scavare un solo buco nelle strade. A quanto risulta al Foglio, la presidenza del Consiglio ha dato mandato al ministro dello Sviluppo di occuparsi del dossier. Il ministro Adolfo Urso si è detto disponibile a esplorare una collaborazione con Starlink (anche Cdp, azionista di Open Fiber al 60 per cento con Cdp Equity, è stata informata della volontà del governo di  ragionare su questo terreno) per raggiungere le aree grige (una parte, quella più remota, si tratterebbe di un milione di persone), a condizione ovviamente che vi siano investimenti di Musk a lungo termine in Italia per implementare il settore (per farlo, il governo dovrebbe portare a 250 mega la connessione richiesta in queste aree, attualmente è a un giga, e Starlink si occuperebbe di dividere a metà con lo stato il costo dell'infrastruttura e per un periodo di tempo darebbe la possibilità di abilitare Internet a un costo intorno ai 6 euro al mese). Ma gli uffici del ministero e quelli di Palazzo Chigi hanno finora fatto molto per rallentare l’operazione e almeno su questo primo test la collaborazione tra Musk e Meloni non sembra aver portato buoni frutti.

 

Il secondo ambito possibile di triangolazione riguarda il tema delle gigafactory, le fabbriche di auto elettriche del gruppo Tesla. Nel 2022, Tesla ha completato i lavori per una sua gigafactory a Grünheide, in Germania,  35 chilometri a sud-est di Berlino, attualmente l’unica fabbrica Tesla in Europa. A quanto risulta al Foglio, Musk ha fatto sapere a Giorgia Meloni di essere disposto a valutare un investimento simmetrico anche in Italia, non per produrre  auto ma per produrre batterie elettriche. Musk intravede molte opzioni, una di queste è aprire una discussione con Enel per valutare l’apertura di una  gigafactory dedicata alla batterie (un anno fa Enel X ha annunciato di aver  avviato le attività di ricerca e sviluppo per realizzare in Italia il primo grande impianto di riciclo delle batterie al litio per veicoli elettrici, sistemi industriali e sistemi stazionari, ma Enel  non produce batterie elettriche e se dovesse esserci un terreno di convergenza naturale con Musk potrebbe essere nella creazione di un grande data center europeo, in Italia, dedicato all’intelligenza artificiale). Il tema è dunque evidente: riuscirà Meloni, in un momento in cui l’industria dell’automotive del nostro paese soffre terribilmente, a creare anche in Italia una gigafactory di Tesla?

 

Il terzo ambito su cui Musk ha fatto sapere a Meloni di essere disponibile a investire in Italia è l’industria aerospaziale. SpaceX, a oggi, ha circa il 90 per cento del mercato dell’aerospazio, che significa che il 90 per cento della massa trasportata in orbita passa da Musk. Con la sua SpaceX ha annunciato di voler costruire la sua prima base sulla Luna, nel giro di un paio d’anni, e in vista di quell’obiettivo ha lanciato a Meloni una sfida, anche prima dell’incontro a New York: fateci sapere quali sono le aziende che hanno prodotti innovativi nel settore dell’aerospazio e siamo pronti a valutare nuove collaborazioni con l’Italia. Su ambiti di ogni tipo: settore dell’abbigliamento, settore del cibo, settore delle costruzioni, settori legati al perforamento del terreno, settori legati alla componentistica elettronica per lo Spazio. Per poter essere competitivi in questo settore, l’Italia dell’industria aerospaziale dovrebbe però riuscire a fare quello che spesso non le riesce anche nel resto del settore industriale: unire le forze, aggregare, creare piccoli campioni nazionali (il 52,8 per cento delle imprese dell’aerospazio, in Italia, ha un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro, solo l’11 per cento delle imprese ha un fatturato superiore ai 5 milioni). Ci riuscirà? Gli obiettivi ci sono, sono tre e non sono smentibili.

 

Il tema resta sempre lo stesso: gli sguardi di intesa con Musk resteranno interessanti solo per i fotografi o diventeranno invece l’immagine con cui Meloni proverà a dimostrare che il governo che guida è in grado di passare dalla fase delle allegre scorribande all’estero a quello dei concreti investimenti dall’estero? Lo spazio c’è, l’apertura pure: per passare dal governo del tutto chiacchiere e distintivo al governo delle poche chiacchiere e dell’attrattività si può pensare di partire anche da qui.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.