Viaggi lunari
Obiettivo 2026: come lo spazio può diventare un nuovo affare per l'Italia
Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer all’Agenzia spaziale europea spiega che le potenzialità nascoste dell'universo: un estratto della sua intervista rilasciata al podcast "The Space of a journey"
Pubblichiamo l’estratto di un’intervista su cosa vuol dire innovare nel mondo dell’aerospaziale rilasciata da Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer all’Agenzia spaziale europea. L’intervista è stata rilasciata nell’ambito del podcast “The Space of a journey”, iniziativa editoriale a cura di Mundys e Codice Edizioni.
Siamo nel 2035 e la Luna è diventata ormai una destinazione raggiungibile. In fondo ci vogliono solo tre giorni e c’è un gran viavai. È da molto tempo, diciamo una decina d'anni, che c’è movimento sulla Luna, dove in realtà per tanto, tanto tempo non è passato nessuno. Il primo piede che si è poggiato su quella polvere grigia fu quello di Armstrong nel luglio del ’69. Fu raggiunto poco dopo da Aldrin e fecero la prima passeggiata in un mondo alieno. Durò poco più di 2 ore e mezza. Ai tempi, Apollo 11 aveva una probabilità su due di funzionare. Addirittura il modulo con cui scesero sulla Luna, che era comunque manovrato a mano, stava per finire il carburante. Questione di poco e magari non ci sarebbero riusciti. Si correvano rischi sulle vite umane altissimi. Oggi non si accetterebbero più. La mentalità è cambiata e così il contesto. Un lancio oggi ha una probabilità su 300 di non andare a buon fine. Nel 2026 ecco che arrivano i primi astronauti. Una astronauta americana e un astronauta giapponese fanno parte della missione Artemis, la missione della Nasa sviluppata in cooperazione con l'Agenzia spaziale europea e l'Agenzia spaziale canadese. E questa missione, già dal suo nome Artemis, indica una volontà di inclusione: Artemide era la sorella gemella di Apollo. Un modo di dire già chiaramente che si tratta di un'avventura nel nome dell’inclusività e soprattutto in cui nessuno più farà le cose da solo, ma si farà tutto insieme. Con il programma Artemis si vuole costruire una stazione orbitante intorno alla Luna, che diventa un po' il primo avamposto per poi cominciare piano piano a scendere sul suolo, dove cominciare a creare le prime infrastrutture e poi piano piano restarci. La missione Apollo si era concentrata sull'equatore della Luna. Ecco che invece oggi la zona di interesse è il Polo Sud. Il primo paese che è riuscito ad allunare al Polo Sud con un robot è stata l'India, nell'estate del 2023, con la missione Chandrayaan 3.
Una missione straordinaria considerando che oltretutto è costata meno del film “Oppenheimer” che usciva proprio in quei giorni. Perché il Polo Sud? Perché al Polo Sud ci sono delle condizioni ideali per programmare di restarci. Per esempio ci sono dei crateri molto profondi, serbatoi di ghiaccio rimasto incontaminato, completamente protetto dalle radiazioni. Dunque la zona ha un valore non solo scientifico, ma soprattutto in vista della presenza umana, perché l'acqua si può bere, con l'ossigeno e l'idrogeno si può fare il propellente, e l'ossigeno si respira. Il luogo ideale. Un altro motivo è che ci sono delle zone del Polo Sud che restano per periodi lunghissimi, anche fino a 190 giorni, al sole, e questo permette di poter installare, per esempio, dei pannelli solari per l'energia. Questa stazione spaziale intorno alla Luna si chiama Lunar Gateway e si è piano piano riempita di moduli anche europei. Per esempio, gli europei sono campioni nel costruire habitat come la cupola sulla Stazione spaziale internazionale e appunto, anche nel caso del Lunar Gateway. L'Europa fornirà l’I-HAB, che è appunto il luogo dove abiteranno gli astronauti, e poi un modulo per il rifornimento, le telecomunicazioni, l’energia, eccetera. Oltretutto l'Europa si è impegnata anche a costruire il sistema di telecomunicazioni, il primo che non riguardi il nostro pianeta. Le missioni spaziali hanno sempre una grande valenza scientifica, sono un modo per capire di più su noi stessi. Quello scientifico rimane uno dei valori più importanti da perseguire quando si esplora. E quando in qualche modo si mettono in gioco vite umane. Ma è un po’ la novità che ha caratterizzato gli anni del secondo decennio del XXI secolo.
La Luna è entrata a far parte della sfera economica terrestre, un luogo in cui sono coinvolti sempre più attori, sia istituzionali che privati. Gli interessi in gioco sono materiali, per esempio le terre rare da cui dipende molto la nostra economia, ma anche una spinta verso l'innovazione, perché dobbiamo immaginarci nuove strade, un modo diverso di muoversi su una superficie coperta di regolite. La regolite è una sostanza estremamente abrasiva, molto appiccicosa, molto complessa. Per liberarsene è necessaria una riflessione su come non portarsela dentro gli habitat, su come potersi muovere comodamente. Un aspetto molto interessante è l'architettura, perché bisognerà costruire in un mondo che non è quello newtoniano a cui siamo abituati. È un mondo con una gravità diversa, con delle forze diverse, sbalzi di temperatura, eccetera. E soprattutto non sarà possibile portare un mattoncino alla volta dalla terra. Tutto verrà fatto in un'ottica di necessaria sostenibilità. Con la stampante 3D si usa il materiale che si trova lì, con la regolite si producono i mattoni, c'è la luce del sole, la si utilizza. Una sostenibilità con chiaramente grandi ricadute, visto che siamo nel 2035, anche sulla Terra. Uno dei motivi per cui è estremamente interessante vivere in questo mondo è che diventa un laboratorio per molte cose, per esempio l'inclusione e la cooperazione. Queste imprese parlano a tutta l’umanità. Si deve fare in modo che ci si possa identificare con noi che siamo qui. La diversità nella composizione del gruppo di astronauti, sia di genere ma non solo, è davvero un aspetto affascinante. Non è solo una questione di genere, ma anche di razza e di disabilità.
Per esempio, nel 2022 l'Agenzia spaziale europea aveva selezionato il primo astronauta con disabilità, John Follow, un medico chirurgo straordinario, campione paraolimpico, proprio perché potesse cominciare a cooperare nel capire quali sono le condizioni e le situazioni, anche per la sicurezza, per fare in modo che persone che hanno delle disabilità fisiche possano far parte di questa avventura. Grazie al lavoro che ha fatto John McFaul, vediamo infrastrutture fatte per accogliere persone che hanno abilità fisiche diverse. D'altronde nello spazio siamo tutti disabili, non ci siamo evoluti con una gravità che è un sesto della nostra. Non ci siamo evoluti in quel tipo di ambiente dove, in assenza di atmosfera, non si può parlare e non si può ascoltare. Abbiamo bisogno di device, di strumenti per farlo. Ed ecco che la Luna diventa un laboratorio di inclusione sociale straordinario, accompagnato anche dalle tecnologie che servono.