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L'analisi

Il governo chiede a Cdp di partecipare alla privatizzazione di Rai Way, ma ci sono paletti

Mariarosaria Marchesano

Solo Rai Way, no. Rai Way più Ei Towers, le torri che hanno in mano F2i e Mediaset, sì. Cosa c’è dietro la prima partita a poker della nuova Rai di Rossi & co

La nomina del cda della Rai ha avuto come “effetto collaterale” di riaccendere l’attenzione del mercato sul progetto di fusione tra Rai Way ed Ei Towers. Aver assicurato stabilità alla governance dell’azionista di riferimento di Rai Way è, infatti, secondo gli analisti di Equita, un fattore importante per tornare a ragionare sul progetto di aggregazione tra le due società che in Italia controllano le torri di trasmissione del segnale radiotelevisivo e che potrebbe dar vita a un campione nazionale del valore di 2 miliardi. Il progetto è già avviato e vede al lavoro un piccolo esercito di advisor finanziari che proprio in queste settimane sta affrontando aspetti tecnici rilevanti come i rapporti di concambio tra gli azionisti delle due aziende, che hanno business analoghi ma valori diversi nei propri bilanci (da ricordare che Rai Way è quotata in Borsa, il che rende più complesso il processo).
  

Prima dell’estate il Mef ha messo un punto fermo stabilendo che la Rai, che attualmente detiene il 65 per cento di Rai Way, può scendere al 30 per cento (ma non al disotto) purché l’operazione sia “funzionale ad aggregazioni tra soggetti del medesimo settore”. Una mossa che è stata interpretata come un sostanziale via libera al matrimonio della controllata di viale Mazzini con la società Ei Towers, di cui il fondo infrastrutturale F2i possiede il 60 per cento e il gruppo Mfe-Mediaset della famiglia Berlusconi il 40 per cento. In campo, dunque, ci sono soggetti pubblici e privati con visioni divergenti anche se con l’obiettivo comune di mandare in porto il matrimonio. Sulla complessa trattativa aleggia la presenza della Cdp, che il governo ha tentato di coinvolgere sin dal primo momento ma che solo nelle ultime settimane, come risulta al Foglio da fonti qualificate, starebbe considerando concretamente la possibilità di  entrare a far parte di una compagine societaria che metta sotto lo stesso tetto le torri di trasmissione del servizio pubblico con quelle della tv privata. È prematuro ipotizzare a quanto ammonta la quota che la Cassa guidata da Dario Scannapieco potrebbe rilevare nella nuova entità, ma è indubbio che avrebbe la funzione di rafforzare la presenza pubblica in un business che resta di interesse nazionale.
  

La fusione delle torri tv è uno dei dossier che più sta a cuore a Palazzo Chigi perché, se andasse in porto in tempi brevi, risolverebbe due problemi in un solo colpo: far incassare soldi alla Rai, e di conseguenza allo stato che punta sulle privatizzazioni per rimpinguare le casse, e creare un grande gruppo italiano in grado di competere su un mercato che in Europa è diventato molto competitivo con l’arrivo di operatori esteri. Ma la prima questione sembra la più urgente da definire. In seguito alla fusione con Ei Towers, tutti gli azionisti di Rai Way beneficerebbero di un dividendo straordinario, che, secondo le stime degli analisti,  oscilla tra 1,3 e 1,5 euro per azione. La supercedola complessiva non sarebbe inferiore a 400 milioni che in gran parte finirebbe nelle tasche della Rai in quanto azionista di maggioranza. Insomma, anche per questo l’operazione è vista con favore dal governo che vorrebbe stringere i tempi e chiudere per fine anno. Ma non sarà così semplice.
  

Oltre al rompicapo dei concambi azionari, che serve a determinare il peso dei singoli soci nella nuova società, processo che ha come vincolo il fatto che la Rai deve possedere almeno il 30 per cento, ci sono almeno due temi oggetto di valutazioni al tavolo delle parti. Il primo riguarda i debiti delle aziende. Mentre Rai Way ha un indebitamento finanziario netto di 150 milioni su circa 270 milioni di ricavi (come risulta dall’ultima semestrale) quello di Ei Towers arriva a 700 milioni su un perimetro di ricavi simile (280 milioni). Differenza che andrebbe considerata anche alla luce degli investimenti realizzati da Ei Towers in un business infrastrutturale ad alto assorbimento di capitale e potendo contare esclusivamente su canali di finanziamento privati, ma che comunque necessita di un bilanciamento. Il secondo tema è rappresentato dalla governance della futura società. Per quanto non sia in discussione il ruolo della Rai come maggior azionista, si sta ragionando su come garantire una governance neutrale a una società di cui sia Rai sia Mediaset dipendono per avere il segnale di trasmissione. Una sorta di gestione “terza” rispetto agli interessi in campo, che potrebbe valorizzare il ruolo di F2i nell’affare delle torri.