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Scenario

Il governo scommette in una collaborazione con BlackRock anche sui porti

Giorgio Santilli

Obiettivo: la creazione di società nazionali o interregionali per la gestione dei porti aperte ai capitali privati. Gli altri tasselli (compreso il caso di Bagnoli)

La creazione di una o più società nazionali o interregionali per la gestione dei porti, aperta ai capitali privati, che superi la frammentazione attuale del sistema portuale, crei le condizioni per un rilancio dei traffici nel Mediterraneo e preveda anche la realizzazione degli investimenti (soprattutto ferroviari) del retroporto; la cessione di una quota di Fs o più probabilmente di Trenitalia su cui è al lavoro l’ad di Fs Stefano Donnarumma.

Sempre nel ferroviario una partecipazione privata nella logistica, vera Cenerentola del settore in Italia ma con potenzialità sterminate se affidata a grandi operatori; la gestione di alcuni interporti strategici sia sulle direttrici europee che su quelle meridionali; le concessioni autostradali con almeno 50 miliardi di fabbisogno di investimenti nei prossimi dieci anni. Sono questi gli asset e le attività strategiche infrastrutturali e di trasporto che il governo sta studiando di aprire a capitali privati.

Una strategia di messa a fuoco progressiva che il governo sta intensificando per definire un quadro regolatorio e fiscale attraente per gli investitori ma anche per capire che cosa sia effettivamente privatizzabile. L’incontro di lunedì fra Giorgia Meloni e il numero uno di BlackRock, Larry Fink, è solo la punta avanzata di questa strategia che al momento conta su quattro carte, già oggetto di incontri di governo nelle settimane scorse.

La prima è la definizione di un quadro programmatico, che potrebbe anzitutto confluire in un documento strategico, come sono stati in passato gli allegati Infrastrutture al Def, da cui emerga chiaramente la volontà del governo di mettere i capitali privati al centro di una strategia per il dopo 2026 che tutto il mondo delle imprese e dell’economia chiede già a gran voce e che dovrebbe garantire la prosecuzione dello sforzo infrastrutturale del Pnrr in un contesto di riduzione della spesa pubblica in termini reali (come evidenzia anche il Piano strutturale di bilancio approvato la settimana scorsa). Un segnale chiaro al mondo privato, nazionale e internazionale, di un cambiamento di rotta che agli investimenti affianchi uno sforzo gestionale nuovo. Un segnale molto forte di questo lavoro lo ha dato il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che la settimana scorsa nel presentare le linee guida del decreto correttivo del codice degli appalti, ha detto di voler reintrodurre uno strumento di programmazione di lungo periodo degli investimenti del paese, un resuscitato Piano generale dei trasporti che lo stesso Salvini aveva affondato nella prima versione del codice, duramente criticato dal centrosinistra e da una vasta area di imprese, professori, esperti e tecnici dei trasporti.

Gli altri tre tasselli del mosaico sono provvedimenti cui il governo già sta lavorando. Il primo è la riforma delle concessioni autostradali, inserita all’interno del disegno di legge sulla concorrenza già all’esame del Parlamento, che, dopo un iniziale scontro fra Mit e Autorità dei trasporti, ha visto confermare il modello di regolazione in corso, capace, più delle alternative, di garantire rendimenti certi ai capitali investiti.

Il secondo tassello è la riforma dei porti, cui stanno lavorando da alcuni mesi Salvini e soprattutto il suo vice, Edoardo Rixi, con l’obiettivo di creare una o più società capaci di superare la frammentazione e il localismo dell’attuale sistema portuale che neanche la riforma del 2016 è riuscito a scalfire. Dovrebbe andare a una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri (il governo, nei dialoghi con Fink, considera cruciale il tema dei porti, anche perché, si ragiona, non serve essere una piattaforma nel Mediterraneo se non investi sulla logistica e non potenzi i porti, e a quanto si apprende con BlackRock si potrebbe aprire anche un terreno di collaborazione in Campania, a Bagnoli, eterno sogno di tutti i governi).

L’ultimo tassello di questa azione a tenaglia è la riforma del partenariato pubblico-privato che diventerà un vanto di questo governo, unico capitolo davvero importante della riforma degli appalti in arrivo entro ottobre. Anche di questa Salvini ha parlato spiegando che, in piena sintonia con l’Unione europea, si darà vita a un quadro di regole che favorisca il coinvolgimento dei capitali privati come strategia fondamentale del dopo 2026. Ci sono alcuni aspetti delicati da risolvere, come l’assegnazione di diritti di prelazione che a Bruxelles non vanno mai giù perché limitativi della concorrenza, ma anche questo lavoro entro ottobre dovrebbe essere completato.

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