Foto Ansa

Nuovi orizzonti

Prima Musk, poi Blackrock: gli incontri di Meloni per innovare senza retorica

Carlo Alberto Carnevale Maffè

I colloqui della presidente del Consiglio con il fondatore di Tesla e con il ceo del fondo americano possono davvero aiutare l’Italia ad attrarre investimenti? Una pista c'è: data center, intelligenza artificiale e investimenti per il sud. Numeri e idee

Ieri avvoltoi, oggi partner indispensabili per gli investimenti. Il governo è a corto di risorse finanziarie e, ahimè, anche di idee, visto che il piano strutturale di bilancio dedica alla competitività del paese non più di mezza pagina di generiche promesse. E allora i grandi fondi d’investimento come Blackrock, fino a due anni fa bersagli del populismo urlato, diventano oggi controparti fondamentali sul fronte delle infrastrutture digitali, fattore fondamentale per la crescita della produttività. È proprio questo uno dei temi chiave dei recenti colloqui tra il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, e BlackRock, il più grande attore mondiale dell’asset management. Dall’incontro con il Ceo Larry Fink trapela la necessità cruciale per l’Italia di attrarre investimenti privati esteri, che sono tuttora tra i più bassi d’Europa, in particolare di una rete di infrastrutture di calcolo e data center all’altezza delle sfide imposte dall’intelligenza artificiale.
 

Gli Stati Uniti attualmente dominano il panorama mondiale delle infrastrutture di calcolo, con quasi 6.000 data center di classe avanzata. L’Europa non arriva al 16% della capacità di calcolo complessiva per le piattaforme cloud, e l’Italia è tra gli ultimi paesi del continente, con poco più di 150 data center moderni. Oltre alla necessità di interconnessione con le reti di trasmissione dati internazionali e di rispetto dei rigorosi criteri di impatto ambientale, un ulteriore aspetto cruciale per lo sviluppo di data center dedicati all’AI è il loro elevato fabbisogno energetico. Rispetto ai data center tradizionali, un singolo “rack” di server progettati per supportare l’AI consuma fino a 10 volte più energia, con necessità di fonti energetiche stabili e continue. Con il costo per l’energia elettrica più alto d’Europa, l’Italia non può attualmente ambire a ospitare data center particolarmente energivori a condizioni competitive. Inoltre, la produzione intermittente di fonti energetiche come solare o eolico non garantisce una fornitura costante, rendendo indispensabile il ricorso a fonti più affidabili e programmabili, come il nucleare.
 

Non sorprende, quindi, che 14 grandi banche d’affari internazionali abbiano recentemente annunciato il loro interesse a investire in nuove centrali nucleari, con l’obiettivo di triplicarne le capacità di produzione di energia da qui al 2050, nell’ambito degli obblighi previsti dagli accordi Cop 28. Secondo un recente rapporto di Goldman Sachs, la domanda energetica globale dei data center è destinata a crescere del 160% entro il 2030, trainata in gran parte dall’espansione delle applicazioni di AI. In questo contesto, il Sud Italia potrebbe rappresentare un’opportunità strategica per lo sviluppo di nuovi data center dedicati all’AI, vista la presenza di cavi sottomarini di connessione internazionale in luoghi come Bari, Palermo e Catania. Il Mezzogiorno ha il potenziale per attrarre investimenti in infrastrutture di calcolo, a condizione che vengano risolte alcune criticità. La linea è quella suggerita ad aprile anche dal governatore di Bankitalia Fabio Panetta, che in un discorso pronunciato a Roma Tre durante il conferimento della laurea honoris causa, ha ricordato come sia “necessario espandere gli investimenti pubblici e privati nelle tecnologie avanzate, portandoli ai livelli dei paesi più attivi e valorizzando i centri europei all’avanguardia in comparti quali l’intelligenza artificiale, la robotica, le infrastrutture digitali e di comunicazione, l’esplorazione spaziale e le biotecnologie”. In questo senso, la disponibilità di energia stabile, la connettività di rete avanzata e la presenza di personale qualificato saranno fattori determinanti per il successo di questi progetti. Lo sviluppo di un settore AI richiede competenze specializzate in settori come l’informatica, l’ingegneria e la gestione dei dati. Oltre all’hardware, sarà quindi essenziale che il governo decida di investire in programmi di formazione e istruzione che possano preparare una nuova generazione di professionisti pronti a gestire le tecnologie del futuro.
 

La buona notizia è quindi che finalmente sembra si voglia passare da organizzare convegni su etica e regole a discutere accordi finanziari di investimento in infrastrutture strategiche come quelle per le nuove piattaforme di calcolo avanzato. E, passata la stagione del sovranismo sbandierato, gli ex avvoltoi della finanza internazionale smettono di essere considerati avvoltoi e diventano rondini che forse da sole non fanno primavera, ma almeno portano in Italia il ramoscello del disgelo finanziario e strategico.