Il caso
La convinzione di Urso: Draghi mi copia
Il ministero delle Imprese sostiene, in una consultazione interna del governo, che nel Rapporto sul futuro della competitività europea dell’ex premier ci sono le sue idee già scritte nel Libro verde del Mimit. Che però non è stato pubblicato
Adolfo Urso è convinto che, per il Rapporto sulla competitività europea, Mario Draghi abbia copiato da lui. O meglio, da un libro del ministero delle Imprese che non è stato ancora pubblicato. Il ministro lo aveva già sottolineato pubblicamente parlando del settore automotive: “Come ha già detto Draghi e come ho già detto io…”. Ma ora questa versione che rivendica la primogenitura sulla strategia della politica industriale è stata messa anche nero su bianco.
Da qualche settimana, dopo la pubblicazione del report affidato all’ex presidente della Bce da Ursula von der Leyen, il dipartimento Affari europei – su indicazione del ministro Raffaele Fitto – ha avviato un coordinamento con gli altri ministeri per definire una posizione del governo italiano sul Rapporto Draghi. Si tratta di un metodo collaudato. Negli ultimi due anni di governo, questo approccio è stato già utilizzato dal dipartimento per gli Affari europei per diversi dossier europei, che attraversano le competenze di più amministrazioni. Lo scopo di questo metodo è fare in modo che i diversi ministeri, nelle varie riunioni europee, non si presentino in ordine sparso e con agende contraddittorie. L’obiettivo, insomma, è che l’Italia parli a Bruxelles con una sola voce, esprimendo un messaggio coerente, in modo da essere più credibile e rafforzare la sua posizione negoziale.
Lo stesso metodo, ad esempio, era stato utilizzato per commentare il Rapporto Letta sul futuro del mercato unico, con un esito ritenuto positivo. Pertanto è stato replicato per il Draghi report. Così il 18 settembre, pochi giorni dopo la presentazione del Rapporto, si è svolta una riunione del “Comitato tecnico di valutazione” del Dipartimento, il braccio tecnico per il coordinamento con le altre amministrazioni. Il lavoro è proseguito nei giorni successivi e dovrebbe concludersi a breve.
Date le molte materie toccate nelle 400 pagine del Rapporto Draghi, i ministeri coinvolti sono tanti: Economia, Ambiente, Università, Esteri, Difesa, Trasporti, Lavoro, Agricoltura, Interno, Giustizia, Imprese e i dipartimenti della Presidenza del Consiglio. Al termine di questa fase tecnica vi sarà poi un passaggio a livello politico, che coinvolgerà la premier Giorgia Meloni, per arrivare a una posizione completa e definitiva. Allo stadio attuale, i commenti sono positivi, nel senso che almeno sulle linee generali si registra un sostanziale apprezzamento del Rapporto Draghi, anche se poi ci sono dettagli tecnici da approfondire. Nella fase ascendente di questa elaborazione, però, c’è chi ci ha tenuto a rimarcare se non il copyright quantomeno la paternità di certe intuizioni. Urso lo aveva già evidenziato in qualche dichiarazione: quello che dice Draghi, lui lo aveva già detto prima.
Il concetto viene ribadito tra le righe dei commenti che il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha fatto sul rapporto Draghi. Nelle considerazioni generali, si riconosce a Draghi di aver fatto un’analisi “coraggiosa e controcorrente” dei principali problemi alla base della minore competitività europea rispetto agli altri blocchi economici, come Stati Uniti e Cina. Pertanto, secondo il ministero, il rapporto “è sostanzialmente condivisibile e in linea con il Libro verde Made in Italy 2030, di cui anticipa alcuni contenuti”.
In pratica ciò che Draghi ha scritto, era già stato pensato da Urso. Avrà avuto tra le mani una bozza trafugata dal ministero? L’ex presidente della Bce lo ha solo battuto sul tempo, pubblicando il suo rapporto prima di quello del Mimit e facendo spoiler. Il nome del ministro Urso, tra l’altro, non compare neppure nelle sette pagine fitte fitte di ringraziamenti di Draghi alle centinaia di economisti, aziende, organizzazioni, università e istituzioni coinvolti per la realizzazione del report. Non è stato consultato.
Ma la convinzione che la versione originale della visione strategica sia quella di Urso è talmente radicata che viene ribadita dal Mimit una seconda volta: “La richiesta di un ritorno forte di politica industriale che emerge dal Rapporto (Draghi) è la stessa che caratterizza l’approccio del Mimit e l’azione del ministro Urso, inclusa nel Rapporto Made in Italy 2030 sulla nuova politica industriale che sarà lanciato la prossima settimana”. Il problema, però, è proprio questo. Il Libro verde è un documento che dovrebbe indicare la politica industriale dei prossimi 5 anni, attivando una consultazione pubblica con gli stakeholder. Ma questo benedetto libro, che è stato concluso a giugno, non è stato ancora pubblicato. Ci sono dei problemi. Urso aveva annunciato l’uscita a settembre, ma è stata rinviata a ottobre. E così è uscito prima il rapporto Draghi.
La delusione del Mimit è pertanto comprensibile, ma se è difficile far credere in generale che Draghi abbia copiato da Urso, lo è a maggior ragione se il Libro verde di Urso è in un cassetto mentre il report di Draghi è da settimane sui giornali di tutto il mondo. Sarà naturale pensare che sia stato Urso a copiare. L’unica via d’uscita sarà dire che le grandi menti arrivano alle stesse conclusioni autonomamente, come Meucci e Bell per il telefono. Che senso ha stabilire quale genio dei due l’ha inventato per primo?