La lettera
Le riforme a costo zero che possono aiutare l'Italia a crescere
Il Piano strutturale di bilancio, nuovo strumento di programmazione nelle mani dell'esecutivo, offre la possibilità di programmare obiettivi concreti volti a rafforzare la crescita: una scommessa per tutti, da affrontare passo dopo passo. Ci scrive il sottosegretario per l’Economia e le Finanze
Al direttore - Caro direttore, la recente approvazione del Piano strutturale di bilancio di medio termine rappresenta un momento di rottura nel processo di definizione ed attuazione della politica economica così come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. E’ giunto il momento di cambiare passo. Di agire seguendo un nuovo paradigma. E’ vero: per tante, troppe volte, questo impegno è risultato aleatorio o comunque non adeguato alle sfide del momento. Il Piano ci offre però una nuova possibilità, ancora più ambiziosa rispetto alle precedenti. La sua natura programmatica e la sua cogenza rispetto agli impegni futuri ci permettono di tenerci ben a distanza dai proclami assolutisti che alla dimensione pragmatica antepongono titoli illusori. Il Piano è insomma, per contenuto e metodo, un’opportunità unica. A maggior ragione, dunque, credo sia fondamentale uno sforzo di chiarezza e di analisi supplementare, utile a chiarire alcuni aspetti essenziali.
Un primo carattere inedito del Piano è costituito proprio dalla consapevolezza della portata dell’impegno. L’intersezione dei due insiemi che ne caratterizzano la struttura – la disciplina di bilancio da una parte, le riforme e gli investimenti dall’altra – attesta la volontà di rafforzare tutte le dimensioni della crescita, operando con una visione univoca che non favorisce uno dei due fattori a discapito dell’altro. È arrivato il momento di abbandonare la matita rossa e blu che per troppo tempo ha guidato il disegno della politica economica. Un nuovo e decisamente più opportuno tratto di penna è quello capace di coniugare l’impegno sui conti pubblici con la spinta che può arrivare da riforme ed investimenti che esulano dalla dimensione della contingenza.
Il Piano dà forma a questo cambio di passo. Lo fa distribuendo l’aggiustamento della finanza pubblica su un arco temporale di sette anni che parallelamente si alimenta di un’azione riformatrice continua e trasversale. La vera scommessa per tutti noi è dunque nella capacità di mantenere i vasi comunicanti in equilibrio. La definizione delle azioni risulta pertanto determinante. La possibilità di calibrare l’impegno sul medio periodo viene raccolta con la definizione di obiettivi programmatici che hanno un primo elemento di solidità nella impossibilità, definita a livello europeo, quindi valida per tutti i Paesi, di essere modificati in corso d’opera, al netto di poche e ben definite eccezioni. A una prima lettura, questa configurazione può apparire limitante ed eccessivamente rigorosa, ma un’analisi più attenta del contenuto di tali obiettivi mette in evidenza, al contrario, il punto di forza di questa impostazione: la stabilità. Vale per la tenuta dei conti pubblici quanto per le riforme. Solo una programmazione stabile è in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi definiti a monte. Procedere per strappi sarebbe sbagliato: il danno sul medio periodo sarebbe decisamente più evidente rispetto al vantaggio, vacuo, che offrono soluzioni estemporanee e tra l’altro non prive di effetti collaterali immediati.
Garantire una giusta gradualità alla programmazione è, al contrario, necessario e doveroso: un percorso “step by step” permette non solo di misurare l’avanzamento dell’impegno, ma anche di gestire in modo più adeguato gli shock.
E’ dal combinato disposto di questi due elementi – stabilità e gradualità – che il Piano strutturale di bilancio acquisisce la sua caratterizzazione più importante. Prima di calarsi in questa dimensione è però necessario evidenziare un terzo fattore, altrettanto importante, che fa da cornice ai primi due: il monitoraggio e la valutazione della spesa pubblica.
Un passaggio del Piano è, in tal senso, eloquente: “La disponibilità di informazioni accurate e tempestive consente infatti di migliorare i processi di attuazione dell’intervento pubblico e di intervenire tempestivamente in caso di scostamento della spesa dal sentiero programmato”. La vicenda del Superbonus insegna. Un monitoraggio attento e tempestivo garantirà il rispetto della traiettoria della spesa primaria netta, l’indicatore univoco sottoposto alla sorveglianza della Commissione europea. Ma è anche, se non soprattutto, una decisa assunzione di responsabilità a tutela del futuro del Paese. L’impegno si farà ancora più forte e concreto attraverso il potenziamento delle attività svolte dalla Ragioneria generale dello Stato e per il tramite del ruolo che il ministero dell’Economia e delle Finanze, in raccordo con il Parlamento, eserciterà per adeguare la normativa contabile nazionale alla nuova governance europea. Non si procederà, come recita un altro passaggio del Piano, con “un mero adattamento ai contenuti del pacchetto legislativo approvato”: l’adeguamento della normativa nazionale farà proprio il nuovo approccio sui conti. E lo farà proprio per queste ragioni, che si configurano come opportunità e non come un obbligo.
Un’impostazione che varrà anche per le riforme. La stabilità dell’impegno sarà garantita dalle iniziative aggiuntive che l’Italia assumerà in perfetta continuità con il Pnrr. L’orizzonte temporale di medio termine aumenterà il respiro, e quindi gli effetti, di un’azione già in fieri.
Questa dimensione acquisisce ancora più senso e forza perché non si esaurisce nella possibilità di avere più tempo a disposizione. E’ il contenuto a fare la differenza. Incentivare l’adempimento collaborativo in ambito fiscale, innestare nuove azioni per accelerare la digitalizzazione dei processi, potenziare e supportare il mercato dei capitali sono azioni che rispondono a misure puntuali e progressive. Come progressivo sarà l’impatto che queste riforme avranno sul Pil. D’altronde è illusorio credere che esistano riforme capaci di generare crescita in modalità istantanea: non sarebbero riforme, sicuramente non quelle giuste per un Paese che deve puntare a una crescita robusta e duratura. Serve tempo. Il tempo giusto.
Federico Freni, Sottosegretario per l’Economia e le Finanze