il colloquio
"Bce troppo timida, poteva fare di più". Parla Monacelli (Bocconi)
"Ha cominciato tardi la stretta monetaria e adesso si ostina a mantenere condizioni del credito restrittive che rischiano di peggiorare la situazione del settore manifatturiero”, dice l'economista dopo la decisione della Banca centrale europea di tagliare i tassi dello 0,25 per cento
“La Bce continua a essere troppo timida, dovrebbe fare di più considerando che l’inflazione è scesa sotto il 2 per cento e che l’economia europea sta rallentando. Ha cominciato tardi la stretta monetaria e adesso si ostina a mantenere condizioni del credito restrittive che rischiano di peggiorare la situazione del settore manifatturiero”. Tommaso Monacelli, economista dell’Università Bocconi, commenta così la decisione della Banca centrale guidata da Christine Lagarde di tagliare i tassi dello 0,25 per cento portando il tasso ufficiale di deposito al 3,25 per cento.
Monacelli, che pure stato tra coloro che per primi e più hanno invocato la necessità di combattere l’inflazione attraverso l’inasprimento della politica monetaria quando in tanti, anche nel governo italiano, avrebbero preferito che la Bce continuasse a mantenere condizioni espansive, si dice ora perplesso di fronte alla comunicazione di Lagarde. Eppure, ha ridotto i tassi per la terza volta quest’anno e, probabilmente, li ridurrà ancora nella prossima riunione di dicembre. Perché non basta? “Capisco la cautela della Fed che in America si ritrova di fronte a un’economia che cresce e a un’inflazione che stenta a scendere, ma in Europa le cose stanno all’opposto e la Bce nella riunione di ieri avrebbe dovuto orientare le aspettative verso una discesa dei tassi nel lungo periodo e invece non l’ha fatto”. Lagarde in conferenza stampa, rispondendo a una domanda, ha detto che il taglio dello 0,50 non è mai stato sul tavolo e che sullo 0,25 il consiglio dei banchieri centrali ha deciso all’unanimità. Prevale nell’Eurotower un approccio cauto perché, ha spiegato la presidente della Bce, sono previsti nuovi aumenti dei prezzi prima di convergere verso il target del 2 per cento. Quindi, da qui a Natale tutto dipenderà dai dati. “Non sarebbe stato tanto necessario un taglio più robusto, quanto comunicare con maggiore vigore che la curva dei tassi continuerà a scendere anche in futuro perché è esattamente ciò di cui hanno bisogno operatori economici e famiglie per basare le proprie scelte”, commenta Monacelli.
Dal canto suo, la Bce sembra rivendicare un preciso ruolo di stabilità dei prezzi dell’Eurozona sminuendo quasi quello di stimolo dell’economia che spesso ricorda dovrebbe essere compito delle politiche fiscali dei singoli stati. “Eppure, da sempre sono i tassi che decidono come andrà l’economia. Poi, è vero che i paesi devono fare la propria parte, ma noi in Europa abbiamo una situazione molto diversificata: Francia e Italia devono mettere in atto una correzione del deficit pubblico richiesta dal nuovo Patto di stabilità, mentre la Germania avrebbe bisogno di un grande piano di espansione fiscale che, però, sembra non avere alcuna intenzione di attuare. Il paese, pur avendo ampi margini per agire in questo senso, preferisce vedere deprimere la sua industria e chiudere le sue fabbriche. Questo tipo di politica sta diventando una zavorra per l’economia tedesca e anche per quella europea”. Vuole dire che il rigore tedesco sta diventando un peso per l’Europa? “Non c’è dubbio”, afferma Monacelli secondo il quale sarebbe necessario un coordinamento delle politiche fiscali, anche per cogliere al meglio i benefici dell’espansione monetaria e invece ogni paese fa per sé.
A ogni modo, nel 2025, a meno di fiammate inflazionistiche o di nuovi choc, stime di mercato prevedono che i tassi continueranno a scendere fino ad arrivare al 2-2,5 per cento già prima della prossima estate. Secondo lei, crolleranno i profitti delle banche? “La discussione a cui ho assistito in occasione della manovra economica è veramente semplicistica. Il rapporto tra banche e tassi d’interesse è molto più complesso, a periodi di tassi elevati possono corrispondere più utili ma anche maggiore deterioramento di alcuni asset di bilancio, com’è accaduto alle banche californiane proprio mentre la Fed alzava il costo del denaro. In Europa, per fortuna, non è accaduto. Ma non si può escludere che una riduzione dei tassi di interesse produca anche alcuni effetti positivi sul sistema del credito”.