Giancarlo Giorgetti (Foto LaPresse)

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Le nuove tasse in manovra abbassano lo spread, ma il governo non lo ammette

Lorenzo Borga

Nella legge di Bilancio aumentano le entrate fiscali, non i tagli. Ma nonostante la prudenza della manovra e l'apprezzamento degli investitori, il governo evita di ammettere che l'aumento delle tasse serve a finanziare le sue politiche sociali.

La legge di Bilancio può essere finanziata in tre modi. Tagliando le uscite del bilancio pubblico, aumentando le entrate, o prendendo a prestito soldi dagli investitori. La manovra 2025 non fa eccezione. Nell’intervista a Bloomberg di un mese fa da cui nacque il caso politico dei “sacrifici”, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva assicurato che “nella legge di Bilancio prevalentemente taglieremo spese”, per poi aprire a un “concorso per quanto riguarda le entrate” che sarebbe dovuto essere marginale.

Ebbene, così non è stato. Almeno questo è quanto scritto nel testo della proposta di legge di Bilancio depositato alla Camera dei deputati. E soprattutto nel Documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione europea. Analizzando le tabelle, si scopre infatti che la prima voce di finanziamento della manovra sono niente meno che 12,6 miliardi di entrate fiscali aggiuntive. Seguono poi 9 miliardi di deficit – vale a dire soldi presi a prestito – resi possibili non da un peggioramento dei saldi (impossibile con il nuovo Patto di Stabilità) ma dal miglioramento dei conti pubblici grazie all’andamento delle entrate tributarie. E infine ci sono i 6 miliardi e mezzo di tagli alla spesa pubblica, in particolare quella dei ministeri. Non è vero dunque che la maggior parte delle risorse arriva dalla riduzione delle uscite per il bilancio dello stato.

Certo, non tutti gli aumenti delle entrate sono uguali. Più di un paio di miliardi arrivano dal miglioramento degli adempimenti spontanei dei contribuenti registrati nel 2021, grazie ai pagamenti inviati dai cittadini a cui erano state segnalate anomalie contenute nelle dichiarazioni fiscali. Una prevenzione messa in campo dall’Agenzia delle entrate prima di inviare le cartelle esattoriali. Ci sono poi i circa 4 miliardi di anticipo delle tasse chiesto a banche e assicurazioni. Che si tratti delle imposte differite anticipate dagli istituti di credito o delle imposte di bollo sulle polizze vita pagate prima del previsto dalle assicurazioni, l’aggravio verr° restituito solo nei prossimi anni. Garantendo liquidità a tasso zero al bilancio dello stato. E infine ci sono le nuove imposte che non verranno mai restituite. Come l’agevolazione Ace per le imprese abolita già dalla manovra 2024 per finanziare il taglio delle aliquote Irpef. O la digital tax allargata a tutte le imprese che offrono servizi digitali, o ancora l’incremento dell’imposta sulle plusvalenze delle criptovalute.

Ma le nuove tasse non toccheranno solo alle aziende. Con i limiti alle spese detraibili diventerà quasi impossibile usufruire di bonus edilizi e altri sconti fiscali per chi guadagna più di 75 mila euro e ha meno di due figli. Valutazione politica del tutto legittima: chi guadagna quasi 3.500 euro netti al mese la casa la può ristrutturare anche senza il supporto dello stato. Ma l’aggravio sui contribuenti è innegabile. Anche se il governo questa responsabilità politica non pare volersela prendere.

Non stupisce dunque che la pressione fiscale prevista l’anno prossimo rimanga ferma al 42,3 per cento, tanto quanto il 2024 e circa mezzo punto sopra l’inizio della legislatura. Nonostante la conferma del taglio del cuneo fiscale, anzi ampliato a 1,3 milioni di contribuenti.

La manovra di bilancio ha un’impostazione prudente e seria. Molti provvedimenti sono condivisi dalla stessa opposizione. Gli investitori hanno premiato l’azione del governo, con una riduzione dello spread e il miglioramento degli outlook delle agenzie di rating. Finalmente la politica italiana ha rotto il tabù dei pasti gratis: con il “dovere morale” di ridurre il deficit (Giorgetti dixit) e le regole europee, il finanziamento a debito di tagli delle tasse non è più praticabile. L’aumento delle entrate fiscali è dunque uno strumento legittimo per finanziare il taglio delle tasse sul ceto medio-basso. Ma la maggioranza di governo, eletta con una piattaforma politica che prevedeva l’allargamento della flat tax e le pensioni minime a 1.000 euro, questo non può ammetterlo.

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