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Conti europei

La strategia della prudenza della Bce è diventata un guaio per i mercati

Lorenzo Bini Smaghi

Se l’economia europea rallenterà ulteriormente, non sarà più sufficiente accontentarsi di ridurre la restrizione monetaria, ma si dovrà a un certo punto passare a una politica espansiva, per far ripartire l’attività economica

I mercati finanziari si pongono attualmente due domande sulla politica monetaria europea. La prima riguarda la velocità con la quale la BCE potrà ridurre i tassi d’interesse nei prossimi mesi, dopo i tre tagli di 25 punti base ciascuno effettuati sin dall’inizio dell’estate. La seconda domanda concerne il livello al quale si attesteranno i tassi d’interesse quando finirà la fase di allentamento. Le questioni sono strettamente collegate. In effetti, più lentamente la BCE ridurrà i tassi d’interesse nei prossimi mesi e più bassi saranno i tassi d’interesse al termine del processo. Per capire questo nesso bisogna risalire al momento in cui la BCE avviò la stretta monetaria, all’inizio dell’estate 2022, quando decise di aumentare il tasso sui depositi delle banche da -0,5% a zero. Col senno di poi, non c’è dubbio che quella decisione fu presa con un ritardo di alcuni mesi. In gergo tecnico, la BCE era “behind the curve”.

 

Lo ha ammesso anche Christine Lagarde in una intervista a Le Monde del 28 ottobre scorso. Il motivo non fu tanto la sottostima dell’inflazione dopo lo scoppio della guerra in Ucraina – lo stesso errore commesso, peraltro, dagli altri principali organismi di previsione, come il Fmi, l’Ocse o la Commissione europea – quanto la scelta di non interrompere la politica di acquisti di titoli prima di quanto precedentemente annunciato. Rispettare a tutti i costi i propri annunci, anche se il contesto economico era cambiato nel frattempo, non si è rivelato saggio. La BCE dovette poi recuperare il tempo perduto, imprimendo una forte accelerazione della stretta monetaria, con ben 10 rialzi dei tassi – fino al 4% – in 14 mesi.

 

Nemmeno la Bundesbank aveva mai impresso una tale stretta, prima dell’unione monetaria. Una volta fermata l’inflazione e avviata la fase di discesa, nel corso del 2023, la BCE si è trovata di fronte a un nuovo dilemma: ridurre rapidamente i tassi d’interesse, in linea con il rientro dell’inflazione, oppure aspettare che l’inflazione tornasse su livelli prossimi all’obiettivo del 2% prima di allentare gradualmente le condizioni monetaria. Entrambe gli scenari comportavano dei rischi, date le incertezze macroeconomiche e geopolitiche sottostanti. Nel primo caso, un allentamento prematuro delle condizioni monetarie rischiava di far ripartire l’inflazione e richiedere successivamente un nuovo aumento dei tassi. Sottostimare un’altra volta l’inflazione, dopo quanto avvenuto appena un anno prima, sarebbe stato deleterio per la credibilità della BCE. 

 

Ciò ha spinto la banca centrale a optare per il secondo scenario, con una riduzione ritardata dei tassi, avviata solo a giugno di quest’anno, quando l’inflazione era già prossima al 2%. Questa scelta ha prolungato la restrizione monetaria, per assicurarsi che i prezzi rallentassero effettivamente, ma ha anche impresso un effetto depressivo sull’attività economica. L’inflazione è ora prevista stabilizzarsi al 2% entro i prossimi mesi, ma la crescita è stata rivista al ribasso. Per l’area dell’euro i rischi di rallentamento economico sono ora maggiori di quelli di senso opposto. Le politiche di risanamento di bilancio coerenti con il nuovo Patto di stabilità e le decisioni protezionistiche della nuova Amministrazione Trump potrebbero ulteriormente indebolire la congiuntura.

 

In questo contesto, persistere con la strategia della prudenza nella riduzione dei tassi d’interesse e mantenere una impostazione restrittiva della politica monetaria, come è stato sostenuto nell’ultima conferenza stampa della Presidente della BCE, rischia di accentuare gli effetti negativi sull’attività economica. Se l’economia europea rallenta ulteriormente, non sarà più sufficiente accontentarsi di ridurre la restrizione monetaria ma si dovrà a un certo punto passare a una politica espansiva, per far ripartire l’attività economica. I tassi d’interesse potrebbero dover scendere al di sotto del loro livello di lungo periodo. 

 

Questo è il motivo per cui i mercati finanziari hanno recentemente rivisto al ribasso le loro aspettative sul livello dei tassi d’interesse europei, prevedendo una accelerazione dei tagli decisi dalla BCE nei prossimi mesi, con una discesa del tasso ufficiale al 2% nella prima metà del 2026, prima di un lieve rialzo nel 2027. E’ probabilmente venuto il momento per la BCE di ricominciare a basare le proprie decisioni non sui dati pubblicati mese dopo mese, che riflettono l’evoluzione passata, bensì sulle prospettive d’inflazione a venire. L’errore di aver sottostimato l’inflazione tre anni fa non si farà dimenticare con un errore sistematico di senso opposto.

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