i numeri
Tutti i guai del Pnrr: 98.033 lavori bloccati
A diciotto mesi dalla scadenza prevista del Pnrr, le procedure avviate e non completate sono il 60 per cento e gli appalti avviati nel 2024 sono appena il 5 per cento. I numeri inediti dell’Anac
Il candidato italiano alla vicepresidenza della commissione Ue, Raffaele Fitto, terrà oggi l’audizione/esame all’Europarlamento nel tentativo di ottenere subito il via libera dalla maggioranza qualificata di due terzi, ma intanto il Pnrr che ha lasciato in Italia – e che la premier Giorgia Meloni non ha ancora riattribuito in seno al governo in termini di deleghe – si muove fra difficoltà crescenti. Ne arriva conferma dai dati dell’Anac – che il Foglio è in grado di anticipare – sulle gare e sulle procedure di appalto relative a investimenti Pnrr svolte fra il 2023 e il 2024 e non ancora assegnate: le procedure non ancora completate sono oltre il 60 per cento di tutte quelle Pnrr avviate negli ultimi due anni (98.033 su 162.480) mentre la quota degli importi economici degli appalti non ancora affidati è il 45 per cento del totale avviato (35,5 miliardi su 79,2). Questo significa che una fetta molto ampia dei cantieri e dei contratti di fornitura previsti dal Pnrr non sono ancora neanche partiti, a diciotto mesi dalla scadenza prevista per completarli. Una situazione praticamente irrecuperabile senza una proroga della scadenza di giugno 2026.
Questi dati meritano subito alcune precisazioni che fa la stessa Autorità nazionale anticorruzione guidata da Giuseppe Busìa. La prima è che da questo perimetro sono esclusi gli affidamenti diretti senza gara che, quindi, per definizione sono già aggiudicati. Se, per avere uno scenario completo degli appalti Pnrr, si comprendessero nel calcolo anche questi numeri (che però hanno importi molto bassi), la quota di opere non ancora affidate scenderebbe. Escluse dal conteggio Anac anche le procedure andate deserte o che comunque non hanno avuto alcun esito dopo essere state bandite: anche questo è un dato significativo perché conferma l’esistenza di un polverone – non sappiamo quanto grande – di progetti Pnrr o ex-Pnrr che non si è mai posato a terra. La seconda precisazione dell’Anac riguarda una distinzione fra i due anni presi in esame: “Dai dati – scrive Anac – risulta che per gli appalti avviati nel 2023 è arrivato all’affidamento il 74% del valore appaltato mentre quelli avviati nel 2024 sono solo il 5 per cento”. Dato quest’ultimo piuttosto scontato come tendenza (in quanto ci sono anche le procedure avviate molto di recente), ma piuttosto grave nella misura. Non solo perché il tempo passa e il giugno 2026 comunque si avvicina, gare o non gare, appalti o non appalti, ma anche perché dentro queste gare ci sono tutti i nuovi progetti inseriti nel Pnrr con l’ardita manovra di revisione generale approvata dall’Unione europea l’8 dicembre 2023.
Non era difficile immaginare che, con le difficoltà tipicamente italiane, quella macchina degli appalti bloccata dal governo mentre era in piena corsa e poi riavviata, non sarebbe ripartita certo con lo sprint. Un vizio d’origine insito nella decisione di Fitto e Meloni di trattare con Bruxelles (complessivamente un anno) per avere la revisione a tutto campo del Piano di ripresa e resilienza. E adesso siamo proprio nella fase della lenta riaccensione dei motori, mentre dovremmo essere con i motori al massimo, proiettati verso il traguardo. Nel dato dell’Anac sono presenti tutti gli appalti delle tre categorie, lavori, forniture e servizi. Se si prende il dato generale, non c’è una particolare sofferenza per i lavori pubblici, il settore che generalmente presenta i tempi più lenti e le maggiori criticità in termini di tempi. La quota di “non affidati” rispetto al biennio 2023-2024 è infatti per i lavori del 39 per cento, quindi addirittura più bassa della media complessiva. Molto più alta la quota degli appalti ancora fermi per le forniture in termini di numero di gare (74 per cento) e per i servizi in termini di importi economici (65 per cento). Diverso il discorso se si prendono in considerazione le sole procedure avviate nel 2024: su 13.577 milioni di euro di procedure di lavori pubblici, quelle non avviate ammontano a 12.996 milioni di euro, quindi oltre il 96 per cento del totale. Se si aggiungono i 6,7 miliardi ereditati dal 2023 significa quasi venti miliardi di lavori pubblici Pnrr ancora da affidare e cantierizzare: non è certo un dato che contribuisce a diradare i nuvoloni che si addensano sulle capacità del Pnrr italiano di rispettare il termine del 2026.