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Lectio magistralis

L'arte del Ragioniere generale dello stato spiegata da Daria Perrotta

Stefano Cingolani

Giurista, economista, artista, ma anche manager: una figura chiave che ogni ministro vorrebbe avere al suo fianco e mai contro. Anche per questo tra tutti i princìpi e le funzioni, l’imparzialità resta fondamentale

Quella del banchiere è un’arte, diceva Raffaele Mattioli. Lo è anche quella del Ragioniere generale dello stato. Può sembrare un’affermazione paradossale leggendo la lectio magistralis con la quale oggi Daria Perrotta inaugura a Lucca l’anno accademico della scuola Imt (Istituzioni, mercati, tecnologie) Alti sudi, rettore Lorenzo Casini. Una lezione concentrata, come dice lo stesso titolo, sui princìpi e gli strumenti per affrontare le nuove sfide. Una lezione tutta in punta di diritto e cultura amministrativa. 


Daria Perrotta, nominata il 7 agosto scorso, ha studiato scienze politiche alla Luiss, ha lavorato alla Camera dei deputati collaborando sin dal 2000 con Giancarlo Giorgetti quando era presidente della commissione Bilancio, poi alla Corte dei conti e capo dell’ufficio amministrativo al ministero dell’Economia. Gettando uno sguardo ai suoi predecessori troviamo un banchiere e politico come Gaetano Stammati, un economista della nidiata Banca d’Italia come Daniele Franco, un bocconiano svezzato a Yale come Vittorio Grilli. Perrotta s’inserisce piuttosto nella lunga schiera dei civil servants: pescando ancora nel passato potremmo ricordare Andrea Monorchio o il suo stesso predecessore, Biagio Mazzotta. Nella tradizione italiana la carriera nello stato è rimasta per lo più separata da quella privata, non come in Francia dove chi esce dall’Ena può indifferentemente andare a dirigere la Renault o il ministero delle Finanze. 


Ma allora che c’entra l’arte? Il bilancio dello stato ha aumentato enormemente le sue funzioni nell’economia e ha ampliato anche il nucleo dei suoi princìpi. L’Unione europea lo ha reso più complesso, le nuove regole di bilancio aggiornano la disciplina contabile e nei prossimi mesi condurranno a una revisione del quadro normativo interno. Dalla lezione di Daria Perrotta citiamo alcuni passaggi dell’ultima parte dedicata ai “principi comportamentali” (veridicità, coerenza, neutralità, imparzialità). “L’adozione di politiche pubbliche sempre più connesse ai comportamenti degli operatori – sottolinea – e l’esigenza di ridurre i tempi di trasmissione degli effetti delle politiche di sostegno all’economia sulle grandezze macroeconomiche (si pensi all’aumento dei consumi o degli investimenti) rendono necessaria una sempre maggiore attenzione ai modelli previsivi utilizzati nelle relazioni tecniche e allo sviluppo di strumenti di valutazione delle politiche pubbliche”. Insomma, prevedere non è divinare, la serietà dei metodi e la capacità di interpretare fatti e tendenze sono indispensabili. E ancora: c’è bisogno di “un nesso logico tra il processo di programmazione, gestione e rendicontazione”, anche perché “le nuove regole europee hanno accentuato la centralità della programmazione di medio periodo, e, in particolare, la definizione della traiettoria assegnata ai singoli stati scoraggia ogni rinvio della correzione del bilancio alla fase finale, anche per favorire l’adozione di politiche di carattere strutturale”. 


Quel nesso non è solo logico, ma si incrocia con le scelte politiche, con i bisogni delle famiglie e delle imprese, con la concorrenza internazionale, con i diritti e i doveri derivati dall’appartenenza a un organismo sovranazionale come la Ue. La legge da Platone in poi è una garanzia contro “l’arbitrio del tiranno” o la volubilità dei governanti. Tuttavia la complessa impalcatura giuridica, per quanto possa essere adattata e interpretata aderendo alla mutevole realtà, sempre più veloce di qualsiasi norma, richiede facoltà che nessun algoritmo finora possiede: non solo competenza e dottrina, ma intuizione, immaginazione, coraggio, tutte doti che appartengono all’arte. Non solo. La Ragioneria dello stato è una struttura molto vasta, ramificata in tutto il territorio con circa cinquemila dipendenti: oltre al corpo centrale a Roma a palazzo Sella, ci sono 11 ispettorati generali, 14 uffici centrali di bilancio, 103 ragionerie provinciali. “Non sfugge nemmeno uno spillo”, s’inorgogliva un tempo un ragioniere generale. Se i conti non tornano, dunque, non è per scarsa conoscenza, può accadere perché si cede al primato della politica, per la complessità del reale, per le interdipendenze tra finanza pubblica e privata, tra stato e mercato, tra singoli paesi e vasto mondo. Giurista, economista, artista, ma anche manager, il ragioniere generale è davvero una figura chiave che ogni ministro vorrebbe avere al suo fianco e mai contro. Anche per questo tra tutti i princìpi e le funzioni, l’imparzialità resta fondamentale.