il commento
Le pericolose parole di Salvini sulla mossa di Unicredit su Bpm sono una sfida alla Consob (che aspetta a intervenire?)
Il vicepremier ignora le regole di mercato e invoca l’intervento della Banca d’Italia per verificare se ci sia qualcuno che vuole ostacolare la creazione di un terzo polo bancario costituito da Banco Bpm e Mps. Un errore di comunicazione, se non una pericolosa interferenza politica
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, interviene sull’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Banco Bpm dimenticando tutte ma proprio tutte le regole di mercato che imporrebbero la terzietà del soggetto politico in queste operazioni e l’astensione da commenti da parte di qualsiasi soggetto che ha un interesse contrario all’operazione stessa, come in questo caso pare ce l’abbia il governo Meloni. Le sue parole sono state tanto inusuali e inopportune da spingersi a domandarsi se per caso la Consob guidata da Paolo Savona abbia qualcosa da replicare.
Salvini ha invocato l’intervento della Banca d’Italia per verificare se per caso ci sia qualcuno che vuole ostacolare la creazione di un terzo polo bancario in Italia costituito da Banco Bpm e Mps, ipotesi di cui si è ricominciato a parlare con l’avvicinamento tra i due istituti avvenuto di recente sotto la regia del Mef quando è stata collocata la terza tranche di capitale della banca senese. “Qualcuno vuole fermare il terzo polo” ha detto il ministro commentando l’iniziativa di Unicredit e asserendo che a lui le concentrazioni e i monopoli non sono mai piaciuti, che Unicredit è ormai più estera che italiana, che Banco Bpm e Mps, invece, sono italiane e stanno insieme collaborando per creare il terzo polo. “Non vorrei che qualcuno stesse tentando di fermare l’accordo tra Bpm e Montepaschi”, ha detto.
Ma di quale accordo sta parlando Salvini? Dalle comunicazioni ufficiali e ai sensi di legge, risulta che Banco Bpm ha acquistato una quota del 5 per cento e che non intende superare la soglia del 10 per cento del Monte. L’ad di Bpm, Giuseppe Castagna, nonostante abbia manifestato interesse a una collaborazione con Siena nel settore della bancassicurazione, continua ad affermare la sua strategia “stand alone” rifiutando di prendere in considerazione l’ipotesi di una fusione con il Monte, che, tra l’altro, sarebbe costosa sotto il profilo sociale (esuberi).
Quand’anche un’aggregazione Siena-Milano fosse praticabile non potrebbe avvenire in tempi brevi per una serie di ragioni non ultima il fatto che Banco Bpm deve prima mandare in porto l’opa a sua volta lanciata sulla società del risparmio gestito Anima.
In questo spazio si è inserito Unicredit con la sua offerta direttamente su Banco Bpm, che non può fare felice il governo che aveva un altro disegno, ma è perfettamente legittima e farà il suo corso. A decidere, infatti, sarà il mercato in base alla convenienza dei soci di Banco Bpm. Dunque, non solo non esiste alcun accordo tra Milano e Siena e se per ipotesi (fantasiosa) esistesse, Salvini avrebbe fatto male a svelarlo anche perché si collocherebbe al di fuori del contesto normativo che tra Testo unico della Finanza e Consob regolano il funzionamento del mercato azionario.
Ma probabilmente si tratta di un errore di comunicazione da parte del ministro, non di una vera interferenza politica in una materia tanto delicata come quella delle fusioni bancarie. Un errore comunque tanto ingenuo da fare venire il sospetto che il malcontento a Palazzo Chigi sia veramente alto per la mossa di Orcel, che, tra l’altro, oggi ha ottenuto l’effetto di fare inserire la retromarcia al titolo del Monte dopo la forte crescita avuta proprio in seguito alla prospettiva di fusione con Bpm.
Il silenzio è d’oro in questi casi.