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Todde for future: la Sardegna vieta le rinnovabili al 506 per cento
I divieti che la regione vuole imporre a eolico e fotovoltaico ricoprono cinque volte l’intera superficie regionale. Mentre si bloccano 609 progetti che potrebbero portare 22,6 gigawatt di rinnovabili, la regione va a tutto fossile con carbone e gas. Una mappa
Zero via zero. Per l’energia rinnovabile non ci sarà posto in Sardegna. Garantito al 506 per cento. Moduli fotovoltaici per raccogliere il sole ed eliche per catturare il vento non avranno a disposizione nemmeno un metro quadro. Per calcolare il 506 per cento di Sardegna vietata alla realizzazione di nuovi impianti rinnovabili, cinque volte i 24.100,02 chilometri quadri di superficie regionale scogli compresi, bisogna fare due azioni.
Prima azione. Bisogna esaminare la sessantina di motivazioni di divieto all’energia pulita contenuta nella legge che la regione autonoma discute a Cagliari. No nelle aree protette (22 per cento di superficie sarda), no vicino ai corsi d’acqua (9 per cento), no sui terreni in cui in passato ci sono stati incendi (4 per cento), no vicino alle ferrovie, no nelle aree Doc Dop Docg Igt Igp, no zone rocciose, no a quota superiore ai 900 metri, no a meno di 2 chilometri da grotte e caverne. E via rigettando: è di 15 pagine il solo allegato dedicato ai divieti per gli impianti solari, e simile è quello per l’eolico.
Seconda azione. Bisogna sovrapporre i divieti con la mappatura in alta definizione Gis, Geographical Information System. Lo ha fatto la società di consulenza energetica Elemens, la quale ha confrontato a metro a metro con dettaglio vettoriale le aree coperte dalla ripugnanza contro le fonti rinnovabili d’energia.
La mappa delle aree vietate
Ecco il risultato della mappatura, spiegato da Tommaso Barbetti di Elemens: “Il 59 per cento della Sardegna è a meno di 7 chilometri da alberi monumentali, il 55 a meno di 7 chilometri da beni vincolati, il 93 è a meno di 7 chilometri da grotte e aree archeologiche, l’89 è a meno di 2 chilometri da altri elementi, il 13 è in siti per cui ci sono candidature Unesco anche solo ipotizzate, il 18 per cento della Sardegna è nei 20 comuni in cui deve sorgere l’Einstein Telescope”.
L’esito del lavoro catastale di Elemens è che i divieti che la regione vuole imporre all’energia rinnovabile ricoprono cinque volte l’intera superficie regionale. Gli unici luoghi che potrebbero sfuggire a tanto rigore sono i tetti delle case, sui quali parrebbe essere tollerata la posa di moduli fotovoltaici, e le comunità energetiche fra cittadini disposti a investire.
La regione va a tutto fossile
Nel frattempo colossali centrali termoelettriche divorano carbone d’importazione e l’isola si sta dotando di impianti per importare metano liquefatto e di una rete di tubazioni. Il carbone rappresenta il 29,87 per cento della produzione elettrica sarda, il gas è seconda fonte con il 29,45 per cento; insieme sviluppano in atmosfera emissioni di 546 grammi di anidride carbonica per ogni chilowattora prodotto. Quasi quanto il Tamil Nadu e il Kerala in India, che stanno a 551 grammi per chilowattora. Giusto a titolo di paragone, l’Alta Italia è a 380 grammi, la Germania a 394 e l’atomica Francia ad appena 45 grammi di CO2 per ogni chilowattora prodotto. (Dati Electricity Maps relativi al 2023).
La gallina prataiola da proteggere
Tra le varie lenzuolate di divieti rinnovabili che coprono la Sardegna con lembi diversi, un luogo è vietatissimo dal sovrapporsi di vincoli diversi. Quel luogo più intoccabile fra tutti è nel Campidano di Sanluri, un terreno agricolo della piana di Gùspini di là dalla statale 126, di fronte alla Samas Alluminio, alla Falegnameria Moderna Srl e alla Casu Antonino Impresa Elettrica. In quel terreno la legge in discussione a Cagliari vieterà qualsiasi attività rinnovabile perché si sovrappongono cinque strati di divieto. E’ all’interno di un “perimetro percorso dal fuoco”; a 5,5 chilometri svetta un ulivo di circonferenza 5,75 metri e alto 7 metri (albero monumentale per Decreto Direttoriale del 09/08/2018); dista 6,5 chilometri dal nuraghe Bruncu ‘e S’Orcu (tutelato ai sensi dell’art.10 del 42/2004); è una zona identificata come ricca di beni identitari (area organizzazione mineraria Sulcis Iglesiente); ma soprattutto quella fettina di terra di lato alla statale e alla zona industriale di Gùspini è zona a protezione speciale, essendo un’area importante per l’avifauna e nello specifico per la gallina prataiola. Sì: per salvare la gallina prataiola.
I 609 progetti bloccati
E’ il momento di fare la somma. In Sardegna giacciono 609 progetti per complessivi 22,6 gigawatt, di cui 436 fotovoltaici e 173 eolici, pari a diverse vagonate di carta protocollata e già destinata al macero. La legge in discussione nel Consiglio regionale sardo nasce da un argomento, il no alle rinnovabili, che è stato centrale nella campagna elettorale che in marzo ha portato Alessandra Todde (M5s) alla presidenza della regione a statuto autonomo. Fra le altre regioni e fra gli altri paesi è normale che investitori costruiscano centrali elettriche delle diverse tecnologie e la corrente prodotta venga scambiata liberamente fra produzione e consumo. Ciò da molti sardi è visto come una “colonizzazione”, un profitto sottratto all’isola, un nuovo complotto del continente; è visto un furto di risorsa l’uso non sardo del vento o del sole che lambiscono l’isola. Nei dibattiti sulle piattaforme social, nei comunicati dei partiti e nei dibattiti delle associazioni, la legge paralizzante ora in discussione a Cagliari è contestata perché è ritenuta troppo morbida, è vista come un piegarsi alle pressioni della finanza del continente e del profitto non sardo, è percepita come una svendita della Sardegna.
Gli eccentrici Fridays for Future
Eccentrici al dibattito appaiono solamente gli attivisti sardi di Fridays for Future, l’organizzazione nata da Greta Thunberg, i quali al contrario esigono più rinnovabili. In un comunicato ai giornali scrivono che il disegno di legge “vieterebbe l’istallazione di impianti di energie rinnovabili nel 99 per cento del territorio sardo”, mentre “la Sardegna ha bisogno di un piano energetico davvero sostenibile, basato sulle energie rinnovabili, non di nuovi progetti che contribuiscono al riscaldamento globale e alla dipendenza energetica”.