L'intervento

Una buona riforma della Coesione è possibile. Coordinate per non sbagliare

Bernardo Mattarella

Con 43 miliardi dall’Ue, l’Italia punta su sviluppo territoriale, inclusione e transizione digitale per superare la frammentazione e ridurre i divari territoriali. Strategie e sfide per il nuovo ciclo 2021-2027. Focus su Mezzogiorno e investimenti strategici

L’insediamento della nuova Commissione e la conferma del rappresentante italiano, Raffaele Fitto, nel ruolo di vicepresidente esecutivo con l’attribuzione delle deleghe alle politiche di Coesione e alle Riforme e la contestuale e tempestiva nomina del nuovo ministro Tommaso Foti, forniscono un’occasione di rilievo per avviare un profondo processo di riforma delle politiche di coesione affrontando temi e nodi che in alcuni casi hanno limitato la piena efficacia nell’utilizzo dei fondi nei precedenti cicli di programmazione. Le risorse per la coesione rappresentano, infatti, oltre un terzo del bilancio dell’Unione per il periodo 2021-2027 e hanno una valenza ancora più strategica per il nostro paese che, con oltre 43 miliardi di euro, è uno dei principali beneficiari di questi fondi Ue, ma anche uno degli stati membri che nel passato ha più faticato a raggiungere gli obiettivi di riduzione degli squilibri territoriali.

 

Le difficoltà nel conseguimento degli obiettivi sono state evidenziate anche nel ciclo di Programmazione 2014-2020. Criticità che non attengono strettamente agli elementi “quantitativi” della spesa, su cui gli ultimi aggiornamenti della Ragioneria generale dello stato restituiscono un quadro in miglioramento, ma soprattutto, gli aspetti più “qualitativi” della spesa. Aspetti che riguardano anche una riduzione del carattere di addizionalità che dovrebbe distinguere gli investimenti della coesione da quelli ordinari e che invece ha trasformato le risorse europee destinate alla politica di coesione in forme di finanziamento sostitutive di progettualità non strettamente attinenti a finalità di riduzione dei divari di sviluppo. Il ciclo di Programmazione 2014-2020 ha evidenziato elementi importanti di riflessione. Erano previsti 11 obiettivi tematici, ciascuno suddiviso in molteplici aree di intervento. Questa frammentazione di obiettivi, seppur parzialmente superata nell’attuale ciclo di programmazione, ha determinato una dispersione delle risorse su numerosi fronti, riducendo conseguentemente l’impatto rispetto ad ambiti strategici, come ad esempio, le spese per ricerca e innovazione, cui l’Italia ha destinato solo il 18,3 per cento delle risorse, contro il 23,6 per cento della media europea.

 

La pandemia da Covid-19 e la crisi energetica hanno avuto un significativo impatto nella riallocazione in chiave emergenziale delle risorse dell’Ue per la coesione. Nel nostro paese, circa 7,8 miliardi di euro, inizialmente destinati a interventi infrastrutturali strategici sono stati riassegnati a supporto del sistema sanitario e delle imprese. Questa riallocazione, pur necessaria per far fronte alle emergenze, ha penalizzato gli investimenti strutturali e strategici di lungo termine. La Programmazione complementare ha assicurato alla politica di coesione l’opportuna e necessaria flessibilità di utilizzo, sia dal punto di vista programmatico che attuativo. D’altro canto, però, i Programmi complementari hanno introdotto ulteriori adempimenti nella gestione delle risorse, acuendo le difficoltà amministrative, in particolare riguardo alle operazioni di rendicontazione e monitoraggio. 

 

Infine, le amministrazioni italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, hanno mostrato la persistenza di alcune carenze, accentuate dalla “fuga di cervelli” verso regioni più attrattive. L’esperienza acquisita dai cicli di programmazione precedenti, e in particolare dalla programmazione 2014-2020, ha evidenziato quindi criticità e limiti che l’Unione europea ha affrontato con importanti innovazioni nel ciclo 2021-2027. Tra queste spiccano i vincoli di concentrazione tematica, con la riduzione degli obiettivi da 11 a 5, concentrati in particolare sui temi della duplice transizione e dell’inclusione sociale, e l’attribuzione di una sempre maggiore centralità alla raccolta e alla comunicazione dei dati sulla performance attuativa dei programmi finanziati, nonché la costituzione di un sistema rafforzato di governance. 
 

 

La Commissione europea ha inoltre autorizzato l’impiego fino al 15 per cento dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali per la Strategic Technologies for Europe Platform (Step), un’iniziativa volta a promuovere lo sviluppo di tecnologie essenziali per le transizioni ecologica e digitale e per rafforzare la sovranità strategica dell’Unione europea. Questa misura consente di ampliare l’utilizzo dei fondi strutturali europei, includendo anche le grandi imprese ed è vista, in particolare nel Mezzogiorno, come una opportunità per attrarre investitori privati interessati a realizzare progetti di grande scala. Anche il governo italiano ha intrapreso un percorso di razionalizzazione e ottimizzazione, evidenziato dal dl n. 60/2024, che ha introdotto un coordinamento più stretto tra le amministrazioni centrali e regionali, che risulta evidente, per esempio, nella condivisione con le amministrazioni centrali di quei cosiddetti “progetti strategici”, che per settore di intervento, rilevanza economico-sociale, modalità di attuazione, sono meritevoli di una sorveglianza rafforzata e centralizzata. 

 

Nonostante i progressi, permangono tuttavia sfide significative, soprattutto nel Mezzogiorno, dove il divario nord-sud resta una questione cruciale. In particolare, in queste aree realizzare una vera convergenza richiede politiche di coesione efficaci, che possono trovare un terreno maggiormente fertile se attuate in un contesto già eventualmente migliorato dai benefici di riforme strutturali che sfruttino il coordinamento multilivello e superino gli ostacoli legati alla frammentazione degli strumenti. Si dovrà collocare in quest’ottica di rimozione degli ostacoli al pieno dispiegamento di efficacia dell’intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo, il completamento della riforma del sistema degli incentivi alle imprese avviata con la legge delega n. 160 del 27 ottobre 2023. In questo contesto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha rappresentato un modello innovativo anche per le politiche di coesione. L’erogazione dei fondi, infatti, è subordinata al raggiungimento di obiettivi specifici (approccio performance-based), con target chiari e milestone di monitoraggio. Questa logica consente di incentivare interventi direttamente funzionali agli obiettivi di policy, spostando l’attenzione dal semplice utilizzo delle risorse alla misurazione dei risultati. Questo tipo di approccio permette di coniugare investimenti strategici con riforme strutturali, fondamentali per guidare il paese verso obiettivi di lungo periodo e affrontare con flessibilità le sfide future.

 

Partendo da tali considerazioni, la Programmazione europea 2021-2027, unitamente alla maggiore concertazione tematica, potrebbe essere inserita in una strategia unitaria di sviluppo territoriale basata su un approccio strategico e orientato ai risultati, identificando in modo chiaro le progettualità da implementare negli ambiti definiti a monte come “prioritari” e definendo a livello qualitativo e quantitativo gli obiettivi, intermedi e finali. Questo approccio di razionalizzazione ed efficientamento delle politiche di coesione dovrebbe comunque integrarsi con un approccio place-based che tenga conto delle criticità e potenzialità specifiche dei singoli territori. 

 

In tale contesto possono assumere ancora maggiore rilevanza le agenzie pubbliche che negli anni hanno maturato una profonda conoscenza delle peculiarità territoriali e competenze specifiche nelle attività di supporto alle amministrazioni centrali e locali, orientando il contributo che tali attori possono dare al conseguimento di specifici obiettivi. Invitalia, in particolare, ha acquisito una consolidata esperienza nell’attuazione di politiche pubbliche nella gestione di programmi complessi, anche in ambito Pnrr, facilitando il dialogo tra i diversi soggetti coinvolti nazionali e locali, pubblici e privati. Tale esperienza può essere messa al servizio del nuovo ciclo di programmazione, assicurando un utilizzo strategico ed efficiente delle risorse e garantendo sinergie tra fondi comunitari e nazionali.  

Bernardo Mattarella, amministratore delegato di Invitalia