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L'Antitrust smonta le balle complottiste sul "caro voli"

Luciano Capone e Carlo Stagnaro

Ricordate le polemiche sui biglietti impazziti, sulla "profilazione degli utenti", le accuse di fare "cartello" alle compagnie aeree e il "tetto ai prezzi" proposto dal governo? Dopo un anno un'indagine dell'Agcm certifica che non c'è alcuna anomalia sui prezzi. Urso voleva "sgominare l'algoritmo" ed è finito sgominato

Come ogni anno, all’avvicinarsi delle festività natalizie s’innesca la polemica sul prezzo dei biglietti aerei, specialmente verso le isole maggiori dove molti rientrano in famiglia. Diversamente dal passato, però, oggi è possibile dimostrare che si tratta di polemiche strumentali: “Il prezzo medio di un biglietto aereo per le rotte insulari è nell’ordine di 60-80 euro e la parte preponderante dei viaggiatori risulta aver pagato meno di 100 euro, mentre solo un’esigua percentuale di essi ha pagato prezzi superiori a 150 euro”.

Lo certifica il rapporto preliminare dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) sugli “algoritmi di prezzo nel trasporto aereo passeggeri sulle rotte nazionali da e per la Sicilia e la Sardegna”. Il documento, datato 26 novembre 2024, contiene le risultanze di un’analisi durata un anno. Chi si aspettava una reprimenda per le compagnie – d’altronde quello era il mandato esplicito del ministro Adolfo Urso, che ha cambiato la legge per poter fare un’indagine del genere – rimarrà deluso: l’evidenza raccolta dal Garante mostra un mercato dinamico e concorrenziale, nel quale l’andamento dei prezzi riflette le condizioni di domanda e offerta.

Se si comprano i biglietti in anticipo, dice l’Antitrust, si risparmia fino a circa il 50 per cento; mentre i prezzi aumentano “a ridosso di festività (Pasqua, Natale e Capodanno), fine settimana, ponti e nel periodo estivo”. È qualcosa che gli utenti hanno intuito da tempo, ma che ora l’Antitrust conferma con 200 pagine di approfondita analisi. Il report è interessante non solo per il contenuto ma anche per la sua storia.

Tutto ebbe inizio alla fine del 2022, quando l’Antitrust avviò un procedimento su segnalazione del Codacons per verificare l’esistenza di un cartello sui voli per la Sicilia. L’indagine si sarebbe conclusa un anno dopo, il 19 dicembre 2023, prendendo atto che – a valle dell’attività istruttoria – “non sono stati formulati addebiti”. Cioè non era stata trovata alcuna evidenza di condotte illecite. Ma prima che questa informazione divenisse pubblica, la polemica si era infuocata, complice il “caro voli” estivo. In quel contesto, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, si prese la scena denunciando gli abusi delle compagnie, come la “profilazione” degli utenti, e promettendo interventi durissimi per “sgominare l’algoritmo”, cioè le strategie di revenue management dei vettori per definire in maniera dinamica il prezzo dei biglietti in funzione della domanda. Urso propose addirittura un tetto al costo dei biglietti, salvo poi fare marcia indietro quando la Commissione europea gli fece notare che il controllo dei prezzi violava il diritto dell’Unione. Anche perché contro la misura avevano protestato in maniera veemente le compagnie aeree, con il ceo di Ryanair che aveva definito l’idea di Urso “roba da Unione sovietica”.

Alla polemica presero parte anche altri soggetti istituzionali, da cui ci si sarebbe atteso maggiore equilibrio. Pierluigi Di Palma, presidente dell’Enac, che è un regolatore tecnico senza competenza in materia economica, denunciò in Parlamento che “non è più un libero mercato ma c’è un’imposizione del prezzo da parte di chi ha un oligopolio”, spingendosi addirittura ad argomentare che quello delle compagnie low cost “è un modello che non ha più ragione di esistere”. Anche il presidente dell’Agcm, Roberto Rustichelli, invece di sbarrare la strada alle smanie dirigiste di Urso legittimò un tetto ai prezzi che era in palese violazione dell’art. 22 del regolamento europeo 1008/2008 che stabilisce la libertà di fissare i prezzi.

Successivamente, quando il governo fu costretto a ritirare una misura così invasiva, il testo venne riscritto attribuendo all’Agcm la facoltà di utilizzare gli esiti delle indagini conoscitive per “imporre alle imprese interessate ogni misura strutturale o comportamentale necessaria e proporzionata, al fine di eliminare le distorsioni della concorrenza”. Il testo finale del decreto Asset fa riferimento esplicito ai voli aerei e all’utilizzo degli algoritmi anche se ha una portata più ampia. Si tratta di un cambio di passo senza precedenti, perché consente all’Antitrust di prescrivere modifiche nella condotta degli operatori non sulla base di un comprovato illecito, ma semplicemente a valle di una generale ricognizione sul mercato. Come dire: non potendo dimostrare una condotta scorretta, si abbassa lo standard probatorio. A quel punto, proprio mentre chiudeva senza addebiti l’indagine avviata nel 2022, Rustichelli ne apriva un’altra, forte delle nuove regole: mediaticamente, un colpo da maestro, perché questa seconda notizia travolse la prima. Si arriva così al rapporto appena pubblicato, anch’esso senza darne adeguata comunicazione.

L’esito dell’istruttoria è confortante per i consumatori ma devastante per chi ha soffiato sul fuoco. L’Antitrust svolge una serie di analisi sulle rotte da e per le isole, confrontandole anche con tratte simili (chiamate insulari alike, per esempio quelle che collegano le principali destinazioni del sud in Calabria e Puglia con gli aeroporti del nord). Da un’indagine tra i viaggiatori da e per le isole, la metà circa dei quali regolari, “il prezzo pagato dagli intervistati per una tratta di volo è risultato mediamente inferiore ai 100 euro; più elevato con riferimento ai voli da e per la Sicilia (83 euro) rispetto a quelli da e per la Sardegna (70 euro)”. Alla fine anche i consumatori, in genere sempre esigenti, sono soddisfatti dei prezzi pagati: la valutazione sulla convenienza del prezzo pagato è pari a 3,4 su una scala da 1 a 5.

L’aspetto più interessante riguarda il livello, la dinamica e le modalità di determinazione dei prezzi: “Nel corso del 2023, il prezzo medio del biglietto per un volo di andata o ritorno da/per la Sicilia e la Sardegna, comprensivo di eventuali servizi accessori, è stato rispettivamente di 60-80 euro per la Sicilia e di 60-80 euro per la Sardegna, in linea con quello registrato nelle tratte nazionali più simili a quelle insulari (insulari alike, 60-80 euro)”. Nel tempo il costo medio dei biglietti è cresciuto per effetto dell’inflazione, ma senza discostarsi dall’indice generale dei prezzi: tra il 2019 e il 2023 l’aumento è stato del 16 per cento per la Sicilia, contro il 19 per cento delle altre tratte paragonabili e in linea con l’inflazione generale.

Molto significativa è anche la distribuzione dei biglietti per classi di prezzo, che è  “fortemente concentrata nelle fasce di prezzo più basse: nel corso dell’anno, infatti, il [70-90%] dei viaggiatori da/per la Sicilia e la Sardegna ha pagato meno di 100 euro e solo il [fino a 10%] circa dei biglietti da/per le Isole è costato più di 150 euro. Inoltre, il [40-50%] dei viaggiatori da/per la Sicilia e il [30-40%] di quelli da/per la Sardegna hanno pagato meno di 50 euro". Chi è in grado di comprare il biglietto con almeno un mese di anticipo può ottenere sconti in media del 53 per cento, che scende al 43 per cento se si arriva alla settimana precedente il decollo" 

Pure focalizzando l’analisi sui periodi più caldi (l’andata prima di Natale o Ferragosto, il ritorno nei giorni successivi) l’esito non cambia. Tuttavia, “nella quasi totalità dei casi (98,2 per cento), la variazione dei prezzi medi per acquisti a ridosso della partenza (ultimi 7 giorni), rispetto ai prezzi medi complessivi, resta al di sotto del 200%; nei pochi casi (1,8 per cento) in cui detta variazione supera il 200%, i prezzi medi complessivi risultano inferiori a 100 euro”. Il 200% che era il “tetto” indicato da Urso: in pratica, non sarebbe servito a nulla. 

Anche la tesi di Urso secondo cui l’inghippo starebbe nell’algoritmo ne esce smentita: emerge infatti “l’assenza di specificità nei meccanismi di definizione dei prezzi utilizzati per i voli da e per la Sicilia e la Sardegna”. Sebbene tutti gli operatori utilizzino varie forme di revenue management per massimizzare i ricavi e di dinamizzazione dei prezzi, si osservano “dinamiche temporali dei prezzi offerti significativamente diverse da un operatore all’altro quanto a frequenza, granularità e gradualità degli aggiustamenti di prezzo”. Infine, non è stata rilevata alcuna evidenza di tentativi di profilazione della domanda, che era data per certa da Urso secondo cui le compagnie avrebbero praticato prezzi differenti in funzione del device utilizzato per effettuare gli acquisti o altri indicatori indiretti della disponibilità a spendere. “L’algoritmo di profilazione per la vendita di biglietti aerei non è un’invenzione sovietica – diceva il ministro –  è una realtà”. E invece non era un’invenzione dell’Urss, ma un’invenzione di Urso.

Insomma, per la seconda volta in due anni un’istruttoria dell’Antitrust si conclude con il riconoscimento che il settore è ampiamente competitivo: ciascuna compagnia ha le sue tattiche e i suoi obiettivi, e in generale chi acquista i biglietti in anticipo o in giornate a bassa domanda spende meno di chi vuole viaggiare nei giorni da “bollino nero” e si decide all’ultimo. È singolare che, in entrambi i casi, i procedimenti siano stati aperti con squilli di tromba e chiusi alla chetichella. 
Il ministro delle Imprese aveva affidato i superpoteri all’Antitrust per “sgominare l’algoritmo”, ma è finito sgominato.