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Questione fiscale

Il real si svaluta e il peso si apprezza. Lula espande il deficit fiscale chiuso da Milei

Paolo Rizzo

Da inizio anno la moneta brasiliana ha perso il 20 per cento del proprio valore rispetto al dollaro, di cui il 10 per cento solo negli ultimi due mesi diventando la peggiore di tutti i paesi emergenti. Il problema è di natura fiscale: il presidente pensa che il Brasile possa indebitarsi al ritmo di un paese sviluppato

Nel luglio del 2022 durante la partita Boca Juniors-Corinthians i tifosi brasiliani bruciavano dentro la Bombonera le banconote argentine da 1.000 pesos. Era un segno di disprezzo che risultava abbastanza economico per i tifosi. Il peso argentino era in caduta libera e il real brasiliano era solido. I brasiliani ne approfittavano per viaggiare in Argentina a fare shopping. Qualcuno organizzava anche viaggi charter per sposarsi al ritmo del tango. Oggi la situazione si è invertita. I tifosi brasiliani accorsi a fine novembre a Buenos Aires per la finale della coppa Libertadores si lamentavano di quanto fosse diventata cara l’Argentina. Nel frattempo, gli argentini prenotano le vacanze dell’estate australe nelle spiagge brasiliane. Da un lato incide l’apprezzamento in termini reali del peso, dall’altro la caduta del real brasiliano. Da inizio anno il real ha perso il 20 per cento del proprio valore rispetto al dollaro, di cui il 10 per cento solo negli ultimi due mesi.

 

Vero che il dollaro si è apprezzato molto dall’elezione di Trump. Il mercato prevede un’inflazione negli Stati uniti ancora sopra il 2 per cento, sconta tassi più alti della Fed e il dollaro si apprezza. Ma vero soprattutto che nel 2024 il real è la peggior moneta di tutti i paesi emergenti. Il fattore esogeno, la forza del dollaro, spiega solo in parte la crisi del real. Il problema è endogeno ed è relativo alla crisi fiscale brasiliana. Se da un lato Milei taglia la spesa per raggiungere il pareggio di bilancio, dall’altro Lula pensa che il Brasile da paese emergente possa indebitarsi al ritmo di un paese sviluppato. La crisi del real si è accentuata, infatti, nel momento in cui il governo Lula ha presentato la legge di bilancio.

 

Il mercato si aspettava una revisione della spesa e una correzione della traiettoria del deficit, ma è rimasto sorpreso quando il ministro delle Finanze Fernando Haddad ha presentato tagli solo per 11 miliardi di dollari in due anni, insieme a un’esenzione dal pagamento delle imposte sul reddito tutti i lavoratori con un reddito mensile inferiore agli 850 dollari. Sarebbe a dire che la manovra fissa una no tax area a quasi 10.000 euro annui (in Italia è a 8.500). A preoccupare il mercato è che il debito pubblico brasiliano si attesta all’85 per cento del pil, quasi 20 punti percentuali in più rispetto a dieci anni fa. E’ servito a poco l’emendamento costituzionale 95 introdotto a fine 2016 dal governo Temer che stabilisce un limite alla spesa pubblica per un periodo di 20 anni. Per rispettare il vincolo di bilancio il governo brasiliano prende come riferimento il saldo primario, la differenza tra entrate e uscite escludendo la spesa in tassi di interesse. Nel 2024 il saldo primario è previsto in deficit dello 0,25 per cento, nel 2025 e 2026 rispettivamente un surplus dello 0,25 per cento e dello 0,5 per cento. Un ottimo risultato.

 

Il problema è però che il tasso di interesse nominale sui titoli di stato brasiliani ha raggiunto il 15 per cento, a fronte di un 10 per cento di inizio anno. Scomputando l’inflazione al 4,5 per cento, il tasso di interesse reale pagato dal Brasile è del 10,5 per cento. Un’enormità rispetto alla crescita economica del 3,5 per cento per il 2024 e del 2,5 per il 2025. Nel 2024 la spesa in tassi di interessi sarà quindi oltre i 100 miliardi di dollari e rappresenterà il 10 per cento del pil. Sommando la spesa per interessi allo 0,25 di di disavanzo primario, il rapporto deficit/pil supererà di poco il 10 per cento. Un’enormità per un paese emergente già indebitato. Ancor di più considerando che al momento dell’insediamento di Lula, nel gennaio 2023, il deficit si attestava al 4 per cento. Così mentre in Argentina i tagli di bilancio di Milei rilanciano il peso e pongono le basi per la ripresa economica, in Brasile l’aumento della spesa pubblica di Lula affossa il real e mina la crescita economica. Non sorprende che, nel 2024, la borsa argentina abbia guadagnato il 90 per cento mentre la brasiliana abbia perso il 27 per cento.

 

Per attenuare la crisi cambiaria, la Banca centrale brasiliana ha venduto nell’ultima settimana circa 6 miliardi di dollari. Ma senza una soluzione politica e fiscale, la banca centrale non potrà che alzare il tasso di interesse per sostenere il real. Anche a costo di provocare una recessione. Solo attraverso un riequilibrio delle finanze pubbliche sarà possibile stabilizzare la moneta e l’economia. La causa e la soluzione alla crisi cambiaria brasiliana risiedono nella politica fiscale.