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Christmas season

Non fatevi rovinare il piacere dei regali da quei diavoli degli economisti

Carlo Benetti

Le teorie economiche ci ricordano che ciò scegliamo di regalare spesso non coincide con le preferenze. Ma chi preferirebbe non correre il rischio di sbagliare regalo e rinunciare al piacere di consegnare un pacchetto incartato con carta lucida, nastri e fiocchi?

Il Natale mette tutti d’accordo, piace ai bambini e agli adulti, è una festa attesa con la medesima impazienza da chi ne celebra il significato religioso e da chi apprezza il calore dell’intimità familiare. Una delle maggiori caratteristiche del Natale è lo scambio dei doni, rito snervante per le corse in centro e per le idee che non vengono, eppure così gratificante quando ci si scambiano i pacchetti colorati. Il donare è un gesto familiare che comunica affetto e amicizia, ma è anche un gesto sociale, governato dalle regole non scritte che governano le relazioni. L’espressione “Christmas season” indica un periodo a forte valenza economica, settimane in cui i negozi al dettaglio negli Stati Uniti e in Europa realizzano circa il venti per cento delle vendite dell’intero anno e il cinquanta per cento dei profitti. I “Dodici Giorni di Natale” della canzone inglese del XVIII secolo sono attesi con identica gioia dai bambini, perché spacchetteranno regali, dagli adulti, perché avranno qualche giorno di riposo, dai commercianti, che sperano di finire l’anno in bellezza.

 

Ma quei diavoli di economisti riescono a rovinare anche il Natale! Aveva ragione Thomas Carlyle nel definire l’economia “dismal science”, solo una scienza triste dimostra l’inefficienza economica del regalo di Natale con le curve di preferenza. Il meccanismo del dono coinvolge due agenti, il donatore e il ricevente: il primo cerca di indovinare le preferenze del secondo ma non ha la sicurezza di riuscirvi, non è detto che le valutazioni del donatore coincidano con le preferenze di consumo del beneficiario. In questa inefficienza prende origine il mercato clandestino del regalo “riciclato”, pratica che nessuno ammette ma che conferma il disallineamento tra scelte di acquisto e aspettative. Per lo psicologo Joseph Messinger il regalo “giusto”, quello indovinato, è una conferma della sintonia con il ricevente, dimostrazione di reciproche affinità. Un po’ di anni fa un economista di Yale ha formalizzato il fenomeno: dopo le vacanze natalizie, il professor Joel Waldfogel chiese ai suoi studenti di stimare il valore dei regali ricevuti, poi chiese quanto sarebbero stati disposti a pagare per quegli stessi oggetti. I risultati furono scoraggianti, le valutazioni dei regali risultarono molto al di sotto del loro valore, le stime andavano dal 90 al 70 per cento. La differenza del 10-30 per cento mancante è la frazione che si definisce “inefficienza allocativa” (“deadweight loss”), una perdita di risorse che si potrebbe evitare senza alterare le condizioni di benessere di nessuno. Il modello di Waldfogel mostra che l’efficienza allocativa si raggiunge sostituendo il regalo con somme di denaro, in questo modo il beneficiario acquisterà quello che vuole collimando con assoluta certezza le proprie preferenze. Qualsiasi dono diverso dal denaro è al di sotto delle curve di ottimizzazione.

 

Nell’analisi del professore di Yale c’era qualcos’altro: i regali più efficienti, che andavano cioè incontro ai desideri del ricevente, erano quelli delle relazioni più strette. L’inefficienza tende invece ad aumentare quanto più le relazioni sono distanti o quanto più è ampia la differenza di età tra donatore e beneficiario. Quest’ultimo non è un risultato sorprendente: quasi in ogni famiglia ci sono, o ci sono stati, nonni che regalano pigiami o “cose utili” a nipoti digitali. Molti di loro, rassegnati al “digital divide”, hanno raggiunto senza saperlo l’efficienza allocativa consegnando ai nipoti buste con denaro e un biglietto, “compra quello che vuoi”. Ma chi preferirebbe non correre il rischio di sbagliare regalo e rinunciare al piacere di consegnare un pacchetto incartato con carta lucida, nastri e fiocchi? Una busta di denaro più efficiente di un regalo impacchettato con carta lucida e fiocchi! La generosità, l’irrazionalità dei comportamenti sono dentro l’economia e dentro la società, l’homo oeconomicus è utile nei modelli ma non esiste nella realtà (per Amartya Sen è un “idiota sociale”), l’uomo economico è anche un uomo etico, un uomo sociale, un uomo generoso che cerca la felicità nel calore delle relazioni. Ora possiamo correre in centro per gli ultimi regali!

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