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I dati

I numeri dietro il boom di agrivoltaico nel 2024

Jacopo Giliberto

Progetti, finanziamenti e investimenti pari a 30,6 miliardi di euro. Oltre ai soliti scontati contenziosi e ricorsi al Tar da comitati nimby e investitori. Riepilogo

Tutti pazzi per l’agrivoltaico, cioè i moduli fotovoltaici diradati tra i filari delle colture in modo da consentire entrambe le produzioni solari, quella della fotosintesi clorofilliana vegetale e quella del silicio bifacciale fotovoltaico. Nel 2024 la commissione di valutazione di impatto ambientale dei progetti Pnrr e Pniec ha esaminato 153 investimenti in campo agrivoltaico, e qui “campo” non è in metafora. Non è un caso se cominciano a sollevarsi le proteste e i ricorsi per via giudiziaria di sindaci, comitati nimby e associazioni agricole. Ma in termini di dimensione, i colossali impianti eolici in mezzo al mare sono primi in assoluto tra quelli finanziati dai piani di ripresa e resilienza (Pnrr) ed energia e clima (Pniec), con investimenti a preventivo pari a 30,6 miliardi di euro. Il divario tra numerosità e valore apre un tema. Quali hanno la precedenza? E’ più importante esaminare prima i progetti grandi che accelerano la realizzazione dei piani energetici e climatici, come indica la legge, oppure vengono prima i progetti secondo l’ordine della coda? Alcune sentenze recenti di diversi Tar e del Consiglio di Stato dicono che la pianificazione non conta e vale l’ordine di arrivo, come il numerino al banco gastronomia. 

Al ministero dell’Ambiente vi sono due commissioni di valutazione di impatto ambientale. C’è la commissione Via-Vas, presieduta da Germana Panzironi, per esaminare in generale i progetti. E dal gennaio 2022, presieduta da Massimiliano Atelli, c’è la commissione che deve valutare l’impatto ambientale dei progetti sostenuti da due grandi pianificazioni statali, il Pnrr e il Pniec. Non tutti gli atti emanati sono pareri di Via, cioè valutazioni di impatto ambientale; alcuni sono riesami di progetti modificati; altri sono pareri preventivi di scoping, cioè un esame rapido chiesto dagli investitori per capire se un progetto allo stato ancora ideativo è compatibile con le regole ambientali; altri ancora sono riscontri chiesti dalla presidenza del Consiglio, e così via. In teoria la commissione Via Pnrr-Pniec è formata da 70 esperti, ma in pratica sono appena una cinquantina.

Con la seduta dell’altro giorno, la commissione Via Pnrr-Pniec ha censito il lavoro condotto quest’anno. I progetti presentati all’esame Via sono stati 733, in cui spiccano due tendenze: l’aumento dei grandi progetti infrastrutturali come porti, strade e ferrovie e, nel campo energetico, il gran numero di investimenti nelle fonti rinnovabili. La commissione Via Pnrr-Pniec riesce a tenersi nei tempi di legge quando arriva a poter iniziare la trattazione effettiva delle singole richieste di Via, tranne i ritardi dovuti alle altre amministrazioni come i ricorsi e i contenziosi, e così nei tre anni di attività si sono accumulate in attesa di soluzione circa 1.600 istanze. Dei 733 progetti presentati nel corso dell’anno – alcuni, pochi giorni fa – sono arrivati al traguardo 304 pareri di Via, 25 pareri di preventivi di scoping e altri atti, per complessive 378 istruttorie. Dal solo punto di vista energetico, si tratta di investimenti per una potenza complessiva di circa 19 mila megawatt.

Qualche dettaglio. Sui 153 pareri su progetti relativi a impianti agrivoltaici emessi nel 2024, 32 sono negativi (21,8 per cento). Sui 76 pareri resi su progetti relativi a impianti fotovoltaici, quattordici sono negativi (19 per cento). Sui quarantasei pareri emessi su progetti relativi a impianti eolici, dieci sono negativi (21,8 per cento). Nel caso dei venticinque progetti proposti in scoping, cioè in lettura preventiva, ventuno riguardano i grandi impianti eolici posati in mezzo al mare, dove il vento è più costante e produttivo

C’è il tema dei contenziosi. Tra le caratteristiche delle tecnologie rinnovabili con uno sviluppo più rapido, cioè eolico e fotovoltaico, spicca l’ingombro ad alta visibilità – devono essere impianti grandi per raccogliere un’energia molto dispersa, i raggi del sole o il soffio del vento – e spicca l’alto profitto dato dai sussidi. La conseguenza ovvia sono i ricorsi al Tar fatti a carriolate, a vagonate contro ogni atto della commissione. Se la commissione chiede che il progetto riduca l’impatto ambientale, zac, ricorso del proponente. Se il progetto è in una zona ad alta reattività sociale, zac, ricorso del comitato nimby. Se il progetto piccolino viene scavalcato da un progetto ad alta priorità di legge, zac, ricorso dell’investitore. E così il metronomo del Tar scavalca il ritmo delle priorità e impone il valzer del caso singolo su quello della strategia nazionale.