I lavori per la posa delle tubature per il gasdotto dal porto per la nave Golar alla stazione rete nazionale gas, a Piombino (foto Ansa) 

energia

L'Italia senza Gazprom e con consumi di gas al palo. I numeri di un cambio strutturale

Maria Carla Sicilia e Antonio Sileo

Il 2024 si è chiuso con consumi di gas naturale tra i più bassi da inizio secolo. Rigassificatori, stoccaggi, export. Un po' di dati per capire come sono cambiate, negli ultimi due anni, la domanda e l'offerta di gas

Come previsto, Kyiv ha staccato la spina del gas russo che da Mosca arriva in Europa. Gli appelli più o meno espliciti e preoccupati di imprese di trasporto e consumatori industriali di Slovacchia, Ungheria, Austria e Italia non sono serviti a nulla. Nonostante la posizione ambivalente della stessa Ucraina, che oltre a perdere 800 milioni di dollari di diritti di transito all’anno vedrà anche finire in fretta le proprie scorte, da Capodanno Gazprom ha chiuso del tutto i rubinetti.

   

Tuttavia, l’Italia che oggi si trova a gestire l’azzeramento dei flussi dalla Russia è un paese molto diverso da tre anni fa. Non solo perché il lavoro portato avanti sul fronte della diversificazione ha portato dei risultati in termini di sicurezza del sistema – uno su tutti: abbiamo una maggiore capacità di utilizzare gas naturale liquefatto (Gnl) grazie al rigassificatore già in funzione a Piombino – ma anche perché i consumi sono completamente cambiati. Per capire cos’è successo è utile guardare ai prezzi. La notizia dell’interruzione delle forniture russe, benché nota da tempo, ha avuto un riverbero sui prezzi dell’indice Ttf (acronimo di Title Transfer Facility), riferimento per tutta Europa, quotato alla borsa di Amsterdam. Dopo Capodanno ha superato i 50 euro/MWh: per fare un confronto, a gennaio di un anno fa era sotto i 40 e nel corso del 2024 ha toccato anche minimi più bassi come i 29 euro/MWh di febbraio. C’è stato dunque un rialzo rispetto alla media dell’anno appena concluso, ma si tratta di cifre davvero ben lontane dai massimi toccati nel 2021 e, ancor di più, nel 2022, quando si sono viste punte massime anche superiori ai 300 euro/MWh.

   
Bisogna tenere in considerazione proprio quella lunga stagione di iper prezzi per capire come sono cambiati negli ultimi due anni i consumi di gas in Italia. Gli effetti si vedono in tutti i segmenti della domanda, che è uscita distrutta dal caro energia. Durante la crisi tutti hanno imparato quanto e come i prezzi del gas influenzino i costi della generazione termoelettrica e dunque anche il prezzo finale dell’elettricità, per tutte le categorie di consumatori. Chi ha potuto ha investito in efficienza e risparmio energetico, anche in uffici e abitazioni, dove ci si è accorti di poter star bene anche con qualche grado in meno o indossando un maglione solo un po’ più pesante. Chi non ce l’ha fatta, e questo vale soprattutto per l’industria, ha ridotto i consumi e la produzione

  
I dati del 2024, appena elaborati dalla rivista specializzata Staffetta Quotidiana su dati Snam e ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, parlano chiaro: il 2024 si è chiuso con consumi di gas naturale tra i più bassi da inizio secolo. Rispetto al 2023 si registra un lievissimo aumento (+0,5 per cento) a quasi 61,4 miliardi di metri cubi: un valore raggiunto in gran parte solo per le temperature più rigide, di oltre 11 punti percentuali inferiore alla media del decennio 2014-2023. Il quadro che ne esce fuori per il secondo anno di fila lascia pensare a un mutamento strutturale della domanda italiana dopo la crisi energetica. Da un lato si ridimensiona il peso dell’Italia come consumatore, dall’altro, però, si aprono significative prospettive come paese riesportatore. Uno scenario possibile anche grazie alle nuove infrastrutture di import che esistono e a quelle che presto saranno attive, come il nuovo terminale galleggiante Gnl di Ravenna operativo da aprile, che garantirà una maggiore capacità di importazione a fronte di una domanda ormai stabilmente ridotta.

 

L’altro fronte a cui prestare attenzione sono gli stoccaggi, i polmoni del sistema, che hanno un ruolo essenziale nel soddisfacimento delle esigenze di modulazione dei consumi: tanto più grande è la capacità di stoccaggio, maggiore sarà la capacità di contribuire a garantire le forniture e, quindi, la sicurezza energetica di un paese e ormai di tutta l’Unione europea. Oggi, con i primi mesi dell’inverno che non sono stati neanche così miti, gli stoccaggi dei 27 paesi dell’Unione sono in media pieni al 72 per cento, con Germania e Italia, le economie consumano più gas, rispettivamente al 79 e al 78 per cento (dati Gie). Al momento non c’è tanto da preoccuparsi, salvo ricordare che ci sono paesi che hanno bisogno di serio e urgente aiuto, a cominciare dalla Moldavia, dove le abitazioni dei circa 400 mila abitanti della Transnistria sono senza riscaldamento e acqua calda.