debiti illusori

Emettere debito europeo si può, a patto che non resti un puro esercizio retorico

Lorenzo Bini Smaghi

Transizione digitale, difesa e clima: senza tasse europee e politiche condivise il progetto resta fermo. Non può esservi debito europeo senza maggiori risorse dei paesi membri e senza politiche comuni

Nel 2025 si continuerà a discutere di come i paesi europei potranno far fronte agli onerosi impegni dei prossimi anni, dalla difesa alla transizione ambientale e digitale, pur rispettando i vincoli di finanza pubblica. Una soluzione – spesso evocata da alcuni accademici, commentatori ed esponenti politici – è quella di emettere debito europeo, in particolare estendendo il modello seguito con il Pnrr, finanziato con il programma Next Generation Eu.

  
L’unica difficoltà sembra essere l’opposizione di alcuni paesi del nord Europa, come la Germania. In realtà, sono molti di più i paesi contrari al debito europeo, inclusa l’Italia. Il motivo è che nessun debito, nemmeno quello europeo, può essere emesso senza garanzie. Il debito emesso per finanziare il Pnrr, ad esempio, è solo in parte europeo. Dei 194 miliardi di euro del programma italiano, 123 fanno parte del debito pubblico italiano, anche se emesso a tasso agevolato europeo. Solo la parte ricevuta a dono è stata finanziata in modo comune. A garanzia di quel debito, e per pagarne gli interessi nel corso degli anni, i paesi membri hanno concordato di aumentare le risorse del bilancio comunitario. Entro luglio 2025 dovranno essere decise nuove entrate, in particolare nuove tasse sulle transazioni finanziarie, sul digitale e sulle emissioni di CO2. Quest’ultimo aspetto viene spesso omesso da chi propone di fare più debito europeo.

    
A differenza dei paesi membri, che hanno entrate fiscali pari in media a circa il 46 per cento del prodotto lordo, l’Unione europea ha risorse limitate e un bilancio di poco più dell’uno per cento del prodotto complessivo. Non è dunque possibile emettere più debito europeo senza un significativo aumento delle entrate fiscali comunitarie, sia attraverso tasse direttamente percepite dall’Unione sia attraverso trasferimenti di bilancio dai paesi membri all’Unione. Questo è il principale ostacolo politico all’emissione di nuovo debito europeo. In effetti, a opporsi a nuove risorse fiscali europee non sono solo i paesi del nord Europa ma anche altri, soprattutto i contribuenti netti al bilancio comunitario, Italia in primis. 

  
Una via alternativa sarebbe quella di usare il Meccanismo europeo di stabilità (il cosiddetto Mes) per garantire con il proprio capitale nuove emissioni dedicate di titoli europei, ma l’Italia si è finora opposta a qualsiasi cambiamento di statuto che consenta al Mes di ampliare le proprie funzioni. In sintesi, proporre di fare più debito europeo per finanziare l’ampia gamma di programmi comuni senza spiegare come reperire le risorse per garantirlo è un esercizio puramente teorico che non ha nessuna credibilità politica.

 
L’altro aspetto, che viene spesso tralasciato dai proponenti del debito europeo, è l’oggetto del finanziamento. Come verrebbero utilizzati i fondi ricavati da tale debito? 

 
Non è pensabile replicare il meccanismo del Pnrr, per cui le risorse raccolte centralmente vengono redistribuite ai singoli stati, senza analoghi vincoli e procedure centralizzate. Ad esempio, per finanziare con debito europeo nuove spese militari, dei paesi membri o dell’Unione, è necessario che ci sia a monte una intesa sul tipo di spesa e sulla destinazione da dargli. Non è credibile che ciascun paese usi le risorse ricevute dall’Unione a sua discrezione, senza alcun coordinamento. In sintesi, prima di parlare del debito comune bisogna aver definito una politica di difesa comune. Ciò significa, in poche parole, accettare di non decidere più all’unanimità dei 27 i paesi membri (24 se si escludono i paesi neutrali).  Anche in questo caso, se a parole vi è ampio consenso sulla necessità di una politica di difesa comune, nei fatti la maggior parte dei paesi europei, Italia inclusa, non è pronta a condividere la sovranità in questo settore. Lo dimostrano le diverse posizioni tenute dai paesi europei riguardo all’utilizzo degli armamenti inviati all’Ucraina. Tale differenza non sarebbe possibile se il finanziamento fosse comune. E’ suggestivo pensare che l’Europa disponga di un tesoretto, sotto forma di debito comune, al quale attingere per finanziare le politiche necessarie per rendere il continente più competitivo e più sovrano. Tuttavia, quel tesoretto esiste solo se qualcuno – ossia i contribuenti dei paesi membri – vi contribuisce e se si concordano preventivamente politiche comuni. Non può esservi debito europeo senza maggiori risorse dei paesi membri e senza politiche comuni. Ricordarlo è necessario, se si vogliono evitare inutili illusioni.
 

Di più su questi argomenti: