l'intervento
Chi controlla il cielo controlla la Terra: il caso Starlink
Perché l’Europa deve coordinare meglio le proprie politiche regolatorie per favorire l’innovazione, mantenendo il controllo delle infrastrutture critiche
La recente battaglia tra Elon Musk e alcuni senatori del Pd ha riacceso i riflettori sul crescente potere di Starlink nel campo delle telecomunicazioni satellitari. I senatori Nicita e Basso, con i loro emendamenti, sollevano un altro interrogativo: possiamo permetterci di affidare le infrastrutture strategiche a un imprenditore legato a doppio filo con un governo straniero, per quanto alleato?
Starlink è un’innovazione rivoluzionaria nel campo della connettività globale. Tuttavia, il progetto di Musk nasconde insidie che vanno ben oltre la semplice competizione commerciale. Ad esempio, il controllo dello spazio orbitale: i satelliti SpaceX stanno progressivamente occupando l’orbita terrestre bassa, una risorsa tanto preziosa quanto limitata, creando quello che gli esperti già definiscono una posizione dominante: oggi più la metà degli oltre 11 mila satelliti in quest’orbita sono di Musk.
Il caso ucraino ha dimostrato come le infrastrutture satellitari sono potenti strumenti di influenza geopolitica: un singolo attore privato può condizionare scenari internazionali complessi attraverso il controllo di queste tecnologie.
Ma tornando ai piani per migliorare la connettività in Italia, operatori come Open Fiber e Fibercop stanno investendo per portare la rete nelle aree più remote, anche con tecnologie diverse dalla fibra dove questo è più difficile. E’ vero, siamo in ritardo, ma guardando a come eravamo messi qualche anno fa, abbiamo fatto passi da gigante. Quindi più che farsi guidare da ansie da prestazione (ansia che sembra ispirare anche l’emendamento sullo switch off del rame alla legge di Bilancio), sarebbe utile concentrarsi sullo sviluppo di un ecosistema pubblico e privato di servizi digitali, dove la qualità della connessione è condizione necessaria ma non sufficiente a ridurre il divario tecnologico dell’Europa con Stati Uniti e Cina.
In quest’ottica si possono bilanciare l’innovazione con la tutela degli interessi nazionali ed europei.
Anche la questione dei fondi Pnrr per le infrastrutture digitali va letta in questa chiave. Non è un caso se lo stato italiano, attraverso vari governi incluso quello attuale, ha scelto di investire in chi realizza e gestisce le reti nazionali. Quindi escludere Starlink da certi bandi non è protezionismo, ma tutela legittima degli interessi strategici del paese.
E poi il “land grabbing” spaziale di Starlink solleva anche questioni di sostenibilità. Migliaia di satelliti in orbita significano maggior rischio di collisioni e minor spazio per future infrastrutture di altri operatori, pubblici o privati.
L’attuale regolamentazione dello spazio, basata sul principio “primo arrivato, primo servito”, mostra tutti i suoi limiti di fronte all’espansione di SpaceX. Si tratta di una supremazia che quando non garantirà più un accesso equo alle orbite, farà nascere nuovi conflitti oggi difficili da immaginare. Anche perché gli Stati Uniti difenderanno la loro posizione con tutte le forze, anche contro l’Europa.
Non si può quindi solo denunciare la dipendenza tecnologica da figure come Musk, l’Europa deve coordinare meglio le proprie politiche regolatorie per favorire l’innovazione e sviluppare alternative credibili, mantenendo il controllo delle infrastrutture critiche. La vera sfida è trovare un equilibrio tra innovazione, mercato e interessi nazionali ed europei. Senza accettare passivamente un ruolo subalterno, un contrappasso per chi ha vinto le elezioni con la retorica della sovranità.
Risvolti inaspettati