(foto Ansa)

una finestra sugli usa

Paradossi dell'Elkann d'America, tra new economy e vecchia industria

Mariarosaria Marchesano

Il presidente di Exor entra nel cda di Meta (Zuckerberg), avvicinandosi a Trump, i cui dazi minacciano Stellantis

Da un lato, l’ingresso nel cda della big tech Meta, con tanto di annuncio fatto dallo stesso fondatore Mark Zuckerberg, dall’altro i risultati deludenti nelle vendite d’auto sul mercato americano. Corre su un doppio binario il rapporto di John Elkann con gli Stati Uniti nell’anno del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Entrare a far parte della stanza dei bottoni di “una delle aziende più significative del ventunesimo secolo”, come lui stesso l’ha definita, rappresenta per Elkann un successo personale raggiunto grazie all’esperienza manageriale maturata a livello globale nel gruppo Exor, la holding di partecipazioni della famiglia Agnelli di cui è presidente. Exor, però, è anche l’azionista di controllo di Stellantis che proprio sul mercato americano sta accusando il colpo più duro: nel 2024 la casa automobilistica italo-francese ha venduto 1,3 milioni di veicoli con un calo del 15 per cento rispetto all’anno precedente. E adesso sempre il mercato americano pone la sfida più difficile. Alcuni analisti ricordano, infatti, che Stellantis è esposta ai rincari dei dazi che l’amministrazione Trump vuole imporre non solo sulle auto provenienti dall’Europa, ma anche su quelle importate da Messico e Canada dove l’azienda realizza un terzo della produzione venduta negli Stati Uniti. Ma a questo adesso Elkann sembra non volere pensare preferendo concentrarsi sui risultati positivi raggiunti dal gruppo Stellantis sull’altra sponda dell’Oceano, per esempio, con il marchio Jeep che è stato riconosciuto come “il brand più patriottico d’America per il 23esimo anno consecutivo”. 

 

Da un lato, la digital economy, dall’altro l’industria, quella dell’auto che affronta la difficile transizione verso l’elettrico. In questo guado si trova il nipote di Gianni Agnelli, scelto da Zuckerberg nella convinzione che possa dare un contributo a delineare il futuro di Meta, a cui fa capo il mondo dei social media della Silicon Valley (Facebook, Whatsapp, Instagram) che sta compiendo una strategia di avvicinamento all’amministrazione Trump. Zuckerberg, infatti, ha annunciato che rinuncerà al programma di fact-checking, vale a dire il controllo delle notizie, e rimuoverà le restrizioni di parola su Facebook e Instagram, spiegando che è un modo per ripristinare il “free speech” sulle piattaforme. In pratica, il fact checking sarà sostituito con un sistema di “community note” molto simile a quello usato da X di Elon Musk. La mossa, dicono i media americani, avrebbe, appunto, a che fare con il percorso intrapreso da Zuckerberg per costruire legami con Donald Trump con il quale ha anche cenato a Mar-a-Lago nei giorni scorsi e al quale avrebbe offerto un contributo di 1 milione di dollari. 

Inoltre, tra i nuovi membri del consiglio di amministrazione di Meta è stato nominato Dana White, imprenditore ed ex telecronista sportivo convinto sostenitore e alleato di Trump. “Dana, John e Charlie (Charlie Songhurst, un investitore globale di start up tecnologiche, ndr) porteranno un insieme di esperienze e di prospettive che ci aiuteranno ad affrontare le enormi opportunità che ci attendono con l’intelligenza artificiale, i dispositivi indossabili e il futuro della connessione umana”, ha detto Zuckerberg. Insomma, sedendo nel cda della big tech americana, Elkann avrà modo di partecipare allo sviluppo della new econom,y ma anche di tessere relazioni con ambienti vicini alla Casa Bianca che si prepara ad annunciare i dazi che potrebbero mettere in ulteriore difficoltà Stellantis. Secondo il Washington Post, infatti, a dispetto di quanti nell’ultimo periodo hanno tentato di minimizzare la portata di iniziative protezionistiche, Trump non intende modificare i suoi piani iniziali, vale a dire imporre tariffe universali sulle merci importate negli Stati Uniti comprese tra il 10 e il 20 per cento. Al momento non è chiaro quali sono i settori chiave sui quali si concentreranno i rincari, ma sembrano esserci pochi dubbi sul fatto che l’industria automobilistica possa essere colpita. Per Stellantis si prospettano, dunque, tempi duri sul mercato americano dove le concorrenti General Motors e Ford stanno, invece, conquistando quote di mercato grazie anche agli incentivi stanziati dall’Inflaction reduction act (Ira) dell’amministrazione Biden. 

 

Ma c’è l’industria e c’è la finanza e l’America offre varie possibilità a un gruppo come Exor che grazie ai suoi investimenti diversificati riesce a garantire sempre ricche cedole ai suoi azionisti. Lo scorso 31 dicembre, Stellantis ha annunciato che il fondo One Equity Partners (ex Jp Morgan)  ha rilevato la maggioranza delle azioni di Comau, la controllata leader nell’automazione industriale e nella robotica, dopo che si erano diffuse voci, evidentemente infondate, di un possibile interesse della Tesla di Musk. Stellantis ha motivato la cessione affermando che grazie a questa operazione “avrà la possibilità di concentrarsi sulle sue attività principali in Europa”. Ma quali attività? Il Vecchio Continente significa per Exor soprattutto trovare una soluzione alla crisi dell’auto. Le aspettative sono riposte nel successore di Carlos Tavares, a cui è stata imputata sia la responsabilità degli scarsi risultati negli Stati Uniti oltre ai  difficili rapporti in Italia con il governo Meloni ora in fase di miglioramento. 

 

Ma ci vorranno almeno altri due mesi per conoscere il nome del nuovo ad  di Stellantis, che molto probabilmente riceverà come mandato di sondare le opportunità di aggregazioni di fronte a un mercato delle quattro ruote che a livello mondiale sta conoscendo una fase di consolidamento. I produttori d’auto europei, infatti, quando non possono contare in eterno sugli incentivi dei governi al consumo, hanno come unica alternativa quella di riorganizzarsi su una scala più grande per generare sinergie e ottenere le risorse almeno per tentare di competere con un colosso come Tesla, il cui fondatore Musk, il salto nei social media lo ha fatto da tempo, così come nella space economy, e adesso è anche l’uomo più influente vicino a Trump.

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