Veleno social
La nemica Phillips e l'amico Robinson. Il Regno capovolto di Musk
Il ceo di X lancia l'ennesimo attacco al governo britannico a suon di disinformazione e distorsioni: la responsabile per la lotta alla violenza contro donne “diventa una strega cattiva”, al contrario dell'agitatore di ultradestra della English Defense League, incoronato come eroe. E per Starmer si è superato ogni limite
Rotherham e dintorni sono una piaga che non si chiude: quell’imbarazzo di servizi sociali e polizia nell’accogliere le testimonianze delle vittime – 1.400 ragazze bianche minorenni adescate e stuprate da uomini per lo più di origine pachistana per trent’anni circa – stanno offrendo, oggi che gli eventi sono stati ampiamente analizzati, l’occasione a Elon Musk per l’ennesimo attacco al governo di Keir Starmer a suon di disinformazione e semplificazioni. E distorsioni: Jess Phillips, responsabile di governo per la lotta alla violenza contro donne e ragazze, è diventata la “strega cattiva”, “apologista di stupri e genocidi” e dovrebbe stare in carcere, mentre secondo Musk l’eroe della situazione, che in carcere ci sta davvero, è l’agitatore di ultradestra Tommy Robinson, fondatore della English Defense League, uno con una storia di disordini politici, evasione fiscale, spaccio e risse violente così lunga che ci si stupisce ogni volta che abbia solo 42 anni.
Per anni Robinson, al secolo Stephen Yaxley-Lennon, è stato l’incarnazione dell’infamia politica più inaccettabile, tanto che addirittura Nigel Farage ha dovuto far di tutto per spiegare che l’Ukip prima e Reform Uk dopo non avevano nulla a che fare con la foga antimusulmana del British National Party e delle sue derivazioni. Salvo farne le spese ora che Musk, poche settimane dopo le foto insieme e le promesse di denaro, ha deciso che Farage non va più bene per aver detto che Robinson “non è un prigioniero politico”, con una volatilità di giudizio di cui altri farebbero bene a prendere nota. Starmer ha fatto sapere di non poterne più: “Quando il veleno dell’ultradestra porta a gravi minacce a Jess Phillips e altri, allora è stato superato il limite”.
Anche perché Phillips è tutt’altro che reticente, quando si tratta di parlare del suo tema, gli abusi. Quarantaquattrenne, aveva già lo stesso ruolo nel governo ombra, ma aveva rinunciato per protesta contro la linea del suo capo su Gaza. Dal 2010 si occupa di rifugi antiviolenza, ha lavorato con la polizia, si è attivata per arginare le proteste dei genitori musulmani contro l’educazione sessuale e ha fatto dichiarazioni schiette sul fatto che la comunità pachistana “ha un problema sul ruolo della donna in famiglia e nella società”. Insomma, tutt’altro che una radical chic incapace di chiamare le cose con il loro nome. Ora è colpevole di non volere un’altra inchiesta sullo scandalo del grooming ma di chiedere che vengano applicate le conclusioni di quelle che ci sono già state.
Dopo 14 anni di Tory, al potere all’epoca in cui la vicenda venne fuori, un’inchiesta avrebbe come unico scopo quello di dare addosso a Starmer, ai tempi capo della procura della regina. La decisione del Cps da lui guidato di non perseguire una denuncia perché la vittima non era ritenuta credibile lo rende vulnerabile alle critiche, anche se la decisione non fu la sua. Intanto su Phillips sette vittime si sono fatte avanti con una lettera: “Nessuno nella vita pubblica ha mai fatto tanto quanto lei per sostenere le vittime e le sopravvissute e combattere nel loro interesse”.
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