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Emergenza rifiuti

La Sicilia avvia l'iter per costruire due termovalorizzatori

Riccardo Carlino

Regione e Invitalia firmano la convenzione per un investimento da 800 milioni. I due impianti saranno collocati a Palermo e Catania e dovrebbero entrare in funzione entro il 2028. L'isola è ancora in cima alla classifica delle regioni che producono più rifiuti, nonostante i livelli di raccolta differenziata in crescita 

Ieri è stato sottoscritto un accordo con cui la Regione Sicilia affida a Invitalia il compito di preparare i bandi e la gestione delle gare di appalto per la costruzione di due termovalorizzatori. Gli impianti saranno costruiti nella zona industriale di Catania e alle porte di Palermo, nei pressi della discarica di Bellolampo. L'investimento complessivo è di 800 milioni di euro, finanziato attraverso l’Accordo per la coesione, e gli impianti dovrebbero entrare in funzione a partire dal 2028.  

L'affaire termovalorizzatori in Sicilia va avanti almeno dal 2002, quando un bando di gara per realizzazione di quattro termovalorizzatori a Palermo, Augusta, Casteltermini e Paternò si trascinò per quasi vent’anni fra contenziosi e polemiche, fino a spegnersi definitivamente. Il progetto, ridotto poi a due impianti, è tornato a vagare fra i corridoi di Palazzo d'Orléans con l'arrivo di Nello Musumeci alla guida della regione e successivamente con Renato Schifani – in veste anche di commissario straordinario per l'emergenza rifiuti – che adesso sembra pronto a fare le cose sul serio per gestire il surplus di spazzatura che grava sull'isola da anni, per lo più smaltita in discarica o spedita all'estero.

Secondo l'ultimo Rapporto rifiuti urbani dell'Ispra, nel 2023 sono state prodotte 2.153.696 tonnellate di rifiuti. Per questo la Sicilia è tra le regioni che ne producono di più in Italia: la seconda fra quelle del sud (dopo la Campania). L'isola può contare su nove discariche su cui si basa buona parte dello smaltimento, anche se nell'ultimo anno ci sono stati dei miglioramenti. 

Nel 2023 sono state smaltite in discarica oltre 741 mila tonnellate di rifiuti pretrattati. È la cifra più alta fra tutte le regioni del sud Italia, ma il dato si è ridotto del 16,8 per cento rispetto a quello del 2022 (890.763 mila tonnellate). La diminuzione appare correlata all’incremento della raccolta differenziata che nel 2023 è arrivata 55,2 per cento, (+3,7 per cento sul 2022).

Ciononostante, in Sicilia continua a esserci “un quadro impiantistico carente e poco diversificato”, come ha sottolineato l'Ispra l'anno scorso, “che non riescono a chiudere il ciclo all’interno del territorio regionale”. Anche per questo la regione spedisce all'estero migliaia di tonnellate di immondizia indifferenziata trattata nei vecchi impianti per il trattamento meccanico biologico (Tmb), che non è più possibile smaltire nell’isola. La procedura comporta notevoli extracosti per le casse pubbliche dei comuni, che vengono poi coperti da successivi stanziamenti da parte della Regione (che a luglio scorso ha sbloccato 50 milioni di euro a tale scopo).

La costruzione dei due termovalorizzatori ha ricevuto l'ok dalla giunta regionale nel novembre dell'anno scorso, con l'approvazione di un nuovo piano per la gestione dei rifiuti che prevede anche la costruzione di nuovi impianti di recupero e riciclo, come quelli per il compostaggio e i biodigestori. Obiettivo: puntare al recupero del 65 per cento dei rifiuti urbani e un risparmio di 150 milioni annui sui costi di trattamento.

La decisione è stata accompagnata dalla protesta del comitato Rete Sicilia pulita, in cui confluiscono associazioni ambientaliste e sindacati in “lotta contro un sistema di smaltimento dei rifiuti che favorisce gli affari di pochi a danno della salute di tutti”. La rete si è riunita nella sua prima assemblea cittadina il 14 dicembre, promettendo successivi incontri in altre città. A oggi, alla luce della convenzione appena firmata, non sembrano essere state programmate altre contestazioni.

Mesi prima, quando il provvedimento era ancora in discussione, alcuni parlamentari palermitani del M5s avevano bollato la proposta come “un tradimento di fronte alle reali esigenze della città e delle generazioni future”, mentre da Palermo il capogruppo del Movimento all' Assemblea regionale siciliana, Antonio De Luca, si diceva “pronto alle barricate”.

Nello scacchiere politico regionale anche il Pd aveva criticato la decisione. Nello stesso periodo in cui il Tar del Lazio respingeva il ricorso del comune di Albano Laziale contro la costruzione del termovalorizzatore fortemente voluto dal sindaco dem di Roma Roberto Gualtieri, gli esponenti siciliani del Partito Democratico facevano sapere di nutrire “fortissime perplessità non solo sulla scelta in sé” dei termovalorizzatori, “ma anche sulla su specifica collocazione”. Convinti che quello voluto da Schifani sia un “investimento faraonico” incapace di far risparmiare i cittadini, segno di una “mancanza di una strategia a lungo termine”.