Jeff Bezos e la sua compagna Lauren Sanchez, presentatrice televisiva, sono da alcuni anni protagonisti del jet set internazionale (Getty) 

L'azzardo di Mr. Amazon

Marco Bardazzi

Jeff Bezos punta tutto sulla sfida spaziale a Musk, a colpi di razzi. Com’è cambiata la sua immagine pubblica

Il suo entusiasmo per il negozio globale che ha inventato trent’anni fa è esaurito da tempo. Quel gigantesco capolavoro di logistica che è Amazon gli ha consentito di diventare ricchissimo e creare la prima “everything company” planetaria nella storia dell’umanità. Ma il superstore online e i suoi prodotti derivati non erano mai stati il vero obiettivo, il traguardo finale. Non lo era neppure il redditizio business dei cloud, le nuvole informatiche che mandano avanti il mondo. Così come le auto elettriche di Tesla non lo sono mai state per il suo principale rivale. Fermarsi alle nuvole non poteva bastare per Jeff Bezos, come non basta per Elon Musk.

   

Giovedì da Cape Canaveral è stato lanciato il New Glenn, il razzo alto come un palazzo di 32 piani del progetto Blue Origin di Bezos

   
Tutte le aziende e i prodotti che hanno creato e che li hanno resi il primo (Musk) e secondo (Bezos) tra gli uomini più ricchi del mondo, servono per costruire una scala verso il cielo e puntare là dove, fin dall’inizio, entrambi volevano andare: lo spazio. E’ quello il punto di arrivo reale e per raggiungerlo è lecito qualsiasi compromesso e qualsiasi deviazione dal percorso che faciliti l’impresa. Incluso diventare super trumpiani e piantare le tende a Mar-a-Lago e poi alla Casa Bianca (Musk), o trasformarsi in cauti trumpiani e frenare l’istinto giornalistico del Washington Post, il quotidiano finito nell’orbita di Amazon (Bezos). Insomma, non si capiscono fino in fondo le ultime mosse dei campioni della Silicon Valley se non si tiene in considerazione soprattutto l’avventura spaziale.

     
Mentre Musk è da mesi il tecnocrate che si propone come riferimento per le destre mondiali e Mark Zuckerberg (il terzo uomo più ricco del mondo) è il suo nuovo discepolo che ha deciso di portare Meta in pellegrinaggio da Trump, Jeff Bezos sta giocando una partita analoga, ma meno esposta e più sottile, per riposizionarsi e ottenere sostegno per le proprie ambizioni spaziali dai nuovi potenti della politica americana. “Sono molto ottimista sulla nuova amministrazione – ha detto il fondatore di Amazon – perché vedo un Trump più pacato. Se davvero darà battaglia per ridurre la selva di regolamenti che abbiamo nel nostro paese, allora farò di tutto per aiutarlo”. Parole lontane dalle provocazioni continue di Musk su X o dalle retromarce pubbliche che Zuckerberg sta facendo fare a Facebook e Instagram sul fact checking e sulle battaglie per diversità e inclusione. Ma anche Bezos, a modo suo, si è trumpizzato. E anche lui, insieme a Musk e Zuck, ha ottenuto come premio un posto d’onore lunedì sul palco della cerimonia di insediamento di Trump a Washington: seduti uno accanto all’altro, insieme saranno un colpo d’occhio dal valore complessivo di circa 870 miliardi di dollari. 

 

“Sono molto ottimista sulla nuova Amministrazione perché vedo un Trump più pacato”. La battaglia per “ridurre la selva di regolamenti”

   
La chiave di lettura di tutto, l’ambizione che fa mettere da parte anche le passate idee progressiste, per Bezos come per Musk è la voglia di conquistare lo spazio (Zuck per ora non mostra lo stesso entusiasmo per le stelle, è più interessato ai dati delle trimestrali delle sue aziende e al valore del titolo in Borsa). Che importa se Trump si è preso l’America e vorrebbe anche la Groenlandia o il Canada – è il loro pensiero – quando noi, con il suo appoggio, possiamo avere la Luna e poi Marte? 

   
La vera competizione da seguire negli anni del secondo mandato di Trump non sarà quella tra Google, Microsoft e OpenAI sull’intelligenza artificiale, né la sfida tra Intel e Nvidia sui chip, o tra Tesla e le case automobilistiche tradizionali per le auto senza pilota. La prossima grande battaglia è quella per le stelle, tra SpaceX e Starlink in casa Musk e Blue Origin di Bezos affiancata dal progetto satellitare Kuiper di Amazon. Entrambi i protagonisti, Musk e Bezos, sono convinti che saranno imprese di dimensioni infinitamente più grandi di quelle che hanno già costruito, Tesla e Amazon, che li hanno resi i due uomini più ricchi del pianeta. Ma per realizzarle serve l’appoggio del governo e del Congresso. Baciare l’anello a Trump non è poi un gran sacrificio, se in cambio si possono ottenere i via libera della Nasa e degli altri enti federali, la semplificazione delle regole del gioco e un po’ di contratti miliardari per la difesa, le telecomunicazioni, la ricerca e l’esplorazione spaziale. 

 
Sta qui il senso della sfida dei razzi che si è vista nei giorni che hanno preceduto l’inaugurazione di Trump. Giovedì da Cape Canaveral in Florida è stato lanciato per la prima volta il New Glenn, il razzo alto come un palazzo di 32 piani con cui la Blue Origin di Bezos è entrata a pieno titolo nella competizione spaziale. Contemporaneamente in Texas, nella base di lancio di SpaceX, proseguono i lanci dei Falcon 9, più piccoli del New Glenn. Ma anche i test del gigantesco Starship, il super razzo alto 121 metri per il quale la Nasa si è impegnata a pagare tre miliardi a Musk per portare equipaggi umani e materiale per le basi spaziali sulla Luna e in seguito verso Marte. Musk e Bezos per ora si scambiano complimenti su X per i successi dei reciproci razzi, ma durerà poco. 

 
Mentre Trump comincia il secondo mandato alla Casa Bianca, si sta aprendo una nuova epoca per l’esplorazione spaziale: quella della competizione tra privati. Un tempo il settore era controllato solo dai grandi enti pubblici, come Nasa o l’Agenzia spaziale europea (Esa). Poi è arrivato Musk, che per qualche anno ha avuto il vantaggio di essere il solo privato in grado di spedire satelliti in orbita e ha costruito il nuovo business di SpaceX e della rete satellitare Starlink. Ma adesso con New Glenn anche Bezos è entrato ufficialmente nella competizione, dopo anni in cui si limitava a spedire turisti spaziali pieni di soldi in avventure di pochi minuti nello spazio sub-orbitale. Dopo l’uomo della Tesla, nello spazio è arrivato anche l’uomo di Amazon. Ora la competizione diventa reale e per entrambi è fondamentale avere la benedizione di Trump e dei suoi apparati federali, Nasa e Pentagono in testa. 
Per Bezos si tratta del coronamento di un sogno che dura da tutta la vita. Nato sessantuno anni fa in New Mexico e vissuto inizialmente con un padre alcolizzato, Jeff è il figlio adottato di un immigrato cubano che gli ha donato il cognome, Miguel “Mike” Bezos, ed è cresciuto con lui e la mamma Jacklyn in Texas, dove fin da piccolo ha cominciato a studiare le stelle. Alla cerimonia di consegna del diploma al college, gli fu affidato un discorso pubblico a nome degli altri studenti e lui lo dedicò a raccontare la visione di un futuro in cui l’umanità avrebbe colonizzato lo spazio. Qualcosa di simile a ciò che in Sudafrica sognava anche il giovane Elon Musk, prima di migrare negli Usa e cominciare la sua avventura nel mondo tech. 

 
La strada che ha scelto Bezos per arrivare alle stelle è ancora più lunga e tortuosa di quella di Musk, che ha cominciato a costruire SpaceX più o meno insieme a Tesla. Jeff invece, che ha otto anni più di Elon e appartiene alla generazione dei pionieri del web degli anni Novanta, è partito dal mondo della consulenza e degli hedge fund di New York, per poi mollare tutto e spostarsi a Seattle nel 1994 a inventare e lanciare una libreria online, Amazon, in anni in cui l’e-commerce era ancora ai primissimi passi. Con la moglie MacKenzie Scott, una sua collega di lavoro a Manhattan che si era licenziata fidandosi di lui e delle sue previsioni sul boom di internet in arrivo, Jeff costruì Amazon nel classico garage da startup, con i soldi prestati dai genitori e vivendo in un monolocale. 

 
Fu un successo strepitoso, partito dalla vendita dei libri per diventare poi la vendita di tutto e in tutto il mondo. Eppure fin dall’inizio Bezos era convinto che anche un colosso come Amazon non fosse altro che una tappa sulla via che portava verso il vero business che sognava: Blue Origin e lo spazio. La società per l’esplorazione spaziale è stata fondata nel 2000, ma per molti anni Bezos l’ha fatta crescere in modo prudente e l’ha seguita solo saltuariamente, impegnato com’era con Amazon. Poi intorno al 2013 qualcosa è cambiato ed è arrivata la metamorfosi di Jeff, che in parte assomiglia a quella che adesso sta attraversando Zuckerberg. 

   

L’acquisto anomalo del Washington Post l’ha catapultato nel cuore della vita pubblica. Le comparsate a Hollywood, i muscoli pompati

   
Il nerd mingherlino Bezos, celebre per l’abitudine di girare con un’auto vecchia, fare poca vita sociale e trascorrere il tempo quasi sempre immerso nel lavoro in ufficio, negli ultimi dieci anni è diventato un’altra persona. Quando ha raggiunto il traguardo di essere l’uomo più ricco del mondo – Musk ancora era indietro in classifica - ha cominciato a fare cose che nessuno si aspettava da lui. La prima anomalia è stata l’acquisto del Washington Post dalla famiglia Graham, che lo ha catapultato nel cuore della vita pubblica e della politica nella capitale, un luogo che non aveva mai frequentato. Poi nel 2016 ha cominciato a comparire spesso a Hollywood, facendo anche l’attore in un film della serie di “Star Trek”. Poco dopo ha iniziato a presentarsi in un pubblico con un nuovo look, con i capelli rasati e un fisico palestrato e muscoloso, lontano anni luce dai suoi anni da nerd. 

 
Nel 2019 è arrivato l’annuncio della fine del matrimonio con MacKenzie, dopo 25 anni, con una separazione che ha permesso a lei di mantenere il 25 per cento di Amazon e diventare così la terza donna più ricca del mondo. Allo stesso tempo è emersa al fianco di Bezos come nuova compagna la presentatrice televisiva Lauren Sanchez e la coppia si è lanciata in una vita agli antipodi di quella modesta e riservata degli anni di Seattle. Jeff e Lauren sono da alcuni anni protagonisti del jet set internazionale, girano il Mediterraneo sul loro super yacht, frequentano le star di Hollywood e vivono in una gigantesca villa a Beverly Hills. 

 
Nel 2021 Bezos ha lasciato l’incarico di amministratore delegato di Amazon, mantenendo la carica di executive chairman e ormai non segue l’attività ordinaria del colosso che ha fondato, occupandosi soltanto dei programmi di intelligenza artificiale che sta sviluppando Amazon. Anche il Washington Post assorbe solo una frazione del tempo di Bezos, quasi sempre ultimamente per provare a frenare le polemiche legate al suo ruolo di proprietario. Dopo le rivolte da parte della redazione per aver cercato di imporre un direttore inglese con simpatie di destra e vicino al mondo di Rupert Murdoch, una nuova crepa si è aperta durante le ultime settimane della corsa alla Casa Bianca. Bezos ha chiesto e ottenuto che il giornale non facesse un endorsement per un candidato, evitando così che il Post – come era previsto – si schierasse per Kamala Harris e contro Trump. Un gesto che è stato una scelta di campo, molto apprezzata a Mar-a-Lago e ora premiata con il posto a sedere accanto a Musk e Zuckerberg alla cerimonia dell’inaugurazione della nuova presidenza. 
Amazon e il Post per Bezos adesso sono impegni secondari. Tutta l’attenzione è per lo spazio e per Blue Origin. Dopo un viaggio lungo e controverso, Jeff è arrivato a fare quello che sognava da ragazzo: lanciare razzi fuori dall’orbita terrestre.

 

La stazione spaziale privata Orbital Reef, il lander Blue Moon per tornare sulla Luna e l’innovativo rimorchiatore spaziale Blue Ring

    
Il New Glenn, dedicato all’astronauta John Glenn, il primo americano ad andare in orbita, è il cuore della strategia spaziale di Bezos, che è composta da altri tasselli importanti: la stazione spaziale privata Orbital Reef, il lander Blue Moon che la Nasa utilizzerà per tornare sulla Luna e un innovativo rimorchiatore spaziale chiamato Blue Ring, che si muoverà tra i satelliti come se fosse in un porto marino, spostandoli di posto, riparandoli o spingendoli verso l’atmosfera per disintegrarli quando non serviranno più. 

 
Nel frattempo Amazon ha già cominciato a mettere in orbita i propri satelliti del progetto Kuiper, una costellazione che sarà composta da 3.200 strumenti di comunicazione orbitanti ed entrerà in competizione con la rete Starlink già creata da SpaceX. Amazon e Blue Origin con ogni probabilità si muoveranno in simbiosi, sotto la guida di Bezos, e promettono di replicare nello spazio il capolavoro della logistica che il super negozio globale ha costruito sulla Terra. 

 
Per Elon Musk significa l’arrivo di un rivale temibile, che gli toglierà il vantaggio che ha avuto in questi anni come unico oligarca privato dello spazio. Ma Musk resta un passo più avanti. Non solo perché ha già lanciato tanti razzi, mentre Blue Origin è agli inizi, ma anche perché Bezos avrà bisogno di grandi contratti pubblici e lui, Elon, in questo momento è nella stanza dei bottoni di Donald Trump e addirittura ha l’incarico di rivedere tutti gli investimenti del governo federale. Inclusi magari i soldi da destinare ai progetti di Bezos.