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Cripto Washington

Le “memecoin” di Donald e Melania valgono 17 miliardi di dollari. Bolla identitaria   

Mariarosaria Marchesano

Le monete digitali del nuovo presidente statunitense e della first lady non sono un'opportunità di investimento, ma una mossa che apre un tema di conflitto di interessi tra ruoli ufficiali e profitti personali. A metà fra un barometro politico del consenso e la concretizzazione della promessa di rendere gli Usa capitale mondiale delle criptovalute

Alla vigilia del suo secondo mandato alla Casa Bianca, Donald Trump ha lanciato una criptovaluta “presidenziale”. Si chiama $Trump ed è il suo “memecoin”, la nuova moda di monete digitali legate a eventi straordinari o personalità  popolari e influenti, generalmente con una vocazione comica. Ma c’è poco da ridere in questo caso perché il valore di $Trump è balzato da 18 centesimi a 75 dollari in sole ventiquattr’ore, facendo di Trump un potenziale criptomiliardario. Come se non bastasse anche Melania, sua moglie, ha lanciato la sua “meme” che lunedì mattina già valeva oltre due miliardi di dollari in termini di patrimonio (contro i 15 miliardi di quella del marito)

 

                       

Per quanto sia stato precisato che le nuove valute digitali “sono espressione di supporto e coinvolgimento con gli ideali incarnati da Trump e non un’opportunità di investimento, un contratto d’investimento o un titolo di alcun tipo”, è una mossa che apre un tema di conflitto di interessi tra ruoli ufficiali e profitti personali. “E’ la prova che nell’era digitale si possono emettere strumenti finanziari legati a qualsiasi entità o fenomeno che può contare su un’ampia diffusione – dice al Foglio Marco Giorgino, professore di finanza del Politecnico di Milano e responsabile scientifico dell’osservatorio fintech e insurtech –. In questo caso, una memecoin può diventare un barometro politico legato al consenso di cui gode una certa personalità e come tale il suo valore può essere anche molto volatile”. Semplificando, si potrebbe dire che un leader politico, invece di farsi fare i sondaggi, può lanciare una moneta digitale e che le sue quotazioni rivelano il livello di consenso nella comunità di riferimento? “In un certo senso sì, ma direi che è un fenomeno assolutamente nuovo e circoscritto al mondo americano. L’Europa è molto più prudente da questo punto di vista, anche se con l’entrata in vigore della nuova direttiva Mica anche qui da noi assisteremo a una diffusione delle criptovalute come asset di investimento tra i piccoli risparmiatori”. 

Quello delle criptovalute è stato considerato fino a oggi un mondo grigio sia perché privo di regolamentazione sia perché il suo valore di mercato è slegato da qualsiasi asset reale, come spesso hanno sottolineato Banca d’Italia e Consob. Ma le cose cambiano in fretta. Al vertice della Sec americana sta per arrivare un convinto sostenitore delle criptovalute come Paul Atkins per sostituire il dimissionario Gary Gensler, molto più prudente. Un cambio della guardia voluto proprio da Trump e che in America chiuderà la dicotomia tra l’ottimismo del mercato, da un lato, e lo scetticismo del mondo istituzionale e dei regolatori, dall’altro. Anche Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha sostanzialmente legittimato i criptoasset definendoli “concorrenti dell’oro e non del dollaro”. Cosa succederà in Europa? “Quest’anno entrano in vigore le nuove regole dell’Esma che disciplineranno il mercato europeo delle criptovalute a cui piano piano si stanno avvicinando anche tanti investitori istituzionali”, osserva Gianluca Sommariva, fondatore e ceo di Hodlie, una start up che gestisce patrimoni privati in criptovalute. Ma le monete di Donald e Melania potranno fare concorrenza ai Bitcoin, che proprio nel giorno dell’insediamento ha sfiorato la soglia record 110 mila dollari? “Non direi, si sta parlando di due grandezze diverse. Le meme coin sono sempre monete digitali generate dalla tecnologia blockchain, ma sono destinate a restare all’interno di una determinata comunità che si identifica con certe idee e certi valori. Non escludo, infatti, che l’iniziativa della famiglia Trump possa trovare dei seguaci pronti a seguirne l’esempio, vedremo con quali effetti e anche con quali rischi”. 

Negli Stati Uniti le criptovalute sono state ammesse a Wall Street giusto un anno fa e il colosso delle gestioni patrimoniali Blackrock è stato il primo a proporre questi asset ai suoi investitori. E la decisione del gruppo Intesa Sanpaolo di investire 1 milione di euro in Bitcoin rappresenta per Giorgino la prova che anche nel Vecchio Continente stanno cadendo certe barriere culturali. Si potranno presto vedere le crypto scambiate sulle borse europee? “L’Europa arriverà più tardi ma con più tutela, più stabilità e più protezione dei risparmiatori”, ribatte Giorgino. Le monete della Trump family sono, insomma, la conferma che il nuovo presidente non scherzava quando diceva che vuol fare degli Usa la capitale mondiale delle criptovalute, al punto che ne ha lanciata una personalizzata a prova di reputazione e capacità. Sarà interessante vedere tra un anno quale sarà il suo prezzo.