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Ora sono dazi nostri

Carraro, Confindustria: “Le nostre esportazioni sono già in crisi. Spero Trump bluffi”

Francesco Gottardi

“Se reagire significa fare la guerra dei dazi, a perderci saranno i consumatori finali” e questo non è mai un bene. Bruxelles deve adottare una strategia concertata e unanime, “ma dobbiamo dimostrarci più uniti all'Europa di quanto siamo ora”. Intervista al numero uno dei confindustriali veneti

L’unica speranza è che non faccia sul serio fino in fondo. “Donald Trump presidente è pur sempre diverso dal Donald Trump in campagna elettorale”. Passi allora l’insediamento, zona franca con incendiari discorsi annessi. “Il personaggio però resta difficile da interpretare”, dice al Foglio Enrico Carraro, numero uno dei confindustriali veneti. “Sicuramente metterà dei dazi, ma non può ignorare che una manovra abnorme in questa direzione avrebbe un impatto pesante anche sui consumatori americani. Trump vuole davvero inaugurare il suo secondo mandato facendo riesplodere l’inflazione?” Andrebbe chiesto a lui. “C’è in ballo tanto. Per il Veneto, per l’Italia, per l’Europa. E non abbiamo molte armi a disposizione con cui rispondere”. 

Il paradosso, per tutti i sovranisti nostrani che s’ubriacano di trumpismo, è che saremmo noi a farne le spese per primi. “Andare incontro a una nuova politica dei dazi sarebbe molto grave”, spiega il dirigente, che non più tardi di un mese fa suonava l’allarme per il nordest in sofferenza. Senza nemmeno scomodare The Donald. “Il momento per la nostra economia è difficile. Già nel primo semestre del 2024 avevamo registrato un calo del 18 per cento delle nostre esportazioni verso la Germania”, il principale partner commerciale. “Insieme alla Francia, gli Stati Uniti vengono subito dopo. E se alle parole di Trump seguiranno i fatti, l’intero settore accuserà il colpo”. Il valore dell’export dall’Italia agli Usa nel 2023 – dati Confindustria per l’ultimo anno disponibile  corrispondeva a 67 miliardi di euro, circa il 10 per cento del totale nazionale. E di questi, 7,5 miliardi provenivano dal Veneto. Numeri da matita rossa. “Saremo anche la regione-locomotiva. Ma il nostro tessuto imprenditoriale, per quanto solido, dovrà fare molta attenzione. E’ in corso un forte aumento della cassa integrazione, diminuiscono le assunzioni. I dazi americani intensificherebbero questa situazione di sofferenza”.

In queste ore una prima risposta è arrivata dalla Bce, dove Christine Lagarde ha invitato l’Unione europea a reagire con fermezza. “Se però reagire significa fare la guerra dei dazi”, avverte Carraro, “a perderci saranno i consumatori finali. E questo non è mai un bene. Certo è che Bruxelles deve adottare una strategia concertata e unanime: più che ricorrere a contromisure doganali, bisogna saper giocare d’astuzia con la politica estera”. Con la diplomazia. “In questo senso faccio notare la felice liaison tra Meloni e Trump, un’occasione inusuale per l’Italia. Ma più che avvicinarci a Washington, il nostro problema è che dobbiamo dimostrarci più uniti all’Europa di quanto siamo ora. E batterci per evitare lo scontro interno fra gli stati comunitari. Quello che forse spera di innescare Trump”.

Per Carraro, The Donald resta innanzitutto “un businessman: mi auguro dunque che prevalga il suo pragmatismo. Capisco la spinta interna per far tornare a crescere l’industria manifatturiera americana, per troppi anni dimenticata e dirottata in Ue o in Asia”. È su questo che la retorica Maga ha fatto breccia, fino a conquistare i voti della Rust Belt. “Una necessità reale. Ma ho i miei dubbi che i dazi rappresentino la soluzione”. Alla fine, il presidente uscente di Confindustria Veneto – il suo successore sarà scelto dagli enti territoriali al termine di gennaio – cerca di individuare una vena di ottimismo. “Un po’ per dimensioni e un po’ per vocazione, gli imprenditori della nostra regione sono sempre pronti a fiondarsi sulle nuove opportunità di prodotto e di mercato. Le Pmi sono per natura molto flessibili: mi aspetto che nonostante la politica di Trump sappiano reagire, senza tirarsi indietro o vivere questa transizione con spavento”. E però, da qui a farne una buona notizia… “Non c’è dubbio. Abbiamo vissuto tempi migliori”.