(Ansa)

Nella definizione delle regole va preservata l'autonomia negoziale delle parti

La questione della determinazione dei criteri di misurazione della rappresentatività sociale e datoriale. La posizione di Confartigianato che sostiene l'autonomia collettiva e si oppone a una reglamentazione legislativa imposta, preferendo un approccio responsabile

Negli ultimi mesi si è riacceso il dibattito su una delle materie più delicate delle relazioni industriali, la determinazione dei criteri di misurazione della rappresentatività, tanto dei sindacati dei lavoratori quanto delle organizzazioni di impresa. Questione che, naturalmente, sta alla base anche dell’individuazione dei contratti collettivi di lavoro realmente rappresentativi e, quindi, meritevoli di essere applicati ad aziende e lavoratori di quel comparto.


Non è la prima volta che si propone o si tenta di definire per legge i criteri di misurazione delle parti sociali per provare ad arginare anche il dumping contrattuale e la contrattazione pirata. Fenomeni sempre più diffusi nel nostro paese, per i quali la regolazione dei rapporti di lavoro avviene mediante accordi sottoscritti da soggetti sindacali e datoriali scarsamente o per nulla rappresentativi, con la finalità di costituire un’alternativa agli assetti e agli equilibri previsti dai contratti collettivi “tradizionali”, cioè a quei contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali che possono vantare una solida storia nel panorama economico e sindacale italiano, una struttura organizzativa capillarmente presente sull’intero territorio e un numero consistente e certificabile di iscritti o associati. Con riferimento ai contratti pirata c’è chi ha parlato di vera e propria “piaga sociale” o di “minaccia” ai sistemi di relazioni industriali genuini anche per giustificare, appunto, un’eventuale legge in materia. 


Tuttavia, la lunga marcia verso le regole (ex lege) sulla rappresentanza è stata, almeno sino a oggi, scongiurata dal protagonismo delle organizzazioni datoriali e sindacali realmente rappresentative ancora in grado di garantire, nella loro piena autonomia, un’efficace composizione degli interessi in gioco: dalla leale concorrenza tra imprese fino alla costruzione delle tutele dei lavoratori e di sistemi di welfare integrativo di matrice contrattuale sempre più significativi. In questi termini, il settore dell’artigianato e delle pmi è un esempio virtuoso. Solo per citare i tempi più recenti, il modello contrattuale e di rappresentanza definito dalle parti sociali ha consentito il rinnovo dei contratti nazionali in scadenza, garantendo, tra l’altro, importi economici anche superiori all’inflazione, oltre al rafforzamento delle tutele della bilateralità, che rappresenta la più significativa forma di partecipazione dei lavoratori nelle piccole imprese attraverso il principio della rappresentanza sindacale.


Confartigianato fa rilevare che l’esperienza maturata nell’artigianato offre, accanto alle tutele contrattuali, anche quelle rafforzate della bilateralità che, con i suoi strumenti nazionali e territoriali assicurano a imprese e lavoratori prestazioni a sostegno dell’innovazione, del reddito, gli ammortizzatori sociali, la santità integrativa, la formazione continua, la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche i più piccoli. Un sistema bilaterale, quello dell’artigianato, che trae la propria legittimazione all’interno e come completamento di un modello di relazioni sindacali collaborativo che ha consentito di fornire risposte concrete a necessità reali, poiché fondato su principi precisi: partecipazione, sussidiarietà, autonomia, qualità del lavoro, promozione dei lavoratori e delle imprese, valorizzazione dei territori. Si tratta di un dinamismo contrattuale consolidato, articolato e al passo coi tempi anche grazie alla lungimiranza ed alla costante capacità di innovazione delle forze sociali interessate. Peculiarità e caratteristiche proprie di un settore economico fondamentale per l’economia del paese che occorre ancor più promuovere e sviluppare da un lato, ma anche preservare dall’altro, innanzi a quei fenomeni che, come descritto, alterano la corretta concorrenza tra imprese. 


Confartigianato, proprio perché crede nell’impulso dell’autonomia collettiva, non è favorevole a delegare a una legge la regolamentazione di una materia così delicata e importante. La legge, semmai, come è sempre avvenuto in passato in occasione di alcune fra le più importanti riforme e regole del lavoro, potrà intervenire in un secondo momento per suggellare gli accordi fra le parti.  Il nostro ordinamento già dispone di norme, orientamenti e apparati sanzionatori da applicare rigorosamente, per correggere ed eliminare le storture e le disfunzioni derivanti dalla contrattazione pirata in favore di quella dei cosiddetti contratti leader. Secondo Confartigianato, sul tema della misurazione della rappresentanza delle imprese, è quindi necessario un approccio responsabile e prudente che riconosca l’autonomia negoziale delle parti nella definizione delle regole, evitando indebite ingerenze dall’alto. L’impostazione responsabile e prudente dovrebbe interessare le associazioni dei datori di lavoro, nel tentativo di definire criteri di misurazione pienamente condivisibili da tutti i soggetti “storicamente” rappresentativi. 

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