L'editoriale del direttore
Perché l'operazione di Mps è una buona notizia per chi sogna una finanza in cui il capitale conta di più
L’offerta pubblica di scambio su Mediobanca segna una svolta nel panorama bancario italiano. In gioco non solo il destino delle due banche, ma anche la ripresa di un mercato dove la politica conta meno dei quattrini
Abbiamo una Mediobanca? Non esattamente. L’operazione clamorosa con cui ieri mattina una delle banche più travagliate d’Italia (ovvero Monte dei Paschi) ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) sulla banca d’affari più famosa del paese (ovvero Mediobanca) nasce con il timbrone della politica (ovvero del governo) ma dovrebbe mettere di buon umore chiunque sogni di avere un sistema bancario in cui il capitalismo (ovvero il quattrino) conta sempre di più e in cui le azioni degli investitori non vengono più semplicemente pesate (come sognava Enrico Cuccia) ma vengono infine semplicemente contate.
L’operazione di Mps è ambiziosa. Mps (partecipata all’11 per cento dal Mef, al 9 per cento dalla Delfin di Milleri, ovvero gli eredi Luxottica, e al 5 per cento da Caltagirone) punta a unirsi a Mediobanca con un’operazione (considerata ostile dalla stessa Mediobanca) da 13,3 miliardi che in caso di successo creerebbe un equilibrio nuovo all’interno del quale i primi tre azionisti di Mediobanca sarebbero la Delfin con il 15,7 per cento (Delfin che attualmente ha già il 19,8 per cento di Mediobanca), il gruppo Caltagirone con il 6,6 (che attualmente ha già il 7,7 di Mediobanca) e il Mef con il 4,8 (Mef a cui l’attuale ad di Mps, Luigi Lovaglio, a quanto risulta al Foglio aveva già ipotizzato, per il futuro, questa opzione alla fine del 2022). I dettagli dell’operazione sono importanti e naturalmente non sfugge il fatto che al centro della partita, neanche a dirlo, ci sia il dominio di Generali, che Mediobanca controlla con il 13 per cento e che Caltagirone e Milleri hanno provato già a conquistare senza successo tre anni fa. Quello che però colpisce di più, e in positivo, della mossa di Mps su Mediobanca è la presenza di un’operazione che potrebbe contribuire a sanare un’anomalia del mercato che riguarda proprio Mediobanca.
Da tempo immemore, Mediobanca è gestita da un management (Alberto Nagel in primis) che facendo leva su un patto di consultazione pari all’11,4 per cento del capitale ha difeso a lungo un equilibrio, in base al quale si è via via affermata una forma di finanza creativa: quella all’interno della quale il capitalista senza capitale è arrivato a contare più del capitalista che il capitale lo ha investito. Nel caso in cui l’Ops di Monte dei Paschi dovesse avere successo, cosa non scontata perché alla fine sarà il mercato a decidere (ci sarà una qualche grande banca che proverà a fare su Mediobanca un’offerta migliore di Mps?) e non la politica, si creerebbe un’alternativa alla Mediobanca che si pesa e non si conta e verrebbe restituito più peso agli azionisti rispetto al management (con esiti però tutti da verificare).
All’interno dell’operazione, poi, vi sono altri aspetti rilevanti, che dovrebbero interessare chi ama un mercato dove i quattrini contano più delle relazioni o della politica. Il primo riguarda Mps. Una banca che lo stato ha risanato rimettendola a poco a poco sul mercato, che oggi può permettersi di pensare più in grande e che attraverso l’operazione su Mediobanca farebbe anche guadagnare qualcosa al suo azionista statale (l’aumento di capitale dell’ottobre del 2022 fu fatto a due euro, nonostante il calo di ieri il titolo è a 6,5 euro). Il secondo elemento riguarda un’altra possibile vittoria del mercato che potrebbe prodursi a seguito dell’operazione Mps. A novembre, Mps aveva lanciato una campagna di conquista su Banco Bpm insieme a Caltagirone e Delfin. L’operazione si è affumata a causa dell’Ops lanciata da Unicredit. E se la mossa di Mps su Mediobanca dovesse avere successo il governo difficilmente metterà ancora i bastoni in mezzo alle ruote a Unicredit.
C’è stato un tempo in cui la politica – ai tempi del famoso “abbiamo una banca”, ai tempi della tentata Opa di Unipol su Bnl, anno 2010 – usava le banche per far contare meno il mercato. Oggi la politica non si può dire che non sia attiva sulle banche ma la sua azione ha una direzione diversa: aiutare il mercato a contare un po’ di più facendo contare un po’ di meno chi il mercato lo usa per costruire giochi di prestigio con le scatole cinesi.